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Spagnola: quando l’influenza uccise non meno di 50 milioni di individui

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L’Istituto Superiore di Sanità, tramite Flunews, il Rapporto della sorveglianza integrata dell’influenza, ha aggiornato le stime delle vittime dell’influenza 2017-2018: 744 casi gravi, 160 dei quali sono morti.

Dei casi gravi segnalati, il 58% era di sesso maschile, con un’età media di 60. L’84% presentava almeno una condizione di rischio che poteva predisporre a complicazioni delle condizioni cliniche come diabete, tumori, malattie cardiovascolari o respiratorie croniche.

Da inizio stagione sono 2 le donne in gravidanza e 11 i bambini con meno di 14 anni morti a causa dell’influenza. Per la prima volta dalla stagione 2009-2010, quest’anno “tutte le regioni, escluso il Molise, riportano la presenza di casi gravi confermati di influenza ricoverati in terapia intensiva”.

virus influenzali circolano normalmente negli uomini e negli animali, si legge su EPICentro, il portale dell’epidemiologia per la salute pubblica. Ceppi virali differenti possono causare la malattia negli esseri umani, negli uccelli e nei maiali.

L’influenza stagionale è provocata da virus influenzali che si sono adattati a diffondersi e a causare malattia nell’uomo (influenza umana). Gli esseri umani hanno una certa immunità naturale ai ceppi che circolano comunemente: questa immunità può essere rafforzata dal vaccino contro l’influenza stagionale.

L’influenza aviaria è causata da virus influenzali che normalmente infettano i volatili. Allo stesso modo, l’influenza suina è provocata da virus influenzali adattati a infettare i suini. Raramente gli esseri umani e gli animali possono trasmettersi l’uno con l’altro ceppi virali, come nel caso degli uomini che si ammalano di influenza aviaria o suina (di solito in seguito a un contatto diretto con gli animali malati).

La presenza contemporanea nello stesso individuo di virus di influenza umana e animale può portare allo sviluppo di virus modificati con la capacità di causare l’infezione e di diffondersi nella popolazione umana: l’immunità naturale della popolazione umana a questi nuovi virus può essere scarsa o del tutto assente. Se il nuovo virus influenzale si trasmette facilmente da uomo a uomo, c’è il rischio che dia luogo a una pandemia. Una pandemia di influenza è provocata proprio da un virus influenzale nuovo o insolito, capace di diffondersi facilmente tra gli esseri umani causando una malattia severa.

Nonostante gli sforzi per sviluppare farmaci antivirali e vaccini, migliori strategie di sorveglianza e prevenzione, i virus dell’influenza continuano a circolare nelle popolazioni umane e causano ogni anno epidemie di influenza stagionale in tutto il mondo.

Alla luce della rapida evoluzione del virus, della globalizzazione, della crescente popolazione umana e dell’ampiezza dei viaggi intercontinentali, le pandemie influenzali come quella del 1918, avrebbero anche oggi un effetto devastante, sottolinea Nature che al centenario della pandemia della Spagnola ha dedicato una raccolta di recensioni e articoli di ricerca provenienti da tutto il gruppo di riviste di Nature per mostrare gli ultimi progressi nella nostra comprensione della biologia del virus dell’influenza, la sua evoluzione e adattamento e i progressi nella sorveglianza e nello sviluppo di farmaci e vaccini.

Quest’anno, infatti, non è solo il Centenario della Grande Guerra (1914-1918), ma anche quello della più grande pandemia di influenza che provocò “la più grande ondata di morti dai tempi della peste nera”, come ha scritto Laura Spinney nel suo libro “Pale Rider. The Spanish Flu of 1918 and how it changed the world” (tradotto in Italia e pubblicato da Marsilio con il titolo “1918. L’influenza spagnola. L’epidemia che cambiò il mondo”).

Tra la primavera del 1918 e il marzo 1920, secondo le ultime stime, la influenza “spagnola” ha provocato tra i 50 e i 100 milioni di morti, più delle due Guerre Mondiali del ventesimo secolo, dopo aver contagiato più di un miliardo di individui, ma sui libri di storia nella migliore delle ipotesi se ne accenna a margine degli eventi della I Guerra Mondiale.

