Energia Fonti rinnovabili

RER 2024 di E&S Group: la ripresa è già finita?

L’annuale Rapporto sulle Energie Rinnovabili (RER 2024) dell’Energy & Strategy Group del POLIMI presentato il 29 maggio 2024 nel corso di un evento dedicato segnala che lo scorso anno è stato un anno record con l’installazione di capacità di energia rinnovabile per 5,7 GW, soprattutto fotovoltaica, che tuttavia è nettamente inferiore a quella che sarebbe necessaria (9 GW) per gli obiettivi del PNIEC, e che rischia di essere stata una “vampata” di breve durata se non si pone fine ai ritardi normativi nell’approvazione dei decreti incentivanti e di misure “abilitanti” che stanno causando problematiche per gli impianti di grande taglia.

Il 2023 è stato un anno record per l’Italia nell’installazione di capacità di energia rinnovabile: 5,7 GW, quasi interamente attribuibili al fotovoltaico (5,2 GW), che fanno salire l’installato complessivo a 69 GW. Un notevole salto in avanti rispetto agli anni precedenti, quando si è arrivati ad appena 1,3 GW, nel 2021, e a 3 GW, nel 2022, e che tuttavia non permette al Paese di essere allineato con gli obiettivi di decarbonizzazione di 9 GW l’anno di installazioni secondo il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC).

È quanto emerge dall’edizione 2024 del Renewables Energy Report dell’Energy&Strategy (E&S) Group della School of Management del Politecnico di Milano (POLIMI), presentato il 29 maggio 2024 nel corso di un evento dedicato, che si pone l’obiettivo di analizzare in maniera critica i progressi a livello nazionale per il raggiungimento degli obiettivi relativi alle energie rinnovabili in Italia, considerando sia gli aspetti tecnologici e di mercato che quelli normativi.

La causa principale del mancato allineamento al PNIEC risiede nelle difficoltà di sviluppo degli impianti di grande taglia, frenati da polemiche sull’impatto del consumo di suolo e da un sistema di aste per le tariffe di remunerazione dell’energia prodotta non più in linea con i reali costi degli impianti e il mercato energetico, con il rischio concreto che la crescita registrata nel triennio 2021-2023 possa svanire, con effetti negativi sull’indotto: nel 2023 il settore delle rinnovabili ha generato un volume d’affari di 9-10 miliardi di euro.

Gli impianti di grande taglia non crescono sia nel fotovoltaico (gli impianti di piccola taglia sono oltre il 95% delle nuove installazioni e coprono quasi la metà della potenza addizionale) sia nell’eolico, che infatti ha contribuito con soli 500 MW al record del 2023 – ha confermato Davide Chiaroni, co-fondatore di E&S e responsabile dello studio – Ciò accade anche perché le aste fissate dal Decreto ministeriale FER 1 del 2019 non hanno mai rappresentato un vero acceleratore del mercato, nonostante ben 13 bandi aperti da allora: la maggior parte di essi, per una combinazione di fattori quali la complessità e la lungaggine dei sistemi autorizzativi e l’inadeguatezza della base d’asta per le tariffe, sono andati deserti o quasi. Nel 2025-2026 ci attendiamo quindi un forte rallentamento delle installazioni dovuto ai ritardi normativi nell’approvazione dei decreti incentivanti e delle misure abilitanti necessari agli impianti di grande taglia. Questo ci porta a stimare che nel prossimo biennio non si andrà oltre gli 1-1,5 GW l’anno per il fotovoltaico e ai 400-500 MW per l’eolico, ben distanti dai 7 GW e 2 GW, rispettivamente, imprescindibili per raggiungere gli obiettivi del PNIEC al 2030. È un rischio che non possiamo correre, anche per l’impatto positivo che le rinnovabili hanno sull’economia del Paese: solo nel 2023 hanno contribuito a generare un volume d’affari di 9-10 miliardi di euro, il 60% dei quali, secondo la nostra analisi, rimasto ad aziende localizzate in Italia, e un altro 20% comunque in Europa. Abbiamo oltre 25.000 imprese impegnate in attività legate a sviluppo, gestione e manutenzione degli impianti di rinnovabili o che producono componentistica, dagli inverter agli altri componenti elettrici, a strutture e materali necessari alle installazioni (purtroppo non si può dire lo stesso di elementi fondamentali come moduli e turbine). Senza un impegno continuo e coordinato da parte dei decisori politici, delle istituzioni e degli attori del settore non realizzeremo il nostro pieno potenziale”.

Un aspetto cruciale da considerare è il Levelized Cost of Electricity (LCOE) per gli impianti fotovoltaici ed eolici di grande taglia che secondo l’analisi condotta da Energia & Strategy si attesa tra i 65 e gli 80 €/MWh, nel primo caso, e tra i 90 e i 100 €/MWh, nel secondo. Se però si aggiunge la necessità di remunerazione del capitale di chi fa un investimento di questo tipo, l’LCOE adjusted, ossia il “valore soglia”, perché sia redditizio cresce di altri 5-10 €/MWh per ogni punto percentuale aggiuntivo di costo del capitale da remunerare.

