Cambiamenti climatici Clima

Nuove speranze di limitare il riscaldamento a +1,5 °C?

nuove speranze di limitare il riscaldamento

Il conseguimento di uno degli obiettivi chiave dell’Accordo di Parigi ovvero che “entro la fine del secolo l’aumento della temperatura media sia ben al di sotto dei 2 °C e di perseguire ogni sforzo per limitarla a 1,5 °C, rispetto ai livelli pre-industriali“, è ancora possibile, ma richiede obiettivi di riduzione delle emissioni più ambiziosi degli impegni finora presi.

È questa la conclusione di un nuovo Studio, e il titolo stesso dell’articolo (“Emission budgets and pathways consistent with limiting warming to 1.5°C“) pubblicato online il 18 settembre 2017 su Nature Geoscience, coordinato dall’Università di Oxford con il coinvolgimento di ricercatori di altre università britanniche (Exter e Londra) e di diversi altri partner nazionali ed internazionali, che fornisce le stime aggiornate sul rimanente “budget di carbonio” ovvero della quantità totale di emissioni di CO2 che possiamo rilasciare in atmosfera, senza superare +1,5 °C alla fine del secolo.

I risultati dello Studio stanno già facendo discutere la comunità degli scienziati del clima.L’ultimo Rapporto di valutazione (A5R) del Gruppo Intergovernativo delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (IPCC) diffuso alla fine del 2014, infatti, aveva indicato che per poter rimanere al di sotto dei +2 °C le emissioni globali dovrebbero diminuire del 40-70% tra il 2010 e il 2050, per poi declinare fino allo zero entro il 2100. Ora, secondo i calcoli effettuati dagli autori dello studio, con una probabilità del 66% di rimanere entro +1,5 °C, basterebbe emettere 880 miliardi di tonnellate di CO2, contro i 250 miliardi che deriverebbero dal Rapporto dell’IPCC.
Limitare le emissioni totali di CO2 dall’inizio del 2015 a 240 miliardi di tonnellate di carbonio (880 miliardi di tonnellate di CO2 ), per circa 20 anni agli attuali tassi – ha dichiarato il Dott. Richard Millar, ricercatore post-dottorato della Oxford Martin Net Zero Initiative presso l’Università di Oxford e principale autore dello Studio – avrebbe delle probabilità di centrare l’obiettivo di Parigi“.

Finora, il riscaldamento globale è aumentato di 0,9 °C dalla fine dell’Ottocento, pertanto ci sarebbe un budget di 0,6 °C per non superare quel limite che molti scienziati considerano di non ritorno (tipping point).

Millar in un articolo ospitato Carbon Brief, il sito inglese che si occupa di politiche energetiche e ambientali, ha spiegato che il fattore più importante in termini di futuro global warming è la quantità cumulativa di emissioni di CO2, dovuta ai tempi molto lunghi del ciclo del carbonio naturale, che determina un riscaldamento che persiste per migliaia di anni. Questo fa sì che che scienziati e responsabili politici si concentrino sulla quantità totale di CO2 rilasciata in atmosfera, piuttosto che il flusso in un determinato anno, come è avvenuto nel Rapporto dell’IPCC.

Per valutare l’eccezionale “bilancio globale del carbonio” i ricercatori hanno utilizzati 3 approcci:
– la ri-valutazione delle prove fornite da Earth System Models (i programmi informatici che simulano la fisica fondamentale dell’oceano, dell’atmosfera e del ciclo del carbonio, offrendo stime di bilanci per future emissioni che potrebbero essere compatibili con + 1,5 °C) che mostrano un livello cumulativo leggermente minore di quanto constatato nella realtà;
– l’utilizzazione di un modello con complessità intermedia;
– la valutazione delle implicazioni degli intervalli attuali di incertezza nelle caratteristiche del sistema climatico, utilizzando un modello semplice in grado di tener conto del clima attuale e di incertezze importanti come la reazione esatta dell sistema climatico alle emissioni di CO2.

