Sostenibilità

Sostenibilità: lezioni del Covid-19 da apprendere

Un briefing dell’Agenzia Europea dell’Ambiente della nuova serie “Narrazioni per il cambiamento” invita a cogliere gli effetti della pandemia come “lezione tardiva” e “allerta precoce” e che il modo in cui viviamo, mangiamo, ci muoviamo e diamo energia alle nostre società non possono ritornare a come erano prima. Ma non sembra che la governance abbia intrapreso finora le azioni necessarie per “ricostruire meglio”.

Nel Settimo programma d’azione per l’ambiente (7° PPA), l’UE ha approvato obiettivi di sostenibilità e ha sviluppato la visione a lungo termine di “Vivere bene, entro i limiti del nostro pianeta“, al fine di guidare la sua azione ambientale. 

Per raggiungere obiettivi di sostenibilità a lungo termine, è probabile tuttavia  che siano necessari cambiamenti fondamentali negli stili di vita e nei modelli di consumo e produzione. Al contempo, la crisi del Covid-19 ha spinto la società europea ad agire, ricordandoci che sostenibilità e cambiamento sono intrinsecamente legati e che un cambiamento fondamentale è possibile, soprattutto in risposta a minacce percepite come imminenti. Ci ha anche ricordato che la (vecchia) normalità non è desiderabile e che, per diventare sostenibili, le nostre società devono interrompere molte delle loro pratiche.

Per riflettere su principi, paradigmi e narrazioni che modellano la nostra azione collettiva e individuale, l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), basandosi su un’ampia gamma di risultati, sta lanciando la serie “Narratives for Change” per portare in primo piano nuove prospettive, rafforzare il dialogo sociale sulle alternative ai paradigmi dominanti e consentire l’azione e la deliberazione attraverso dibattiti e partecipazione. 

Fa parte di questa serie, il briefingCovid-19: lessons for sustainability?”, pubblicato il 20 gennaio 2021 che riflette sulle lezioni apprese dalla pandemia in corso e su come possono ispirare le società a intensificare gli sforzi verso la sostenibilità.

Il briefing rileva che il degrado ambientale aumenta il rischio di pandemie, quindi la pandemia di Covid-19 può essere vista come un esempio di “lezione tardiva” e di allerta precoce. Allo stesso tempo, la pandemia ha dimostrato che le società hanno il potenziale necessario per l’azione collettiva e il cambiamento di fronte a un’emergenza percepita.

Il mondo è attualmente caratterizzato da molteplici crisi globali, che sono altamente interconnesse e richiedono cambiamenti sistemici fondamentali per affrontare le forze alla base che le guidano. Il Covid-19 ha innescato un’azione rapida e energica da parte dei governi, ma finora le sfide fondamentali della sostenibilità non hanno innescato un’azione sufficiente. Per “ricostruire meglio“, afferma il briefing dell’AEA, la società e i governi dovrebbero riflettere su cosa fare in modo diverso e cosa smettere del tutto di fare.

Il briefing sottolinea che non c’è dubbio che nuovi agenti patogeni vengono spesso creati dall’interfaccia tra animali selvatici e domestici e umani, e che questi a volte si manifestano come malattie zoonotiche. Secondo il Rapporto Preventing the Next Pandemic: Zoonotic Diseases and how to break the chain of transmission” dell’UNEP, “il 60% delle malattie infettive conosciute nell’uomo e il 75% di tutte le malattie infettive emergenti sono zoonotiche”.

Flusso di agenti patogeni nell’interfaccia tra uomo, bestiame e fauna selvatica

All’emergere delle malattie zoonotiche concorrono diversi fattori che creano contatti nuovi e diversi tra fauna selvatica, bestiame e persone:
crescita della popolazione e urbanizzazione rapida e incontrollata;
aumento della domanda di proteine ​​animali, con un conseguente aumento dello sfruttamento della fauna selvatica, dell’intensificazione agricola e del commercio;
pratiche di allevamento inadeguate;
cattiva gestione della selvaggina “informale” e dei mercati dei prodotti freschi e degli impianti industriali di lavorazione della carne.
Inoltre, la globalizzazione del commercio internazionale e dei viaggi fanno sì che gli agenti patogeni si diffondano più rapidamente, perché, come dice l’UNEP, “Le malattie possono ora spostarsi in tutto il mondo in periodi più brevi di quelli di incubazione”.

Le strategie dell’UE Biodiversità al 2030 e Farm to Fork mettono esplicitamente in relazione il Covid-19 con gli attuali livelli di perdita di biodiversità. Il senso di urgenza che accompagna la pandemia sembra aprire una finestra di opportunità per una maggiore consapevolezza. Numerosi commentatori, attivisti e ricercatori stanno discutendo se e come la maggiore consapevolezza creata da Covid-19 possa essere sfruttata per aumentare la consapevolezza ambientale, estendendo anche agli stati nazione e alle organizzazioni internazionali e sovranazionali.

Secondo l’AEA, la comunità globale avrà bisogno di anni, se non decenni, per valutare l’intera portata del Covid-19 e le sue implicazioni per la nostra società, compresi i suoi impatti sulle disuguaglianze, sulla salute e sul benessere dei cittadini.

