Il Rapporto “I territori e lo sviluppo sostenibile” dell’ASviS conferma che l’Italia e i suoi territori non raggiungeranno la sostenibilità economica, sociale e ambientale entro i termini stabiliti dal Piano d’azione dell’ONU al 2030, salvo che le risorse del Next Generation EU siano utilizzate per contribuire a portare il Paese fuori dalla crisi nel segno dello sviluppo sostenibile.
L’Italia è ancora lontana dalla sostenibilità economica, sociale e ambientale, nonostante sempre più regioni, province e città metropolitane guardino al futuro e pianifichino le loro strategie usando l’Agenda 2030 dell’ONU.
Lo si apprende dal nuovo Rapporto “I territori e lo sviluppo sostenibile” elaborato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) che riunisce oltre 280 tra le più importanti istituzioni e reti della società civile, e presentato in diretta streaming il 15 dicembre 2020.
Si tratta di unostrumento unico e innovativo che misura se e in che tempi il Paese e i suoi territori riusciranno a raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs nell’acronimo inglese) dell’Agenda ONU a 10 anni dalla scadenza del Piano d’azione sottoscritto nel 2015 da 193 Paesi, inclusa l’Italia.
Il Rapporto descrive anche l’impegno delle istituzioni locali per disegnare e realizzare piani strategici in linea con l’Agenda 2030. Con l’elaborazione di indicatori compositi per regioni e province relativi agli SDGs – che sintetizzano oltre 100 indicatori elementari riferiti al periodo 2010-2019, e di misure delle distanze dai Target previsti per il 2030 per città metropolitane e aree urbane, l’ASviS integra il Rapporto 2020 pubblicato a ottobre mostrando il forte ritardo – aggravato dalla crisi pandemica – verso l’attuazione dell’Agenda 2030 e simulando l’andamento del Paese e dei suoi territori (regioni, province e città metropolitane) in chiave prospettica, sui prossimi dieci anni.
Con riferimento al raggiungimento degli Obiettivi entro il 2030, dall’analisi basata sulle tendenze degli ultimi anni emerge che l’Italia potrebbe riuscire a centrare i target quantitativi associati a 3 Goal: Goal 2 (Quota di coltivazioni destinate a colture biologiche); Goal 3 (Tasso di mortalità per le maggior cause) e Goal 16 (Affollamento degli istituti di pena).
Un progressivo avvicinamento ai target quantitativi si potrebbe determinare in 4 casi: Goal 4 (Uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione e Quota di laureati e altri titoli terziari); Goal 7 (Quota di energia da fonti rinnovabili) e Goal 13 (Quota di emissioni di gas serra), obiettivi principali del Green Deal europeo.
Negative o decisamente negative appaiono invece le tendenze per i rimanenti 14 target quantitativi: Goal 1 (Quota di persone a rischio povertà ed esclusione sociale), Goal 2 (Uso dei fertilizzanti), Goal 3 (Incidenti stradali), Goal 5 (Parità di genere nel tasso di occupazione), Goal 6 (Efficienza delle reti idriche), Goal 8 (Tasso di occupazione 20-64 anni), Goal 9 (Spesa per ricerca e sviluppo), Goal 10 (Disuguaglianza del reddito disponibile), Goal 11 (Qualità dell’aria e offerta del trasporto pubblico), Goal 12 (Produzione di rifiuti), Goal 14 (Aree marine protette), Goal 15 (Consumo di suolo e Aree protette terrestri), Goal 16 (Durata dei procedimenti civili).
“Le analisi dell’ASviS mostrano chiaramente che l’Italia non è su un sentiero in linea gli Obiettivi dell’Agenda 2030 e la crisi in atto impatta negativamente su ben nove di essi – ha commentato il Presidente dell’ASviS Pierluigi Stefanini – Per questo è necessaria e urgente una mobilitazione di tutte le energie sociali, civili, economiche e istituzionali del Paese ed è fondamentale l’impegno dei territori, e delle loro istituzioni, senza i quali non sarebbe possibile per il Paese raggiungere la sostenibilità economica, sociale e ambientale entro i termini stabiliti dal piano d’azione dell’ONU”.
