Due Decreti interministeriali, nelle more della piena attuazione del Regolamento UE relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, prevedono che debbano essere indicati sulle etichette delle confezioni di riso e pasta il Paese di coltivazione e la lavorazione dei prodotti, al fine di fornire al consumatore informazioni sugli alimenti ai consumatori.
Come già avvenuto per latte e prodotti lattieri caseari, anche riso e pasta dovranno sottostare all’obbligo di indicare in etichetta l’origine del prodotto. Sono stati firmati, infatti, i 2 Decreti interministeriali (MiPAAF e MiSE) per introdurre in via sperimentale, per due anni, l’indicazione della provenienza del prodotto o materia prima, salvo completa attuazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del Regolamento (UE) n. 1169/2011 che prevede i casi in cui debba essere indicato il Paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario utilizzato nella preparazione degli alimenti, subordinandone l’applicazione all’adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione, che ad oggi non sono stati ancora emanati.
“È un passo storico che abbiamo deciso di compiere in attesa della piena attuazione del Regolamento europeo – ha dichiarato il Ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Maurizio Martina – Puntiamo così a dare massima trasparenza delle informazioni al consumatore, tutelare i produttori e rafforzare i rapporti di due filiere fondamentali per l’agroalimentare Made in Italy. Con questa decisione l’Italia si pone all’avanguardia in Europa sul fronte dell’etichettatura, come chiave di competitività per tutto il sistema italiano. Chiediamo con ancora più forza oggi all’Unione europea di fare scelte coraggiose, di dare ai cittadini e alle aziende risposte concrete. Tanto più davanti alla conclusione di accordi commerciali internazionali che rappresentano un’opportunità da cogliere e che dovranno essere accompagnati da scelte sempre più forti per la trasparenza e la massima informazione in grado di unire al meglio protezione e promozione delle nostre esperienze agroalimentari“.
Nel 2015 il MiPAAF aveva avviato una pubblica Consultazione per valutare la percezione da parte degli italiani dell’indicazione relativa al luogo d’origine o di provenienza dei prodotti alimentari, da cui è emerso che oltre l’80% degli oltre 26.000 partecipanti alla consultazione considera importante conoscere l’origine delle materie prime per questioni legate al rispetto degli standard di sicurezza alimentare, in particolare per la pasta e il riso.
Il provvedimento sul riso prevede che sull’etichetta devono essere indicati:
a) “Paese di coltivazione del riso“;
b) “Paese di lavorazione“;
c) “Paese di confezionamento“.
Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi non UE, Paesi UE e NON UE.
Il decreto grano/pasta in particolare prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture:
a) Paese di coltivazione del grano: nome del Paese nel quale il grano viene coltivato;
b) Paese di molitura: nome del Paese in cui il grano è stato macinato.
Anche in questo caso, se tali fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi non, Paesi UE e non UE.
Se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE“.
Le indicazioni dovranno essere apposte in etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili.
I provvedimenti prevedono una fase di 180 giorni per l’adeguamento delle aziende a nuovo sistema e lo smaltimento delle etichette e confezioni già prodotte.
“L’aumento dell’8% delle esportazioni nei primi di cinque mesi del 2017 dimostra quanto l’Italia guadagni dall’internazionalizzazione – ha commentato a sua volta il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda – Per portare più PMI a internazionalizzarsi dobbiamo concludere accordi commerciali come quello con il Canada che rimuovono gli ostacoli e le barriere tariffarie. Ma allo stesso tempo dobbiamo tutelare i consumatori e i lavoratori con regole chiare e trasparenza sui prodotti commercializzati. I decreti che abbiamo firmato oggi rispondono proprio a quest’ultima esigenza: garantiscono una scelta consapevole ai consumatori tramite l’obbligo di trasparenza nelle etichette. Puntiamo sulla forza del Made in Italy e sulla qualità delle filiere per poter competere con ancora maggior forza sui mercati globali. Quello di oggi è un grande passo che pone l’Italia all’avanguardia in Europa e rafforza la fiducia nei confronti del sistema produttivo“.
Ma sul Trattato CETA non c’è condivisione politica, tant’è che la sua ratifica prevista al Senato il 25 luglio 2017, è saltata ed è stata rinviata a settembre, per non acuire le differenti posizioni, anche all’interno della maggioranza di Governo.
Nel frattempo il Governo, per evitare il deferimento del nostro Paese alla Corte di Giustizia europea, potrebbe concentrarsi sulle risposte da dare alla Commissione UE per la procedura di infrazione avviata nei confronti dell’Italia (parere motivato) per il mancato recepimento delle norme di etichettatura per la commercializzazione di alcuni prodotti lattiero-caseari, segnatamente le caseine e i caseinati destinati all’alimentazione umana e alle loro miscele, di cui alla Direttiva 2015/2203/UE, che dovevano essere recepite entro il 22 dicembre 2016 e che sono volte anch’esse a garantire un livello elevato di tutela della salute e agevolare la libera circolazione di tali prodotti.