Una misura generale del welfare come “equivalenti di equità” e di corrispondenti indici di disuguaglianza è quanto propone uno Studio di ricercatori dell’EIEE-CMCC basato su una nuova interpretazione del concetto di disuguaglianze nel senso di ineguale distribuzione delle risorse tra le persone, nelle diverse dimensioni di tempo, spazio, “stati del mondo” o futuri possibili.
Il tema del welfare è destinato ad assumere un ruolo centrale nel dibattito politico dei prossimi mesi, dopo la crisi economica-sociale indotta dalla pandemia di Covid-19. Lo stesso Rapporto Colao ovvero le “Iniziative per il rilancio 2020-2022”, il Dossier presentato nei giorni scorsi al Governo italiano dal Comitato di esperti in materia economica e sociale guidato da Vittorio Colao, propone una riforma del welfare che metta in campo strumenti universalistici e non con un approccio categoriale, tra cui “l’attivazione di strumenti per potenziare rapidamente e significativamente il welfare inclusivo e territoriale di prossimità, per garantire un sostegno più efficace e personalizzato a tutti coloro che inevitabilmente si trovano ad affrontare difficoltà straordinarie ma anche per promuovere la coesione sociale”.
Lo Studio “Welfare as Equity Equivalents”, pubblicato il 13 giugno 2020 sul Journal of Economics Surveys e condotto da due ricercatori affiliati all’European Institute on Economics and the Environment (EIEE) del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), propone un nuovo modo di misurare il welfare basato su una nuova interpretazione del concetto di disuguaglianza nel senso di ineguale distribuzione delle risorse tra le persone, nelle diverse dimensioni di tempo, spazio, “stati del mondo” o futuri possibili.
L’equità (o la sua controparte, l’ineguaglianza) riveste un ruolo chiave nella valutazione delle diverse dimensioni del welfare sociale. Ma come si può prendere in esame e confrontare le sue diverse dimensioni?
Tradizionalmente, si valuta e si confronta il welfare tra persone diverse, sia all’interno dei confini nazionali, che in Paesi diversi, ma anche nel tempo, quando viene considerata la distribuzione delle risorse nel corso del tempo e le diverse questioni relative, come tenore dei consumi/livelli di risparmio, distribuzione intergenerazionale o uso nelle diverse epoche delle risorse naturali. C’è anche una terza dimensione, quella dei cosiddetti futuri mondi possibili o “states of the world”, che tiene conto dell’incertezza che influisce sulla realizzazione di diverse variabili casuali.
Mentre la ricerca economica ha tradizionalmente considerato queste tre dimensioni degli individui, del tempo e degli stati del mondo separatamente, è sempre più chiaro che le diverse possibili dimensioni della “diseguaglianza” (cioè l’ineguale distribuzione delle risorse in una specifica dimensione) siano potenzialmente strettamente intrecciate: la diseguaglianza tra individui di una stessa epoca potrebbe essere correlata alla diseguaglianza intergenerazionale, mentre l’incertezza potrebbe incidere in maniera diversa sui diversi individui. Concentrarsi quindi su un solo aspetto della disuguaglianza sociale può portare al rischio di trascurare effetti di interazione potenzialmente importanti.
“La diseguale distribuzione dei consumi o dei livelli di reddito – ha spiegato Johannes Emmerling, Ricercatore senior presso la Fondazione CMCC e capo dell’unità Integrated Assessment Modeling dell’EIEE, e co-autore dello Studio – si verifica in diverse dimensioni: a livello ‘spaziale’ o tra gli individui di uno stesso Paese o di Paesi e regioni diverse; ‘temporale’ o tra le diverse generazioni, o tra diversi ‘stati del mondo’, ovvero tra i diversi, possibili, incerti, mondi nei quali potremmo ritrovarci a vivere in futuro. L’aggregazione e il confronto tra individui in queste dimensioni è cruciale per lo studio di problemi con conseguenze globali, incerte e di lungo periodo, come i cambiamenti climatici. Il nostro studio mostra come anche la disuguaglianza in queste dimensioni possa essere analizzata con lo stesso approccio analitico. Inoltre, se consentiamo di avere preferenze diverse nei confronti delle disuguaglianze, vediamo come le persone abbiano diverse attitudini nei confronti della disuguaglianza nelle diverse dimensioni, e di come l’ordine di aggregazione tra loro influisca nella valutazione delle politiche economiche e ambientali”.
Lo studio evidenzia che le persone
tendono a valutare in maniera diversa la disuguaglianza nelle diverse dimensioni.
Per esempio, tendono ad essere molto
preoccupate per quanto riguarda il futuro (per cui hanno una forte
preferenza nel volere dare qualcosa alle future generazioni), mentre si curano meno delle disuguaglianze del
proprio tempo (il fatto che persone in città o Paesi diversi abbiano
diverse possibilità di consumo o diversi livello di reddito). Inoltre, le
persone tendono a essere più preoccupate
e ad avere un più alto grado di avversione alla disuguaglianza in termini di
incertezza.
I cambiamenti climatici costituiscono
il classico esempio in grado combinare insieme le tre dimensioni degli
individui, del tempo e dei diversi stati: in questo contesto sono state spesso
sollevate questioni relative alla disuguaglianza
tra generazioni, alla nozione di disuguaglianza
e di giustizia distributiva, e al ruolo
dell’incertezza, unitamente al principio di precauzione. La caratteristica
comune di questi concetti apparentemente non correlati è che le perdite e i
benefici di determinate politiche hanno bisogno di essere confrontati secondo
dimensioni diverse.
“Non è banale tener conto della disuguaglianza nello studio dei cambiamenti climatici – ha aggiunto Emmerling – ma il nostro studio mette in luce l’importanza della disuguaglianza per una valutazione delle politiche climatiche di lungo termine”.
In copertina: Foto di Anna Dziubinska su Unsplash