Circular economy

Circular Economy 2022: crescono in Italia le imprese che l’adottano

La III edizione del Circular Economy Report realizzato dall’E&S Group del Politecnico di Milano con l’obiettivo di comprendere lo stato dell’arte le possibilità di sviluppo e la crescita dell’economia circolare in Italia, evidenzia che le imprese che ne hanno adottato le pratiche hanno già risparmiato 14,4 miliardi di euro che sono tuttavia solo il 14% di quanto si potrebbe risparmiare entro il 2030.

Grazie all’adozione efficace di pratiche manageriali di economia circolare. Siano stati ottenuti in Italia nel 2021 oltre 14,4 miliardi di euro, cifra che rappresenta tuttavia solo il 14% circa di quanto si potrebbe risparmiare entro il 2030 se la circular economy venisse applicata nella sua totalità: oltre 103 miliardi di euro all’anno, cui vanno aggiunte, in ottica di impatto ambientale, quasi 1,9 MtCO2  di emissioni in meno (il 45% dalle costruzioni, il 21% dal food&beverage, il 20% dall’automotive).

È quanto emerge dal “Circular Economy Report 2022” dell’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, giunto alla sua III edizione e presentato il 13 dicembre 2022 nel corso del Convegno “Gli investimenti e i risultati concreti della transizione energetica in Italia”, che analizza alcuni dei principali trend che stanno caratterizzando il passaggio dal paradigma lineare ad uno circolare come nuovo modello di crescita rigenerativa per il mondo delle imprese.

Per realizzare il Rapporto sono state coinvolte oltre 200 imprese appartenenti a 7 settori diversi della nostra economia (automotive, costruzioni, elettronica di consumo, food&beverage, impiantistica industriale, mobili e arredamenti, tessile).

I macro-settori food & beverage ed impiantistica industriale risultano quelli più avanti nella transizione verso il paradigma circolare e rispetto agli altri, beneficiano anche di maggiori risparmi economici già conseguiti, rispettivamente con 5,4 e 1,2 miliardi di euro. All’estremo opposto si collocano invece i macro-settori elettronica di consumo, tessile ed automotive, caratterizzati da un basso grado di adozione e da risparmi economici ancora contenuti, rispetto al potenziale economico raggiungibile al 2030. Tuttavia, anche per i macro-settori definiti “best perfomers” i valori di adozione delle pratiche di Economia Circolare risultino ancora ben lontani da un’adozione “completa”, dimostrando ulteriormente come la transizione sia ancora parziale e necessiti di uno sviluppo comune a tutti i macro-settori.

Il contributo maggiore, a livello complessivo, deriva dalle pratiche di Recycle con circa 3,5 miliardi di euro annui, a cui seguono pratiche di Remanufacturing/Reuse e Take Back Systems.

Non va dimenticato anche il contributo alla sostenibilità di questa transizione verso l’Economia Circolare con un potenziale di riduzione di emissioni annua al 2030 pari a quasi 1,9 MtCO2. Tale riduzione complessiva è stata suddivisa tra i settori d’analisi, identificando le emissioni storiche derivanti dai diversi settori ed i benefici ambientali derivanti dall’estensione del ciclo di vita utile dei prodotti ed il risparmio di risorse. Il maggior contributo a tale riduzione è dovuto al settore delle Costruzioni che potrebbe contribuire per oltre il 45% della riduzione complessiva, seguito dai settori Food & Beverage ed Automotive, rispettivamente per oltre il 21% ed il 20% del totale.

Le aziende che hanno adottato almeno una pratica per l’Economia Circolare hanno dichiarato nel 50% investimenti per un valore fino a 50 mila euro, mentre solo nel 4% dei casi si è investito nell’anno 2021 più di 500.000 euro. Questo anche in conseguenza però del fatto che solamente il 10% delle imprese ha beneficiato di incentivi o di agevolazioni fiscali per l’implementazione delle pratiche manageriali per l’Economia Circolare, a testimonianza di una attenzione ancora scarsa sul fronte normativo e fiscale.

Confrontando le stime di rientro degli investimenti realizzati per l’adozione delle singole pratiche si evidenzia mediamente in circa il 30% dei casi un intervallo temporale inferiore ai 12 mesi, a cui si contrappone un 30% dei casi in cui il tempo di rientro risulta essere superiore ai 36 mesi.
L’adozione di pratiche di Design out Waste e Recycle sono quelle per cui si evidenzia un tempo di ritorno dell’investimento mediamente più breve.