Oltre a fornire un’analisi dell’impatto della pandemia sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per l’Italia, il nuovo Rapporto dell’ASviS presenta per la prima volta un quadro statistico integrato e una valutazione della situazione e delle iniziative in corso a livello di regioni, province, città metropolitane e aree urbane. Inoltre, viene fornito un quadro completo delle politiche nazionali per i territori (Piano Sud 2030, Strategia nazionale per le aree interne, ecc.) e delle iniziative assunte a livello regionale e dalle città metropolitane per programmare strategie integrate di sviluppo basate sull’Agenda 2030.
Da tale analisi emerge un dato quasi paradossale: gran parte delle regioni e delle città metropolitane usano l’Agenda 2030 come riferimento concettuale e come strumento pratico per coordinare meglio le politiche settoriali di propria competenza, mentre il Governo stenta ancora ad allinearsi a questa impostazione, se non all’interno del Piano Sud 2030.
“In un momento storico, in cui il governo decide il futuro del Paese definendo del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza per accedere alle risorse del Next Generation EU, abbiamo voluto offrire un quadro statistico unico e una visione prospettica sia dell’Italia sia dei territori chiamati a realizzare le politiche necessarie per contribuire a portare il Paese fuori dalla crisi nel segno dello sviluppo sostenibile – ha sottolineato Enrico Giovannini, portavoce dell’ASviS – Il lavoro dell’ASviS fa emergere disuguaglianze, punti di forza e debolezza, ma soprattutto rivela, grazie all’analisi dei diversi territori, un’Italia attiva, resiliente e impegnata a realizzare il cambiamento, con risultati che in molti casi appaiono in grado di ridurre le distanze tra le diverse aree del Paese”.
Alla luce delle evidenze del Rapporto “Pacchetto di investimenti per lo sviluppo sostenibile delle città e dei territori” , elaborato dall’ASviS nei mesi scorsi, e le principali proposte di politiche economiche, sociali e ambientali illustrate del Rapporto 2020 di ottobre si confermano indispensabili per accelerare il cammino dell’Italia e dei suoi territori verso l’attuazione dell’Agenda 2030, soprattutto alla luce degli effetti della crisi in corso.
Per quanto riguarda le regioni, gli indicatori compositi mettono in evidenza il loro posizionamento e andamento negli anni 2010-2019 per ogni Obiettivo di sviluppo sostenibile in relazione al dato nazionale, mentre gli indicatori relativi ai target quantitativi, oltre a misurare la distanza dai singoli obiettivi, ci dicono se, considerate le tenenze osservate negli ultimi anni, essi potranno essere o meno raggiunti. Ad esempio, oltre il 90% delle regioni e delle province autonome ha raggiunto o raggiungerà il 25% di superficie agricola utilizzata da coltivazioni biologiche; circa il 70% ridurrà del 25% rispetto al 2013 il tasso di mortalità per le principali cause tra i 30 e i 69 anni; oltre il 60% riuscirà a ridurre al 10% la quota di uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione (18-24 anni) e circa il 50% a raggiungere una quota del 32% di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia.
Di contro, oltre i due terzi delle regioni e delle province autonome si stanno allontanando o non si avvicineranno ai target relativi a: riduzione della quota di fertilizzanti distribuiti in agricoltura del 20% rispetto al 2018 e del tasso di feriti per incidente stradale del 50% rispetto al 2010); raggiungimento della parità di genere nel rapporto di femminilizzazione del tasso di occupazione (20-64 anni) e di una quota dell’80% nell’efficienza delle reti di distribuzione dell’acqua potabile; riduzione a 4,2 dell’indice di disuguaglianza del reddito disponibile; aumento del 26% dei posti-km offerti dal trasporto pubblico locale rispetto al 2004; riduzione del 27% dei rifiuti urbani prodotti pro-capite del rispetto al 2003; raggiungimento di una quota del 10% di aree protette marine; azzeramento entro il 2050 dell’incremento annuo di suolo consumato.
Il Rapporto presenta anche le mappe delle province relative ai 12 Goal per i quali sono disponibili informazioni sufficienti al calcolo di indicatori compositi. Infine, dedica un capitolo a 44 buone pratiche territoriali messe in campo da soggetti istituzionali e non, e al ruolo della Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile (RUS), prima esperienza di coordinamento e condivisione tra gli Atenei italiani (attualmente 78) impegnati sui temi della sostenibilità.