Uno Studio condotto da un gruppo di ricercatori e una Ong, confrontando le stime di raccolta dei rifiuti di plastica negli oceani, attuali e quelli previsti, con la capacità dei dispositivi di pulizia flottanti di raccoglierli, ha scoperto che il loro impatto è “molto modesto”, tuttavia le barriere fluviali potrebbero essere efficaci a ridurre l’inquinamento in entrata negli oceani.
I dispositivi di pulizia che raccolgono i rifiuti dalla superficie dell’oceano non risolveranno il problema dell’inquinamento da plastica.
di E. B.
È questa in estrema sintesi la conclusione dello Studio “The long-term legacy of plastic mass production”, pubblicato on line il 22 luglio 2020su Science of the Total Environment da un gruppo di ricercatori dell’Università di Exeter (GB), del Leibniz-Zentrum für Marine Tropenforschung (ZMT), Università Jacobs di Brema e Making Oceans Plastic Free (MOPF), una Ong tedesco-indonesiana che ha l’obiettivo di contribuire a rendere gli oceani liberi dalla plastica.
I ricercatori hanno confrontato le stime dei rifiuti di plastica attuali e futuri con la capacità dei dispositivi di pulizia flottanti di raccoglierli e hanno scoperto che l’impatto di tali dispositivi era “molto modesto”. Tuttavia, le barriere fluviali potrebbero essere più efficaci e, sebbene non abbiano alcun impatto sulla plastica che è già negli oceani, potrebbero ridurre l’inquinamento “in modo significativo” se utilizzato in combinazione con la tecnologia di pulizia delle superfici.
Lo Studio si concentra sulla plastica galleggiante, poiché i rifiuti affondati sono difficili o impossibili da rimuovere a seconda delle dimensioni e della posizione. Gli autori stimano che la quantità di plastica che raggiunge l’oceano raggiungerà il picco nel 2029 e che la plastica di superficie entro il 2052 arriverà a 860.000 tonnellate – più del doppio dell’attuale stima di 399.000, mentre una ricerca precedente suggeriva che il tasso di inquinamento di plastica al quel tempo potrebbe raggiungere lo zero.
“Il messaggio importante di questo studio è che non possiamo continuare a inquinare gli oceani e sperare che la tecnologia risolva il disordine – ha dichiarato la Dott.ssa Jesse F. Abrams, del Global Systems Institute e dell’Institute for Data Science and Artificial Intelligence all’Università di Exeter – Anche se potessimo raccogliere tutta la plastica negli oceani – cosa che non possiamo – sarebbe difficile riciclarla, soprattutto se i frammenti di plastica sono galleggiati da molto tempo e sono stati degradati o contaminati biologicamente. Le altre principali soluzioni sono di seppellirle o bruciarle, ma seppellirle potrebbe contaminare il terreno e la combustione provoca ulteriori emissioni di CO2 in atmosfera“.
Le iniziative private che propongono di raccogliere la plastica dagli oceani e dai fiumi hanno recentemente guadagnato una diffusa. Una di queste, l’Ocean Cleanup mira a pulire l’ “isola di plastica del Pacifico” nei prossimi 20 anni utilizzando barriere galleggianti di 600 m per raccogliere la plastica da avviare al riciclaggio o all’incenerimento a terra.
Il nuovo studio ha analizzato l’impatto della distribuzione di 200 di questi dispositivi, funzionando senza interruzioni per 130 anni, dal 2020 al 2150. Sulla base di tale scenario, i detriti di plastica fluttuanti globalmente sarebbero ridotti di 44.900 tonnellate – poco più del 5% del totale globale stimato entro la fine di quel periodo.
“L’impatto previsto dei dispositivi di pulizia sia singoli che multipli è molto modesto rispetto alla quantità di plastica che entra costantemente nell’oceano – ha affermato il Dott. Sönke Hohn, del Centro Leibniz per la ricerca marina tropicale – Questi dispositivi sono anche relativamente costosi da produrre e mantenere per unità di plastica rimossa“.
![](https://www.regionieambiente.it/wp-content/uploads/2020/08/Platica-1.png)
Poiché la maggior parte della plastica entra negli oceani attraverso i fiumi, gli autori affermano che una “battuta d’arresto” di tale inquinamento che penetra nell’oceano usando barriere fluviali – specialmente nei fiumi inquinanti chiave – potrebbe prevenire la maggior parte dell’inquinamento previste altrimenti nei prossimi tre decenni. Tuttavia, a causa dell’importanza dei grandi fiumi per la navigazione globale, è improbabile che tali barriere vengano installate su larga scala.
Data la difficoltà del riciclaggio e gli effetti negativi del seppellimento o della combustione della plastica, lo studio afferma che per affrontare l’inquinamento degli oceani sono essenziali la riduzione dello smaltimento e l’aumento dei tassi di riciclaggio.
“La plastica è un materiale estremamente versatile con una vasta gamma di applicazioni di consumo e industriali – ha sottolineato il Prof. Agostino Merico, della Jacobs University – ma dobbiamo cercare alternative più sostenibili e ripensare il modo in cui produciamo, consumiamo e smaltiamo la plastica“.
Prima ancora che divengano rifiuti si dovrebbe riutilizzare i prodotti e gli imballaggi in plastica, migliorando in modo drastico il riciclaggio e soprattutto che i rifiuti non vengano buttati nell’ambiente. Nel nuovo Piano d’azione per l’Economia circolare, lanciato dalla Commissione UE lo scorso marzo, è previsto che saranno “adottate disposizioni vincolanti relative al contenuto riciclato e misure per la riduzione dei rifiuti per prodotti fondamentali quali gli imballaggi”.
“Abbiamo sviluppato esperienza nel cambiare comportamento per rompere le abitudini di plastica e fermare l’inquinamento di plastica alla fonte – ha aggiunto Roger Spranz, co-fondatore della Ong MOPF – Siamo registrati in Germania ma il fulcro delle nostre attività e collaborazioni è in Indonesia, la seconda fonte di inquinamento marino delle materie plastiche. Collaborando con partner locali, l’implementazione della nostra campagna Tasini in Indonesia ha finora contribuito a impedire che circa 20 milioni di sacchetti di plastica e 50.000 bottiglie di plastica finissero nelle zone costiere e nell’oceano”.
Per l’iniziativa “Tasini”, borse della spesa pieghevoli e riutilizzabili, realizzate con plastica recuperata e riciclata da rifiuti marini, che hanno la forma di animali marini, come piccole tartarughe, polpi, squali e razze, che sono degli ambasciatori ambientali , aumentando la consapevolezza del problema e sono anche un accessorio di moda attaccato al portachiavi, la Ong MOPF ha ricevuto nel 2017 il Premio “Clean Seas. La sfida dell’innovazione della plastica marina” lanciata dall’UNEP (Programma Ambiente delle Nazioni Unite).
In copertina: Fonte Global Plastics Action