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La diversità genetica per affrontare i cambiamenti climatici

La diversità genetica per affrontare i cambiamenti climatici

Uno Studio rilasciato dalla FAO nel corso della V Sessione della Commissione sulle Risorse Genetiche per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Roma, 19-23 gennaio 2015), sottolinea il ruolo fondamentale delle risorse genetiche per nutrire il mondo dove i cambiamenti climatici avanzano più velocemente di quanto previsto.

Nei prossimi decenni, milioni di persone la cui sussistenza e sicurezza alimentare dipende da agricoltura, acquacoltura, pesca, silvicoltura e allevamento probabilmente affronteranno condizioni climatiche senza precedenti”.
Di fronte a questo scenario, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) sottolinea che “Saranno quindi necessari colture, bestiame, alberi e organismi acquatici in grado di sopravvivere e di riprodursi in un clima che cambia” e che tale possibilità viene dalla “diversità genetica”.
È questo il ruolo fondamentale che le risorse genetiche possono svolgere per nutrire il mondo, specialmente in considerazione del fatto che i cambiamenti climatici avanzano più velocemente di quanto previsto, secondo lo Studio “Coping with Climate Change: The Role of Genetic Resources for Food and Agriculture” (Affrontare i cambiamenti climatici: il ruolo delle risorse genetiche per l’alimentazione e l’agricoltura) che la FAO ha diffuso in occasione della V Sessione della Commissione sulle Risorse Genetiche per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Roma, 19-23 gennaio 2015).

Ma “Il tempo non è dalla nostra parte“, si legge, per cui bisogna impegnarsi maggiormente a studiare, preservare e utilizzare la diversità biologica che sta alla base della produzione alimentare mondiale, raccomanda la FAO.

La capacità di piante e animali allevati dagli agricoltori di resistere in condizioni volatili e adattarsi quando l’ambiente cambia è il risultato diretto della loro diversità genetica, ma secondo lo studio sono necessarie politiche di sostegno e un maggiore impegno per studiare e utilizzare la diversità come meccanismo di sopravvivenza.
In un mondo più caldo e con condizioni climatiche più estreme e variabili, le piante e gli animali allevati per fornire cibo dovranno avere la capacità biologica di adattarsi più rapidamente di quanto non sia successo sinora – ha affermato la Vice Direttrice Generale della FAO, Maria Helena Semedo – Evitando ulteriori perdite di risorse genetiche agricole e dando maggiore attenzione allo studio del loro potenziale, si riuscirà ad aumentare la capacità del genere umano di adattarsi al cambiamento climatico“.

Un approccio che favorisca l’adattamento all’ambiente, dunque, richiederà l’aggiornamento degli obiettivi dei programmi di produzione agricola e, in alcuni casi, l’introduzione di varietà, razze, specie, mai allevate in precedenza.
Ci sarà la necessità di migliorare i programmi di conservazione sia in-situ che ex-situ per le specie domestiche, per le specie selvatiche ad esse imparentate e per altre risorse genetiche selvatiche importanti per l’alimentazione e l’agricoltura, insieme a politiche che ne promuovano l’impiego.

Lo studio sottolinea anche l’importanza di ampliare la nostra conoscenza sulle risorse genetiche per l’alimentazione e l’agricoltura, capire dove si trovano, che caratteristiche hanno (ad esempio la resistenza alla siccità e alle malattie) e come possono essere gestite al meglio.

In particolare, lo Studio raccomanda di migliorare la conoscenza, la conservazione e l’uso di colture selvatiche vicine a quelle che impieghiamo, dal momento che è assai probabile che esse abbiano tratti genetici che possono essere utilizzati per sviluppare colture ben adattate per l’utilizzo in sistemi alimentari colpiti dai cambiamenti climatici.
Dobbiamo rinforzare il ruolo delle risorse genetiche e aiutare agricoltori, pescatori e forestali a fare fronte ai cambiamenti climatici”, ha sottolineato Linda Collette, principale autrice dello studio e Segretaria della Commissione FAO sulle Risorse Genetiche per l’Alimentazione e l’Agricoltura.

Molte varietà di coltivazioni e razze di bestiame che si sono adattate alle condizioni locali sono scarsamente documentate e potrebbero andare perdute prima che ne venga studiato e riconosciuto il loro ruolo potenziale nel far fronte ai cambiamenti climatici.
Occorre impegnarsi, suggerisce lo Studio, affinché si evitino pratiche che distruggono la biodiversità o minano la salute degli ecosistemi agricoli, per esempio l’uso di insetticidi ad ampio spettro che hanno effetti negativi sugli insetti impollinatori.