Non è un caso, quindi, che con una base d’asta fissata a 70 €/MWh il Decreto FER 1 del 2019 non abbia negli ultimi anni prodotto risultati importanti, e che solo nell’ultima asta, con il valore alzato a 77,6 €/MWh, si sia vista una partecipazione più nutrita di impianti, permettendo l’avvio di progetti – probabilmente in attesa da tempo – per circa 1 GW. Lo stesso problema, se le tariffe di base non verranno aggiustate di conseguenza, potrebbe verificarsi con il nuovo Decreto FER X, di cui si attende a breve l’uscita.

Non è soltanto la base d’asta del FER X a rappresentare tuttavia un punto di discussione. Sono tante, forse troppe, le criticità della normativa italiana, con i ritardi ormai cumulati dal decreto Aree Idonee e l’incertezza sul futuro del meccanismo dello Scambio sul Posto.

Al riguardo si segnala che sulla GUUE del 21 maggio 2024 sono state pubblicate la Raccomandazione sull’accelerazione delle procedure autorizzative per l’energia da fonti rinnovabili e i progetti infrastrutturali correlati e la Raccomandazione sulla progettazione delle aste per le energie rinnovabili, con le allegate guide, adottate dalla Commissione UE in occasione dei due anni del REPowerEU, per aiutare gli Stati membri ad accelerare la diffusione delle energie rinnovabili.

Per E&S Group, bisogna prestare attenzione anche alle taglie piccole e medie. Gli impianti fotovoltaici di media-piccola taglia (residenziali, commerciali e industriali) garantiscono una buona redditività alle attuali condizioni di mercato, con un ritorno dell’investimento intorno ai 10 anni per le casistiche analizzate. Tuttavia, qualora uno dei principali strumenti incentivanti, ossia lo Scambio Sul Posto (SSP), dovesse davvero terminare a fine 2024, i risultati di tutti i casi analizzati, specialmente per commerciale e industriale, sarebbero significativamente peggiori. Si stima che il tempo di ritorno dell’investimento crescerebbe dagli attuali 10 – 11 anni a 17 – 18 anni, rendendo quindi molto difficile un investimento.

E non bisogna dimenticarsi dell’installato. Tra il 2016 e il 2020, la perdita di generazione “reale” degli impianti fotovoltaici in Italia è stata pari all’8%, circa il doppio della degradazione “fisiologica”. In tale contesto, i rifacimenti, i potenziamenti, e gli interventi di integrale ricostruzione del parco rappresentano delle leve significative verso la decarbonizzazione. I 13 bandi per i rifacimenti hanno mostrato però in media una saturazione del contingente del 10%, e hanno incentivato solo circa 15 MW di capacità eolica. Inoltre, solamente 210 MW di impianti eolici sono stati incentivati tramite le aste per le integrali ricostruzioni e i potenziamenti.

È un rischio che non possiamo correre, visto l’impatto delle rinnovabili (anche a dispetto di quanto solitamente indicato) nel nostro Paese. Fotovoltaico ed eolico hanno contribuito a generare un volume d’affari di 9 – 10 miliardi di € nel corso del 2023 per attività legate all’installazione di nuovi impianti e alla gestione del parco esistente. Di questi, lo studio di E&S stima che oltre il 60% sia rimasto ad aziende localizzate sul territorio italiano, e un ulteriore 20% in altri Paesi europei. In Italia vi sono oltre 25.000 aziende che operano sul territorio per attività legate allo sviluppo, gestione o manutenzione degli impianti rinnovabili o relativamente alla componentistica (nonostante la produzione domestica di moduli e turbine sia quasi trascurabile), includendo quindi la produzione di inverter e altra componentistica elettrica, strutture e materie prime necessarie per – le installazioni.

Il rischio, quanto mai concreto, è che la “vampata” di crescita del triennio 2021-2023 sia destinata a svanire, con un forte rallentamento delle installazioni, dovuto ai ritardi normativi nell’approvazione dei decreti incentivanti e di misure “abilitanti” che stanno causando problematiche per gli impianti di grande taglia.

Lo stop si rischia con l’esaurimento della coda del superbonus, che ha alimentato la crescita dei piccoli impianti, e l’assenza di un sistema di aste con tariffe in linea con il reale costo degli impianti, per sostenere la ripresa degli investimenti nelle grandi taglie – ha sottolineato osservato Chiaroni – Nel 2025-2026 ci attendiamo un forte rallentamento delle installazioni, non andando oltre gli 1-1,5 gigawatt l’anno per il fotovoltaico e ai 400-500 megawatt per l’eolico, ben distanti dai 7 gigwatt e 2 gigawatt, imprescindibili per gli obiettivi al 2030”.   


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