Secondo il Rapporto presentato dalla Commissione UE non ci sarebbero dubbi che i progressi compiuti verso un’economia a basse emissioni di carbonio faranno conseguire i target previsti, ma i trend sono determinati dalle politiche degli anni precedenti, mentre ora i consumi energetici sono risaliti, le emissioni hanno ripreso a crescere e gli investimenti nelle rinnovabili sono diminuiti.
Nell’ambito del Pacchetto “Unione dell’Energia“, la Commissione UE aveva adottato nel febbraio 2015 una Strategia quadro per un’Unione dell’Energia resiliente con una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici basata sui 3 obiettivi della politica energetica dell’UE: sicurezza dell’approvvigionamento, sostenibilità e competitività. Per conseguire tali obiettivi, l’Unione si sarebbe concentrata su 5 elementi che si sostengono reciprocamente:
– la sicurezza energetica, la solidarietà e la fiducia;
– il mercato interno dell’energia;
– l’efficienza energetica, in quanto mezzo per moderare la domanda di energia;
– la decarbonizzazione dell’economia;
– la ricerca, l’innovazione e la competitività.
In linea con l’impegno di presentare una relazione annuale sullo stato dell’Unione dell’Energia, la Commissione UE ha pubblicato il 1° febbraio 2017 il 2° Rapporto sullo Stato dell’Unione dell’Energia dove illustra i progressi compiuti successivamente alla pubblicazione della prima del novembre 2015 e che costituisce un elemento centrale per il monitoraggio dell’attuazione di quella che è una priorità fondamentale della Commissione Juncker, e dal quale emergerebbe, secondo Miguel Arias Cañete, Commissario UE per l’Azione per il clima e l’Energia, che “L’Europa è sulla buona strada per raggiungere i suoi obiettivi al 2020 in materia di clima ed energia.“.
Dopo la pubblicazione della prima relazione, diverse tendenze all’interno della transizione dell’UE verso un’economia a bassa emissione di carbonio hanno segnato progressi e si sono rafforzate. In particolare il 2016 è stato l’anno dell’incisività: la visione racchiusa nella Strategia è stata tradotta in iniziative legislative e non legislative concrete, soprattutto con il Pacchetto “Energia pulita per tutti gli Europei“, presentato il 30 novembre 2016.
“L’Unione dell’energia non si occupa solo di energia e clima, ma intende accelerare la fondamentale modernizzazione dell’economia europea nel suo complesso, trasformandola in un’economia a bassa emissione di carbonio ed efficiente nell’uso dell’energia e delle risorse, in modo socialmente equo – ha dichiarato Maroš Šefčovič, Commissario UE per l’Unione dell’Energia – Dovremo inoltre migliorare la dimensione esterna dell’Unione dell’energia, per rafforzare il ruolo di leadership mondiale dell’UE. La maggior parte delle proposte legislative pertinenti sono ormai in corso d’esame: il 2017 dovrebbe essere l’anno dell’attuazione. È questo il messaggio che intendo proporre agli Stati membri durante le visite del nuovo tour dedicato all’Unione dell’Energia, che lancerò il 3 febbraio“.
L’UE nel suo insieme avrebbe continuato a compiere buoni progressi verso la realizzazione degli obiettivi prefissati, in particolare di quelli in materia di Clima ed Energia per il 2020, raggiungendo già quello riguardante il comsumo finale di energia, e quello relativo alle emissioni di gas a effetto serra: nel 2015, erano del 22% inferiori ai livelli del 1990. Dalla relazione emerge che l’UE è sulla buona strada anche nel settore delle energie rinnovabili, dove ha raggiunto il 16% del consumo unionale lordo di energia finale (dati del 2014).
Un’altra importante tendenza consiste nel fatto che l’UE continua a dissociare con successo la crescita economica dalle emissioni di gas a effetto serra. Nel periodo 1990-2015, il prodotto interno lordo (PIL) combinato degli Stati membri dell’UE è aumentato del 50%, mentre le emissioni sono diminuite del 22%.
“All’indomani della conclusione dell’Accordo di Parigi, nel dicembre 2015 – si legge nel Comunicato – la sua rapida ratifica da parte dell’UE ha consentito l’entrata in vigore del primo accordo universale giuridicamente vincolante sul clima, il 4 novembre 2016“.
Al riguardo, ci pare che l’enfasi posta sulla “rapida ratifica” da parte dell’UE non sia giustificata visto che superare l’inerzia degli Stati membri, la Commissione UE ha dovuto adottare una procedura insolita e dalla dubbia conformità ai Trattati.
In un contesto geopolitico in rapida evoluzione, osserva la Commissione UE, il successo dell’Unione dell’energia è fondamentale per proteggere gli interessi economici e il benessere a lungo termine dell’Europa e degli europei. Per questo motivo negli scorsi mesi il lavoro sull’Unione dell’energia si è concentrato con più attenzione sulla diplomazia energetica, prefiggendosi di incrementare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, di far crescere le esportazioni di soluzioni targate UE basate su una tecnologia a bassa intensità di carbonio e di potenziare la competitività industriale europea.
“Nonostante l’attuale incertezza geopolitica, l’Europa prosegue speditamente nella transizione verso l’energia pulita. Non ci sono alternative – ha proseguito Arias Cañete – E i fatti si commentano da soli: le energie rinnovabili sono ora più competitive e talvolta più a buon mercato dei combustibili fossili, danno lavoro a oltre un milione di persone in Europa, attraggono maggiori investimenti rispetto a molti altri settori, e hanno ridotto di 16 miliardi di euro la nostra fattura per le importazioni di combustibili fossili. Gli sforzi dovranno essere mantenuti ora che l’Europa e i suoi partner si impegnano a guidare la corsa mondiale verso un’economia più sostenibile e competitiva“.
Vale la pena osservare che l’obiettivo al 2020 per le rinnovabili è del 20% e nel 2014 si attestavano al 16% e che, come riconosce la stessa Commissione UE, a mano a mano che si prosegue lungo la traiettoria prefissata, la strada diventa più ripida, mentre gli investimenti nelle rinnovabili nell’UE dal 2011 hanno continuato a diminuire.
La Commissione UE ricorda, inoltre, di aver presentato nel 2016, una Strategia per la mobilità a basse emissioni caratterizzata da un obiettivo ambizioso e chiaro: entro la metà del secolo le emissioni di gas a effetto serra provenienti dai trasporti dovranno essere inferiori di almeno il 60% rispetto al 1990 ed essere instradate saldamente su un percorso di avvicinamento allo zero, pur assicurando sia le esigenze di mobilità dei cittadini e delle merci sia la connettività globale.
Ma queste misure e target saranno in grado di conseguire l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di mantenere al di sotto dei 2 °C, e di fare ogni sforzo per 1,5 °C, il riscaldamento globale alla fine del secolo?
Secondo l’ultimo “Emissions Gap Report“, presentato dall’UNEP alla vigilia della Conferenza sul Clima di Marrakech (COP22) ne siamo molto lontani.