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La mobilità sostenibile cardine strategico per una green economy

mobilità sostenibile cardine strategico per una green economy

Presentata la ricerca, effettuata dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile con il supporto di Assogasliquidi e Consorzio Ecogas, che analizza le potenzialità “green” dello sviluppo dei veicoli a combustibili gassosi in Italia.
Notevoli risultano le ricadute economiche, occupazionali e ambientali dallo sviluppo del settore di cui l’Italia è leader a livello mondiale.

Oggi i trasporti consumano il 28% dell’energia e sono responsabili di circa un quarto delle emissioni di CO2, soprattutto a causa del traffico su gomma e di circa 1 miliardo di autovetture private che circolano nel mondo, in continua crescita.
Soluzioni tecnologiche alternative possono aiutare la transizione verso l’auto a emissioni zero e l’auto a GPL e a metano, una tecnologia made in Italy, costituisce uno dei possibili volani di sviluppo in direzione della green economy con importanti ricadute economiche e occupazionali (tra 22.700 e 66.000 posti di lavoro aggiuntivi al 2030).

Alle potenzialità “green” dello sviluppo dei veicoli a combustibili gassosi in Italia è dedicata la ricerca “Green economy e veicoli stradali: una via italiana. Impatti socio-economici dello sviluppo di auto a GPL e a metano”, realizzata dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (FoSS), con la collaborazione di Assogasliquidi Federchimica e del Consorzio Ecogas, che è stata presentata il 16 dicembre 2014.
Le auto a gas sono una delle tecnologie “ponte” a basso impatto ambientale che può contribuire a ridurre l’inquinamento dell’aria nelle città – ha dichiarato Edo Ronchi, Presidente della FoSS – Questa ricerca analizza le potenzialità “green” dello sviluppo dei veicoli a combustibili gassosi in Italia, che, insieme ai veicoli elettrici e ibridi, possono contribuire, nei prossimi decenni, a ridurre l’inquinamento dell’aria nelle nostre città e possono favorire anche l’apertura di una prospettiva interessante per il futuro: l’utilizzo di biometano, prodotto dai rifiuti organici per l’autotrazione e di biopropano (bio-GPL). Non solo. In Italia disponiamo, infatti, di una filiera di imprese di produzione di impianti, veicoli, distribuzione e manutenzione, che già ci rende leader nel mondo di questo settore e che può crescere rapidamente. Un caso esemplare di green economy dove miglioramenti ambientali producono vantaggi anche economici e occupazionali”.

Sono proprio i numeri a dimostrare le potenzialità del settore. Negli anni della crisi, mentre le auto tradizionali hanno conosciuto un drastico calo delle immatricolazioni, le auto a GPL e a metano hanno continuato a crescere (tra il 2011 e il 2012 le immatricolazioni sono quasi triplicate passando dal 5,55% al 13%) e nel 2013 la quota di mercato dell’auto a gas è arrivata al 14,1% (8,9% GPL e 5,2% metano). L’attuale stock di auto a gas circolante in Italia è in termini assoluti il più rilevante d’Europa, rappresentando il 76,8% del parco europeo per le auto a metano e il 26% per quelle a GPL. Inoltre, in Italia oltre al produttore (Fiat) c’è una piccola e grande industria dell’auto a gas che va dalla produzione di impianti per la conversione a GPL e metano, con una rete di trasformazione e assistenza di più di 6.000 officine, al rifornimento stradale (più di 3.000 distributori di GPL e 1.000 di metano).
Sono molti gli stimoli – ha affermato Francesco Franchi, Presidente di Assogasliquidi Federchimica- che l’Europa ci sta dando per la promozione dell’uso delle auto a gas, a partire dalla recente Direttiva europea sui carburanti alternativi che prevede l’obbligo, da parte di ogni Stato membro, di redigere un proprio programma nazionale che comprenda politiche di sviluppo a favore di questi carburanti. L’Italia deve fare la sua parte, a maggior ragione come Stato membro leader nel settore. Dobbiamo cogliere questa opportunità di sviluppo sostenibile e di crescita economica nel Paese”.