In tutti i casi sono stati presi in considerazione sia il livello delle emissioni che l’aumento di temperatura, e il risultato è stato di 730 miliardi di tonnellate di CO2 nel primo caso, di 880 miliardi nel secondo caso e di 920 miliardi usando un modello semplice.

Le stime precedenti del bilancio di carbonio per rimanere entro i + 1,5 °C, basate sull’ultimo Rapporto di Valutazione dell’IPCC (AR5) sono risultate di circa quattro volte inferiori – ha osservato il Prof. Pierre Friedlingstein dell’Università di Exter, Consulente per i bilanci del carbonio per l’IPCC e co-autore dello Studio – Quindi, questa è una buona notizia per la realizzazione degli obiettivi di Parigi. La quinta valutazione non ha affrontato in modo specifico le implicazioni dell’obiettivo molto ambizioso di 1,5 °C, mentre in questo caso noi abbiamo utilizzato molteplici evidenze sperimentali. L’ambizione di Parigi ha sorpreso gran parte della comunità scientifica“.

Se l’obiettivo di +1,5 °C è possibile geofisicamente, è sostenibile anche economicamente, socialmente e politicamente?

Per evitare che i politici possano trarre conclusioni errate circa il margine di manovra più ampio rispetto a quanto si pensasse, i ricercatori hanno sottolineato che dal loro studio emerge la necessità di politiche aggressive di mitigazione fin da oggi, non già al più tardi fra 5-10 anni come previsto in altri scenari.
Questa ricerca dimostra che gli obiettivi di Parigi sono raggiungibili, ma chiarisce anche qual è l’impegno sotteso per ‘perseguire gli sforzi per limitare l’aumento a 1,5 °C’ – ha concluso il Prof. Michael Grubb dell’University College di Londra – A partire dalla revisione globale che deve essere fatta l’anno prossimo, i Paesi devono uscire dal carbone e rafforzare i loro attuali target in modo da mantenere aperta la finestra per gli obiettivi di Parigi. Più presto le emissioni globali inizieranno a diminuire, minore sarà il rischio non solo di uno sconvolgimento climatico, ma anche di quello economico che altrimenti potrebbe derivare dalla necessità di riduzioni successive a tassi storicamente senza precedenti, se l’azione a breve termine dovesse rimanere inadeguata“.

Per alcuni analisti i risultati offrirebbero una sponda all’Amministrazione Trump per ripensare la decisione di uscire dall’Accordo di Parigi, dal momento che

le misure da intraprendere sarebbero economicamente più sostenibili, purché attuate fin da subito. Tant’è che nei giorni scorsi è circolata sui media la dichiarazione attribuita a Miguel Arias Cañete che, a margine di una riunione dei Ministri dell’Ambiente a Montreal, ha affermato che gli Stati Uniti “non rinegozieranno l’Accordo di Parigi, ma cercheranno di esaminare i termini in cui potrebbero esservi impegnati in questo accordo – ha affermato il al Commissario UE per l’Azione climatica e l’Energia – È un messaggio che è molto diverso da quello che abbiamo sentito dalPresidente Trump in passato“.

Interpellato sulle conclusioni dello Studio, l’autorevole e scomodo scienziato del clima presso la Pennsylvania State University, Michael Mann, l’autore del grafico più famoso della scienza del clima che, mostrando l’andamento della temperatura degli ultimi 1000 anni nell’emisfero settentrionale, evidenziava un brusco aumento nella seconda meta del XX secolo tale da somigliare al profilo di una mazza da hockey (Hockey Stick), si è detto “piuttosto scettico” ed ha sostenuto che “la maggior parte degli studi hanno sempre sottovalutato il quantitativo di carbonio che si sta ammassando nell’atmosfera“.

Quello che il nostro studio indica è che mantenere il riscaldamento a + 1,5 °C – ha commentato con maggior cautela Joeri Roeglj, dell’Istituto Internazionale per l’Analisi dei Sistemi Applicati (IIASA) di Schloss Laxenburg (Austria) – è diventato da impossibile a molto difficile“.
Sarà la prossima “Relazione speciale sul riscaldamento globale a +1,5 °C” dell’IPCC, prevista per ottobre 2018, a dare delle risposte in merito.

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