Blocchi nazionali senza precedenti, restrizioni di viaggio e chiusura dei confini nazionali nella prima metà del 2020 hanno determinato miglioramenti a breve termine dell’ambiente in Europa. La riduzione del traffico, della navigazione e dell’aviazione ha comportato improvvisi miglioramenti della qualità dell’aria e dei livelli di rumore, con la concentrazione di biossido di azoto (NO2) che in alcune città è calata fino al 60% rispetto allo stesso periodo del 2019. La pandemia ha avuto anche l’effetto immediato di incoraggiare le persone a scegliere modalità di viaggio più attive. L’aumento dell’uso della bicicletta, in particolare, ha spinto le città a diventare più bike friendly, anche introducendo nuove infrastrutture per le biciclette. Una riduzione dell’attività umana ha dato agli habitat la possibilità di riprendersi e alle specie l’opportunità di occupare nuovi spazi e nicchie. Inoltre, i dati preliminari mostrano che le emissioni di gas serra (GHG) dell’UE sono diminuite del 10% dal 2019 al 2020.

Peraltro, la necessità di dispositivi di protezione e altri dispositivi usa e getta ha comportato un aumento della produzione e del consumo di plastica, e quindi di rifiuti di plastica. Non solo i cittadini hanno dovuto cambiare le loro abitudini., ma anche i politici hanno dovuto reagire rapidamente alla pandemia e ai suoi impatti socioeconomici. La Commissione UE ha risposto prontamente con NextGenerationEU, un piano di ripresa per “aiutare a costruire un’UE post-COVID-19 che sia più verde, più digitale, più resiliente e più adatta alle sfide attuali e future“. Insieme al bilancio a lungo termine dell’UE, il volume delle risorse mobilitate per il clima e l’ambiente è senza precedenti, creando la speranza di immaginare un futuro diverso, lontano dalla “vecchia normalità” dell’insostenibilità. Tuttavia, sottolinea il briefing, resta da vedere se le risorse saranno investite in modo efficace.

Come società, dovremmo imparare dalle esperienze passate. La crisi finanziaria del 2008-2009 ha portato a una riduzione delle emissioni, ma l’effetto è stato di breve durata. Ora, ancora una volta, l’imperativo è uscire dalla recessione economica e la scarsa resilienza delle priorità politiche ed economiche insostenibili forniscono poche speranze che il pianeta post-coronavirus sia più sostenibile, a meno che non vi sia un cambiamento attivo e consapevole nelle pratiche sociali ed economiche. 

Sono già stati emessi avvertimenti su un rapido rimbalzo della domanda globale di energia e delle emissioni di gas serra dopo il Covid-19, mentre gli impegni sottoscritti (NDC) dai Paesi e comunicati al Segretariato UNFCCC, secondo l’Accordo di Parigi, a livello globale mancano dell’ambizione necessaria per mantenere il riscaldamento globale entro l’obiettivo di 2° C, per non parlare di 1,5° C.  A livello europeo, recenti proiezioni suggeriscono che le emissioni di gas serra potrebbero tornare ai livelli pre-pandemia a meno che non vengano messe in atto misure aggiuntive.

Eppure, durante la pandemia abbiamo lottato e imparato a far fronte alla crisi, e per un certo periodo, abbiamo cambiato le nostre azioni quotidiane e riorientato le nostre priorità, valutato le cose in modo diverso e forse apprezzato di più il mondo naturale che ci circonda – osserva il briefing -. Tuttavia, resta la domanda se siamo cambiati in maniera fondamentale o se vogliamo solamente tornare a una normalità pre-Covid che non aveva nulla di normale”.

Non è esagerato affermare che attualmente viviamo in un mondo caratterizzato da molteplici crisi globali: una crisi sanitaria, una crisi economica e finanziaria, una crisi climatica e una crisi della natura
Il Panel di 26 scienziati indipendenti che ha redatto il Rapporto per il Global Health Summit (Roma, 21 maggio 2021) ha messo in guardia che “il mondo sta probabilmente entrando in un’era di pandemie”.

Pertanto, gli approcci di governance delle nostre società dovrebbero affrontare non solo le radici alla base dei problemi stessi, ma anche l’emergere sempre più frequente o addirittura simultaneo di quelle che consideravamo crisi eccezionali. Perciò le pratiche sociali ed economiche devono cambiare a seconda dei diversi livelli e aspetti della società: il modo in cui viviamo, mangiamo, ci muoviamo e diamo energia alle nostre società non possono rimanere gli stessi

La pandemia è destinata a tracciare il solco tra il “prima” e il “dopo” e nessun settore della vita economica e sociale potrà tornerà ad essere com’era “prima”

Il Covid-19 ha innescato un’azione improvvisa e energica – conclude il briefing dell’AEA – Le emergenze hanno le loro dinamiche e rischi, non da ultimo per la democrazia e la legalità. Eppure, abbiamo visto che, dove c’è una volontà, c’è la possibilità. Riflettere sulla mobilitazione e sull’impatto senza precedenti delle risposte al Covid-19 può ispirare nuovi modi di pensare e aiutare l’umanità a cogliere l’attimo e apportare un cambiamento. Se riusciamo a chiudere temporaneamente parti della società per sopravvivere alla minaccia del Covid-19, sembra del tutto ragionevole poter apportare cambiamenti sociali significativi per prevenire Covid-22, -25 o -30, per non parlare delle altre minacce dovute al cambiamento climatico e degrado ambientale che molto probabilmente dovremo affrontare”.

In copertina: Guillaume de Germain su UNSPLASH.

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