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Trivelle: aggirato il divieto di nuovi pozzi entro le 12 miglia

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Nel tentativo di scongiurare le proposte di Referendum avanzate da alcune Regioni italiane per l’abolizione di norme contenute nel Decreto “Sblocca Italia“, ribattezzato “Sblocca trivelle“, il Governo Renzi nella “Legge di Stabilità 2016” (G.U. n. 302 del 30 dicembre 2015, S.O. n. 70) faceva una marcia indietro, reintroducendo il divieto di nuove attività di perforazione di idrocarburi entro le 12 miglia dalla costa, salvaguardando i soli permessi già rilasciati dalle Regioni e consentendo per lo sfruttamento di questi giacimenti anche le attività di adeguamento degli impianti.

Nell’occasione scrivemmo: “Vedremo, alla luce della Legge di Stabilità che formalmente recepisce 3 dei 6 quesiti referendari, quali saranno le decisioni della Consulta e se il tentativo del Governo di “disinnescare” il referendum sia riuscito e, ancor di più, se si sia trattato di una semplice manovra dilatoria per evitare uno scontro imminente e riproporre le stesse misure in tempi più favorevoli, magari al termine della legislatura“.

Como noto, la Consulta aveva ammesso un solo quesito e il 17 aprile 2016 gli italiani sono stati chiamati ad esprimersi sul seguente quesito: “Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?
Nonostante i “” avessero ottenuto quasi l’86%, i Referendum abrogativo non ottenne il quorum necessario, poiché si recarono a votare poco più del 32% degli aventi diritto.

A distanza di un anno, le preoccupazioni espresse allora sembrerebbero essere confermate dal Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico (MiSE) del 7 dicembre 2016 e pubblicato sulla GU n.78 del 3 aprile 2017, recante “Disciplinare tipo per il rilascio e l’esercizio dei titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale” che stabilisce, appunto, le modalità di conferimento dei titoli concessori unici, dei permessi di prospezione, di ricerca e delle concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale, nonché le modalità di esercizio delle attività nell’ambito degli stessi titoli minerari.

In particolare, l’articolo 15 dispone che, “fermo restando il divieto di conferimento di nuovi titoli minerari nelle aree marine e costiere protette e nelle 12 miglia dal perimetro esterno di tali aree e dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale, ai sensi dell’art. 6, comma 17, del decreto legislativo n. 152/2006, come modificato dall’art. 1, comma 239, della legge n. 208/2015, sono consentite, nelle predette aree, le attività da svolgere nell’ambito dei titoli abilitativi già rilasciati, anche apportando modifiche al programma lavori originariamente approvato, funzionali a garantire l’esercizio degli stessi, nonché consentire il recupero delle riserve accertate, per la durata di vita utile del giacimento e fino al completamento della coltivazione, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale“.

Inoltre, “sono sempre consentite le attività di manutenzione finalizzate all’adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela dell’ambiente e le operazioni finali di ripristino ambientale“.

Possono essere inoltre autorizzate:
a) le attività funzionali alla coltivazione, fino ad esaurimento del giacimento, e all’esecuzione dei programmi di lavoro approvati in sede di conferimento o di proroga del titolo minerario, compresa la costruzione di infrastrutture e di opere di sviluppo e coltivazione necessarie all’esercizio;
b) gli interventi sugli impianti esistenti, destinati al miglioramento degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientali.

Il Decreto è destinato a rinfocolare nuove polemiche e prese di posizione, tra cui quella di GreenpeaceLegambiente e WWF Italia che in una nota congiunta sottolineano che il Decreto del Ministro Calenda “È la smentita definitiva di tutte le parole spese dal governo durante il periodo referendario di aprile scorso per dire che il referendum sollevava questioni di lana caprina, in particolare perché la legge escludeva già nuove trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa.

Il meccanismo introdotto dal MISE consente, infatti, alle società petrolifere titolari di concessioni entro le 12 miglia dalla costa già rilasciate di modificare, e quindi ampliare, il loro programma di sviluppo originario per recuperare altre riserve esistenti, e dunque costruire nuovi pozzi e nuove piattaforme. Fino all’altro ieri, nuovi pozzi e nuove piattaforme entro le 12 miglia potevano essere realizzati solo se già previsti dal programma di sviluppo originario. Ora chi ha la concessione può farci sostanzialmente quello che vuole per tutta la vita utile del giacimento.

Per le tre associazioni ambientaliste “è gravissimo che il governo proceda in questo modo su una questione così delicata, escludendo il Parlamento e non tenendo minimamente conto della volontà chiarissima espressa da 15 milioni di italiani nonostante il mancato raggiungimento del quorum al referendum contro le trivelle“.

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