Diventare “circolari” crea valore?
Tra i principali benefici di processo ottenuti dall’adozione delle pratiche manageriali per l’Economia Circolare, si evidenziano la riduzione dei rifiuti generati durante il processo produttivo, riduzione dell’impatto ambientale generato, e produzione e approvvigionamento con materiali riutilizzati o riciclati.

Tra i principali benefici a livello aziendale, si evidenziano lo sviluppo del brand aziendale e l’immagine “green”), sviluppo di progetti e prodotti innovativi e creazione di partnership con soggetti terzi per programmi di logistica inversa.

Ed infine, sui benefici economici, il principale risultato è rappresentato dalla valorizzazione economica degli scarti produttivi, crescita economica, sviluppo di progetti e prodotti innovativi e riduzione dei costi di produzione e approvvigionamento dei materiali.

Quanta diffusa l’economia circolare in Italia?
Il 57% del campione di aziende intervistate ha affermato di aver adottato almeno una pratica di Economia Circolare, in crescita rispetto al 44% dello scorso anno. Calano anche gli “scettici”, ossia coloro che non hanno adottato e non hanno nemmeno intenzione di adottare delle pratiche di Economia Circolare: erano il 34% lo scorso anno e sono “solo” il 27%.

Valutando il quadro d’insieme relativo ai 7 macro-settori analizzati emerge che il settore Tessile è quello con la percentuale più alta (82%) di aziende che hanno implementato almeno una pratica manageriale di Economia Circolare. Segue il settore Food & Beverage con l’80%, mentre il settore di Elettronica di consumo registra un tasso di adozione di poco superiore al 15%, attestandosi all’ultimo posto della nostra classifica.

Come per lo scorso anno, la barriera principale all’adozione di pratiche manageriale per l’Economia Circolare è l’incertezza governativa che non agevola le aziende nella valutazione di decisioni strategiche per adottare tali pratiche manageriali. Risultano rilevanti anche i costi d’investimento e delle tempistiche associate alla realizzazione di interventi che le aziende devono sostenere per l’adozione delle pratiche circolari, parallelamente all’avversità al rischio da parte del top management. Meno rilevanti le barriere legate alla bassa qualità dei prodotti che ritornano all’azienda e agli incentivi e bonus per il management sul breve periodo.

Dal punto di vista normativo, il report segnala che la Strategia Nazionale per l’Economia Circolare pubblicata lo scorso giugno, definisce un nuovo ordine di programmi e strumenti: il Programma nazionale di Prevenzione dei rifiuti, il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti e il PNRR che stanzia per l‘Economia Circolare sono stati stanziati 2,1 miliardi di euro.

E la disponibilità di capitali?
Nel supportare la transizione verso l’Economia Circolare un ruolo rilevante è ricoperto dal sistema finanziario, in particolare dalla parte della Finanza sostenibile che si rivolge agli investimenti legati all’Economia Circolare. Tra gli attori finanziari interessati alle tematiche ESG si assiste ad un aumento degli strumenti di debito e di capitale legati all’Economia Circolare, in seguito all’applicazione di strumenti già esistenti o alla creazione di nuovi prodotti dedicati. All’interno del Rapporto sono analizzati, a titolo esemplificativo, i prodotti creati da diverse tipologie di attori finanziari al fine di supportare imprese che applicano i principi dell’Economia Circolare come elemento cardine del loro business. Complessivamente sono oltre 30 miliardi di euro di fondi disponibili,

Sono tante le sfide ancora da affrontare con una più decisa volontà di azione, da quelle normative a quelle industriali, soprattutto legate alla riconversione dei business lineari, eppure pare lecito chiudere questo 2022 con un po’ di ottimismo – ha dichiarato il Vicedirettore di E&S Group e responsabile del report, Davide Chiaroni – Rispetto ai temi energetici, che nell’ultimo anno hanno subìto shock e ribaltamenti quasi quotidiani, questo Osservatorio vuole avere uno sguardo ‘di lungo termine’ e cogliere tutti i segnali della transizione verso un sistema economico più responsabile nella produzione e nel consumo. Non bisogna lasciarsi distrarre dai temi ‘caldi’ né sottovalutare la portata, e il tempo necessario, per questa trasformazione. L’economia circolare infatti è altra cosa rispetto allo sviluppo sostenibile, né si può circoscrivere alle pratiche di riciclo dei materiali e di gestione dei rifiuti (dove peraltro l’Italia spicca a livello europeo), anche se così potrebbe sembrare guardando gli stanziamenti del PNRR: al contrario, è un approccio in cui si minimizzano le risorse usate, ma senza diminuire la crescita economica e sociale, il progresso tecnico e l’innovazione. È una prospettiva complessa che richiede un ripensamento dell’intero ecosistema di filiera”.

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