La FAO ritiene che rafforzare la conservazione della diversità genetica nelle aziende agricole e nei campi sia importante quanto il mantenimento di banche genetiche.
Molte forme di vita utilizzate in agricoltura non hanno un equivalente di sementi e possono essere mantenute solo attraverso l’intervento umano, un esempio è costituito dalla banana, una coltura di base di vitale importanza per milioni di persone.

Inoltre, la conservazione in situ, comprese varietà selvatiche di colture alimentari (specie selvatiche imparentate), è un modo di “permettere all’evoluzione di andare avanti” consentendo così la continua generazione di caratteri adattativi.
La conservazione in situ può assumere molte forme, ma è particolarmente efficace se coinvolge da vicino gli agricoltori, soprattutto perché è sempre più chiaro che le conseguenze dei cambiamenti climatici devono essere considerate a livello locale, oltre che a livello globale o regionale.

In Etiopia, patria di molti microclimi, esiste un sistema avanzato e decentrato che si basa sui semi della comunità e su banche genetiche attraverso le quali agricoltori e ricercatori collaborano per testare, adottare e conservare le varietà locali delle colture più importanti (teff, orzo, ceci, sorgo e fagioli faba), che erano andate quasi perdute durante la siccità degli anni ’80.

Secondo la FAO è necessario incrementare lo studio e le conoscenze delle risorse genetiche agricole, in particolare nei settori meno studiati come le foreste, dove meno di 500 specie di alberi, su un totale di oltre 80.000, sono state studiate in modo approfondito. La scarsità di conoscenze degli invertebrati e dei microrganismi è ancora più grande. Anche se spesso denigrati come agenti di malattie nelle colture e nel bestiame, i microrganismi forniscono una miriade di funzioni , come la protezione delle piante dai parassiti, dalla siccità, dal freddo e dalla salinità.

Allo stesso tempo sono necessarie scorte genetiche appropriate volte a fornire “una carta d’identità” del patrimonio genetico conservato nelle banche di sementi e in altri centri di conservazione ex situ, per avere accesso a positivi caratteri adattativi che potrebbero servire.

Per riuscire a contrastare gli effetti del cambiamento climatico è oggi più importante che mai intensificare lo scambio e la condivisione delle risorse genetiche agricole. Fiere di sementi locali e nazionali esistono, ma avranno bisogno di espandersi e diventare internazionali via via che il cambiamento climatico avanza.

Un focus dello Studio è dedicato a “Le risorse genetiche e il fattore tempo”.
Un aspetto dei cambiamenti climatici con un impatto diretto sulla diversità genetica riguarda il cambiamento della pressione sul tempo biologico. I modelli d’impollinazione sono ad esempio motivo di preoccupazione, gli insetti sono molto sensibili alla temperatura e non sempre potrebbero essere in grado di eseguire la sincronizzazione con tempi di fioritura di più recente adozione.
È anche probabile che l’aumento delle temperature favorisca le specie che possono gestire cicli generazionali più brevi.
Nel campo della pesca, per esempio, questo significa che i pesci che si nutrono a livelli trofici inferiori e hanno cicli di produzione relativamente brevi dovranno probabilmente preferirsi nei progetti di acquacoltura.
Allo stesso tempo, si stima che un aumento di 2 °C della temperatura consenta agli insetti di completare fino a cinque cicli di vita in più a stagione, rilevando,inoltre, che gli agenti patogeni in grado di abbreviare i loro cicli di riproduzione, saranno probabilmente in grado di evolversi più rapidamente ponendo sfide potenziali a vari organismi ed ecosistemi.

Nelle aree boschive, le specie invasive potrebbero anche reagire più rapidamente ai cambiamenti, invadendo i tipi di alberi esistenti. In base alle attuali proiezioni climatiche, sembra che le foreste naturali dovranno migrare 10 volte più velocemente di quanto non sia avvenuto alla fine dell’Era glaciale per tenere il passo con il cambiamento climatico.

Un recente studio che ha utilizzato la Arabidopsis thaliana (Arabetta), erba infestante apparentata alla senape e prima pianta ad avere il genoma sequenziato, ha mostrato come le sementi conservate nelle banche possono anche aiutare a capire che i cambiamenti climatici si muovono più velocemente del previsto: varianti della pianta presa dalla Spagna hanno fatto meglio in Finlandia che nel luogo d’origine.

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