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SNPA: presentato il 1° Rapporto sulla qualità dell’aria in Italia

Il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), costituto da ISPRA e ARPA/APPA ha presentato il 1° Rapporto “La Qualità dell’aria in Italia” che riporta lo stato e i trend dell’inquinamento atmosferico nel nostro Paese dal 2009-2019. Un Capitolo a parte presenta la qualità dell’aria nelle varie regioni durante il periodo del lockdown per le misure di contenimento del COVID-19.

Il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), il sistema a rete costituito da ISPRA e dalle Agenzie ambientali regionali (ARPA) e delle province autonome (APPA), ha presentato il Rapporto “La Qualità dell’aria in Italia” che riporta lo stato e il trend della qualità dell’aria nel periodo 2009-2019.

L’inquinamento atmosferico determinato dalle attività antropiche è un fattore riconosciuto di rischio per la salute umana e per gli ecosistemi. L’inquinamento atmosferico dipende in modo complesso da una serie di fattori: l’intensità e la densità delle emissioni su microscala su scala locale e regionale; lo stato fisico e la reattività delle sostanze disperse in atmosfera; le condizioni meteorologiche e l’orografia del territorio che influenzano il movimento delle masse d’aria, i meccanismi di diluizione o di accumulo degli inquinanti, la velocità di formazione e trasformazione delle sostanze, il trasporto a lunga distanza e la deposizione. Alcuni fenomeni si sviluppano su scale spaziali continentali, come nel caso del trasporto transfrontaliero delle sostanze acidificanti. Hanno, invece, una rilevanza globale le emissioni di sostanze che contribuiscono ai cambiamenti climatici e alle variazioni dello strato di ozono stratosferico.

Le reti di monitoraggio, gestite in Italia dalle ARPA/APPA, sono il principale strumento per la valutazione della qualità dell’aria, intesa come l’insieme delle attività che hanno come obiettivo quello di verificare se sul territorio siano rispettati i valori limite e raggiunti gli obiettivi stabiliti al fine di prevenire, eliminare o ridurre gli effetti avversi dell’inquinamento atmosferico per la salute umana e per l’ecosistema.

Il Rapporto di SNPA contiene i principali indicatori descrittivi dello stato della qualità dell’aria in Italia, con riferimento al materiale particolato aerodisperso (PM10 e PM2,5), al biossido di azoto (NO2), all’ozono troposferico (O3), al benzo(a)pirene, ad alcuni elementi ad altra rilevanza tossicologica (arsenico, cadmio, nichel e piombo) e ad altri inquinanti gassosi (biossido di zolfo, monossido di carbonio e benzene).

Per ciascun inquinante, a partire dai dati di concentrazione rilevati nelle oltre 600 stazioni di monitoraggio attive sul territorio nazionale, messi a disposizione dal SNPA, sono stati calcolati i parametri statistici da confrontare con gli obiettivi ambientali per la salute umana e la vegetazione stabiliti dalla normativa vigente e con i valori di riferimento stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per la protezione della salute umana (OMS-AQG, 2006), nonché le statistiche descrittive con i principali indici di posizione.

Ne emerge come a tutt’oggi vengano superati i valori limite e i valori obiettivo previsti dalla legislazione, per il materiale particolato, il biossido di azoto, l’ozono troposferico e il benzo(a)pirene in diverse parti d’Italia. Inoltre gli obiettivi, più stringenti, dell’OMS sono ancora lontani dall’essere raggiunti.

Al riguardo si segnala che la Commissione UE La Commissione UE è decisa ad affrontare il divario i limiti previsti dalla normativa europea e quelli dell’OMS, proponendo la revisione degli standard dell’UE nell’ambito del Piano d’azione sull’inquinamento zero previsto dal Green Deal europeo, che sarà presentato nel secondo trimestre del 2021 sotto forma di comunicazione, e sul quale è stata aperta una pubblica Consultazione pubblica (scadenza 10 febbraio 2021)

Nel quadro europeo, l’Italia con il bacino padano, rappresenta ancora una delle aree dove l’inquinamento atmosferico è più rilevante.

Il Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) sulla qualità dell’aria in Europa pubblicato il 23 novembre 2020, stima che in Italia siano 52.300 le morti premature ogni anno causate da elevati livelli di particolato fine (PM2,5), 10.400 quelle dovute al biossido di azoto (NO2) e 3.000 quelle per l’ozono (O3).

Tant’è che la Corte di giustizia europea con la Sentenza pubblicata il 10 novembre 2020 il nostro Paese per essere “venuto meno all’obbligo sancito dal combinato disposto dell’articolo 13 e dell’allegato XI della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa”.

Nel frattempo, la Commissione UE aveva aggiornato in data 30 ottobre 2020 il pacchetto di infrazioni di ottobre con l’inserimento della Lettera di costituzione in mora nei confronti dell’Italia nostro Paese perché “I dati disponibili per l’Italia dimostrano che sin dal 2015 il valore limite per il PM2,5 non è stato rispettato in diverse città della valle del Po (tra cui Venezia, Padova e alcune zone nei pressi di Milano). Inoltre le misure previste dall’Italia non sono sufficienti a mantenere il periodo di superamento il più breve possibile”. 

Il Rapporto SNPA testimonia che le concentrazioni di biossido di zolfo, monossido di carbonio, benzene e piombo nel nostro Paese sono diminuite in modo significativo e già nella seconda metà degli anni 2000, raggiungendo livelli minimi e ampiamente al di sotto delle soglie previste per la protezione della salute umana e degli ecosistemi, ma per il particolato (PM10 e PM2,5), il biossido di azoto, l’ozono troposferico e il benzo(a)pirene sono gli inquinanti per i quali si registra a tutt’oggi, in diverse zone del Paese, , il mancato rispetto dei valori limite di legge.

Il capitolo, in allegato al Rapporto, “La qualità dell’aria in Italia durante il lockdown” mette in evidenza regione per regione, come le misure di contenimento della pandemia di Covid-19 abbiano avute ripercussioni sulla drastica riduzione di alcune sorgenti (traffico e attività produttive) dei principali inquinanti.

In un contesto così drammatico, scandito dal rapido succedersi degli esiti sanitari, e dalla febbrile ricerca di soluzioni atte almeno a contenere e gestire l’afflusso dei pazienti nelle strutture di cura, il tema dell’inquinamento atmosferico si è rivelato strategico, sia pure a latere dell’elemento principale che è stato la diffusione del Covid-19, per due sostanziali motivi:
– il primo, riguarda le ipotesi di possibili relazioni tra esposizione all’inquinamento atmosferico e suscettibilità all’infezione, oggi oggetto di diversi studi e approfondimento da parte della comunità scientifica internazionale;
– Il secondo è legato al fatto che, oggettivamente, la situazione che si è venuta a creare, ha stimolato l’interesse di addetti ai lavori e non, riguardo agli effetti che una riduzione estesa a diverse sorgenti antropiche e generalizzata sul territorio nazionale, potesse avere sulla qualità dell’aria.

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