La III edizione del Rapporto biennale di IRENA e CPI rileva che gli investimenti per le rinnovabili, compresi quelli per l’efficienza energetica, hanno raggiunto livelli record, ma sono meno del 40% di quelli che sarebbero necessari e sono troppo forti le disuguaglianze a livello regionale, senza contare che gli investimenti nei combustibili fossili sono tornati a crescere.
Gli investimenti globali nelle tecnologie per la transizione energetica, compresa l’efficienza energetica, hanno raggiunto un livello record di 1,3 trilioni di dollari nel 2022. Tuttavia, gli investimenti annuali devono almeno quadruplicare per rimanere sulla buona strada per raggiungere lo scenario di 1,5 °C del World Energy Transitions Outlook della Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA). Anche gli investimenti nelle energie rinnovabili sono stati senza precedenti (0,5 trilioni di dollari), ma hanno rappresentato meno del 40% dell’investimento medio necessario ogni anno. Inoltre, gli investimenti non fluiscono al ritmo o alla scala necessari per accelerare i progressi verso l’accesso universale all’energia; gli investimenti in soluzioni di energia rinnovabile off-grid nel 2021 (0,5 miliardi di dollari) sono stati ben al di sotto dei 2,3 miliardi di dollari necessari ogni anno.
È quanto rileva il Rapporto “Global Landscape of Renewable Energy Finance 2023”, pubblicato congiuntamente il 22 febbraio 2023 in occasione della Conferenza internazionale sulle energie rinnovabili (Madrid, 20-23 febbraio 2023) a IRENA e Climate Policy Initiative (CPI), gruppo di ricerca indipendente senza scopo di lucro e organizzazione internazionale per le politiche climatiche,
Si tratta della III edizione del Rapporto biennale congiunto che analizza le tendenze degli investimenti per tecnologia, settore, regione, fonte di finanziamento e strumenti finanziari nel periodo 2013-2020 e approfondimenti e dati preliminari per il 2021 e il 2022, identificando le carenze di finanziamento per sostenere l’elaborazione di politiche informate per la diffusione delle energie rinnovabili nella scala necessaria per accelerare la transizione energetica.
Ne emerge che nel 2020, il solo solare fotovoltaico ha attirato il 43% degli investimenti totali nelle rinnovabili, seguito dall’eolico onshore e offshore rispettivamente al 35% e al 12%. Sulla base dei dati preliminari, questa concentrazione sembra essere continuata fino al 2022. Tuttavia, per supportare al meglio la transizione energetica è necessario che maggiori fondi affluiscano a tecnologie meno mature e ad altri settori, oltre all’elettricità, come il riscaldamento e raffrescamento e l’integrazione di sistemi.

Confrontando il finanziamento delle energie rinnovabili tra Paesi e Regioni, il rapporto mostra che le evidenti disparità sono aumentate in modo significativo negli ultimi sei anni. Circa il 70% della popolazione mondiale, residente principalmente nei paesi in via di sviluppo ed emergenti, ha ricevuto solo il 15% degli investimenti globali nel 2020. L’Africa sub-sahariana, ad esempio, ha ricevuto meno dell’1,5% dell’importo investito a livello globale tra il 2000 e il 2020. Nel 2021, l’investimento pro capite in Europa è stato 127 volte superiore a quello dell’Africa subsahariana e nel Nord America 179 volte superiore.
Il Rapporto sottolinea come i prestiti ai Paesi in via di sviluppo che cercano di implementare le energie rinnovabili debbano essere riformati e che è necessario che il finanziamento pubblico svolga un ruolo molto più forte, oltre a mitigare i rischi di investimento. Stante i limitati fondi pubblici disponibili nei Paesi in via di sviluppo, il Rapporto chiede una più forte collaborazione internazionale, compreso un sostanziale aumento dei flussi finanziari dal Nord al Sud del mondo.
“Affinché la transizione energetica migliori la vita e i mezzi di sussistenza, i governi e i partner per lo sviluppo devono garantire un flusso di finanziamenti più equo, riconoscendo i diversi contesti e le diverse esigenze – ha affermato il Direttore generale dell’IRENA, Francesco La Camera – Questo rapporto congiunto sottolinea la necessità di indirizzare i fondi pubblici verso regioni e paesi con un grande potenziale di energie rinnovabili non sfruttato, ma che hanno difficoltà ad attrarre investimenti. La cooperazione internazionale deve mirare a indirizzare questi fondi verso quadri politici abilitanti, lo sviluppo di infrastrutture per la transizione energetica e per affrontare i persistenti divari socio-economici”.
Il raggiungimento di una transizione energetica in linea con lo scenario di 1,5 °C richiede anche lo spostamento di 0,7 trilioni di dollari all’anno dai combustibili fossili alle tecnologie legate alla transizione energetica. Purtroppo, osserva il Rapporto, dopo un breve calo nel 2020 dovuto al Covid-19, gli investimenti in combustibili fossili sono tornati a crescere. Alcune grandi banche multinazionali hanno persino aumentato i loro investimenti in combustibili fossili a una media di circa 0,75 trilioni di dollari all’anno dall’Accordo di Parigi.
Inoltre, l’industria dei combustibili fossili continua a beneficiare dei sussidi, che sono raddoppiati nel 2021 in 51 Paesi. La graduale eliminazione degli investimenti in risorse di combustibili fossili dovrebbe essere accompagnata dall’eliminazione dei sussidi per creare condizioni di parità con le energie rinnovabili. Tuttavia, si sottolinea che l’eliminazione graduale delle sovvenzioni deve essere accompagnata da un’adeguata rete di sicurezza per garantire standard di vita adeguati alle popolazioni vulnerabili.

“Il percorso verso lo zero netto può avvenire solo con una transizione energetica giusta ed equa – ha osservato Barbara Buchner, Amministratore delegato di CPI – Mentre i nostri numeri mostrano che lo scorso anno ci sono stati livelli record di investimenti per le energie rinnovabili, è assolutamente necessaria una maggiore scalabilità per evitare pericolosi cambiamenti climatici, in particolare nei paesi in via di sviluppo”.