Su un totale di quasi 37 milioni di auto circolanti nel nostro Paese, quelle elettriche, ibride, a metano e GPL sono quasi 2,8 milioni, appena il 7,5% del parco, con potenzialità notevoli, quindi, di crescita. Inoltre, il parco circolante delle auto a benzina e gasolio è particolarmente vecchio, per cui la maggioranza delle auto in circolazione ha livelli di emissioni nocive particolarmente alti. Una soluzione efficace per puntare su una maggiore diffusione dei veicoli alimentati a gas e a metano, è anche la trasformazione dei veicoli in circolazione, che è legata ovviamente alle misure di incentivazione messe in campo dal Governo.
Negli anni scorsi le immatricolazioni a gas sono arrivate a toccare il 21% del mercato e le trasformazioni sono state anche 270.000 all’anno – ha osservato Alessandro Tramontano, Presidente del Consorzio Ecogas – mentre nel 2014 ci fermeremo purtroppo a non più di 100.000 unità”.

La ricerca ha esaminato tutte le ricadute ambientali ed economiche dello sviluppo del settore. In uno scenario di elevata penetrazione delle auto a gas in Italia da oggi al 2030, con la progressiva sostituzione di una parte delle auto a combustibili liquidi del parco circolante italiano, dovuta sia ad acquisto di nuove auto sia ad interventi di retrofit, si arriverebbe al 2030 ad oltre 3,5 milioni di tonn. di anidride carbonica (CO2) in meno rispetto a uno scenario di non intervento, a 67 tonnellate di particolato (PM10 e PM2,5) e 21 mila tonn. in meno di ossidi di azoto (NOX).
La riduzione di particolato prevista al 2030 equivale alle emissioni che sarebbero generate mediamente in un anno da 4 milioni di automobili diesel. Per migliorare le prestazioni ambientali delle auto a gas, ci sono poi dei promettenti sviluppi nel campo delle alimentazioni ibride sia GPL-elettrico che metano-elettrico, oltre a sistemi dual fuel metano-gasolio o GPL-gasolio.
Una delle prospettive più interessanti per le auto a gas è senza dubbio quella del biometano, che può essere efficientemente prodotto da diverse fonti, tanto da rifiuti come da coltivazioni dedicate. La sua composizione è la stessa del gas proveniente dall’estrazione di gas naturale consentendo, dunque, miscele a qualsiasi percentuale senza problemi per i motori dei veicoli. Inoltre il biometano può essere trasportato e distribuito convenientemente nelle reti del gas naturale.

Le ricadute economiche ed occupazionali di uno scenario di maggiore sviluppo dell’auto a gas in Italia determinerebbero la creazione di maggiore valore aggiunto e maggiore occupazione rispetto a quanto accadrebbe se invece fossero premiate le motorizzazioni diesel e benzina. La produzione raggiungerebbe +5,0 miliardi di euro in media annua nel 2020 per poi scendere a +4,3 miliardi di euro nel 2030; il valore aggiunto si attesterebbe a +1,6 miliardi di euro nel 2020 e +1,3 miliardi di euro al 2030.
Infine, la nuova occupazione creata, espressa in unità di lavoro standard, ammonterebbe a +27.300 unità nel 2020 e +22.700 unità nel 2030. Uno scenario di “reshoring”, ovvero di un progressivo rimpatrio di attività dall’estero, porterebbe al 2030 a quasi 3,9 miliardi di euro di nuovo Valore Aggiunto e a 74.000 occupati nel 2020 e quasi 66 mila posti di lavoro aggiuntivi a tempo pieno nel 2030, triplicando, così, i valori dello scenario base adottato.

Per favorire lo sviluppo del settore delle auto a gas, nella ricerca sono contenute anche alcune proposte normative che si sviluppano principalmente sulla fiscalità ecologica dei carburanti e delle autovetture. Per i carburanti si ritiene necessario mantenere nel medio-lungo periodo la tassazione attualmente applicata ai carburanti gassosi (grazie alla minore imposizione fiscale il costo di un litro di GPL è di 0,778 euro e del metano di 0,660). Per i veicoli si suggerisce di estendere a tutto il territorio nazionale la disciplina che oggi è applicata a discrezione delle regioni, cioè di esentare i veicoli alimentati a gas dal pagamento del bollo per 5 anni. In Piemonte, ad esempio, dove questa norma è stata adottata le vendite di auto a gas sono aumentate del 200%. Il mancato gettito potrebbe essere coperto dalla revisione in chiave ecologica delle tasse sulle auto più inquinanti. Infine, un patto per l’occupazione verde, un piano di azione che potrebbe, ad esempio, essere vincolato ad un “patto per l’occupazione” con tutta la filiera di settore, un patto che preveda una valutazione periodica – secondo parametri condivisi – degli effetti sul livello occupazionale presente sul territorio conseguenti alla maggior vendita di automobili e componentistica a gas.

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