L’epidemia di influenza fu chiamata Spagnola perché furono i giornali iberici a parlarne per primi: “Una strana forma di malattia a carattere epidemico è comparsa a Madrid…”, recitava un Comunicato dell’Agenzia FABRA.

La Spagna era una nazione neutrale per cui la stampa non era soggetta alla censura di guerra, mentre negli altri Paesi il fenomeno fu tenuto nascosto o presentato come limitato alla sola nazione spagnola.

Secondo molti esperti, l’origine della “Spagnola” fu a Camp Funston nel Kansas, un imponente centro di addestramento militare allestito dopo che gli USA decisero l’entrata in guerra come “associati” all’Intesa.
Le scarse condizioni igienico-sanitarie e le strutture mediche inadeguate favorirono il propagarsi di un’influenza aviaria che un cittadino di Funston il 4 marzo 1917 riferì di aver contratto. In 3 settimane, 1.100 soldati di stanza al campo furono contagiati. Da lì l’influenza si diffuse alla circostante Contea e sbarcò in Europa al seguito delle truppe statunitensi, trovando condizioni ideali tra popolazioni e soldati stremati da anni di guerra e ristrettezze. In un anno la Spagnola era diventata globale.

Negli ultimi anni gli studi sull’insorgenza e la diffusione della malattia si sono intensificati, specie dopo l’epidemia di influenza aviaria del 2009, causata da una nuova variante del virus A/H1N1, lo stesso della Spagnola, che, secondo i calcoli dei Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie degli Stati Uniti avrebbe causato in tutto il mondo 284.000 morti.

La straordinaria capacità di diffusione della Spagnola fu dovuta alla proteina emoagglutinina (la lettera H nel nome del virus; l’altra lettera, la N, è riferita alla seconda proteina virale, la neuramidasi). La H consente all’influenza di attaccarsi alle cellule respiratorie, infettandole; la N aiuta il virus a diffondersi.

Ma ad uccidere gran parte delle vittime della spagnola non fu il virus influenzale, ma un’infezione polmonare secondaria, di origine batterica, come indicava la sintomatologia cianotica dei corpi. Il poeta Blaise Cendrars, ricorda che il corpo di Guillaume Apollinaire (una delle tante vittime illustri della Spagnola) il giorno prima che morisse era completamente annerito.

Secondo una ricerca condotta da biologi e virologi di alcune università statunitensi e pubblicata qualche anno fa su Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze (PNAS) con il titoloGenesis and pathogenesis of the 1918 pandemic H1N1 influenza A virus”, la Spagnola non fu causata da un’improvvisa “migrazione” di geni dell’aviaria verso il ceppo dell’influenza umana, ma da uno spostamento progressivo a partire dal 1900. In un ceppo già esistente, dunque, si verificò una variazione nel tipo di emoagglutinina, e fu questo a rendere la “spagnola” particolarmente virulenta.

Oggi fortunatamente c’è la possibilità di individuare per tempo le varianti, ma non bisogna abbassare la guardia, e proprio volatili e suini sono da tenere sotto controllo per il rischio di nuove pandemie.
In particolare ci sono 3 varianti che circolano in Cina e USA da tenere sotto controllo: si tratta di H5N6, H7N9 e H9N2, virus contratti da persone che erano venute in contatto con pollame vivo – ha dichiarato all’Agenzia ADNkronos il virologo dell’Università di Milano Fabrizio Pregliasco – I volatili e i suini fanno infatti da catalizzatori del ceppo virale, come è accaduto nell’ultima pandemia del 2009“.

L’OMS (organizzazione Mondiale della Salute) ci ha ricordato, celebrando la Giornata Mondiale della Sanità (7 aprile 2018) che uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU  al 2030 prevede di “Conseguire una copertura sanitaria universale, compresa la protezione dai rischi finanziari, l’accesso a servizi essenziali di assistenza sanitaria di qualità e l’accesso a farmaci essenziali sicuri, efficaci, di qualità e a prezzi accessibili e vaccini per tutti”.

In copertina: La famiglia (autoritratto), 1918, di Egon Schiele. Si tratta dell’ultimo quadro di uno dei maggiori artisti figurativi del primo Novecento, nonché esponente assoluto del primo espressionismo viennese, vittima “illustre” anch’egli dell’influenza Spagnola a soli 28 anni.

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