Biodiversità e conservazione Fauna

Living Planet Report 2022: – 69% di fauna in mezzo secolo

Il Living Planet Report 2022, il Rapporto faro biennale del WWF, mostra che in 50 anni le popolazioni di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci sono calate in maniera drammatica e ammonisce che senza un Accordo alla CBD-COP15 del prossimo dicembre simile a quello sul clima di Parigi non si invertirà la perdita di biodiversità.

Secondo il Living Planet Report 2022, il Rapporto faro del WWF International che monitora ogni due anni lo stato del mondo naturale, le popolazioni di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci hanno subìto un declino medio del 69% in poco meno di mezzo secolo, dovuto per lo più alla distruzione ambientale (deforestazione, agricoltura insostenibile, commercio illegale di fauna selvatica).

Il Living Planet Report 2022, che presenta una panoramica completa dello stato del nostro mondo naturale attraverso il Living Planet Index (LPI), fornito dalla Zoological Society of London (ZSL), che monitora quasi 32.000 popolazioni di 4.392 specie di vertebrati tra il 1970 e il 2018, (con più di 838 nuove specie e poco più di 11,000 nuove popolazioni aggiunte rispetto al precedente rapporto), mostra che nelle regioni tropicali l’abbondanza delle popolazioni di vertebrati selvatici sta crollando a un ritmo particolarmente sconcertante. Il WWF è estremamente preoccupato per questa tendenza, poiché queste aree geografiche sono tra le più ricche di biodiversità al mondo. In particolare, i dati del LPI rivelano che le popolazioni di fauna selvatica monitorate in America Latina e nella regione dei Caraibi sono diminuite in media del 94%.

Ci troviamo di fronte a una doppia emergenza: il cambiamento climatico provocato dall’uomo e la perdita di biodiversità, che minacciano il benessere delle generazioni attuali e future – ha affermato Marco Lambertini, Direttore generale di WWF International –Il WWF è estremamente preoccupato da questi nuovi dati che mostrano un calo devastante delle popolazioni di fauna selvatica, in particolare nelle regioni tropicali che ospitano alcune delle aree più ricche di biodiversità al mondo”. 

Il Rapporto chiarisce che aumentando gli sforzi di conservazione e ripristino, producendo e consumando, in particolare il cibo, in modo più sostenibile e decarbonizzando rapidamente e profondamente tutti i settori sarà possibile mitigare la doppia crisi di clima e natura.

Ai leader mondiali, che alla Conferenza delle Parti della Convenzione ONU sulla Biodiversità (CBD-COP15) che si svolgerà in Canada (Montreal, 7-19 dicembre 2022) avranno un’occasione unica per correggere la rotta per il bene delle persone e del pianeta, il WWF chiede di impegnarsi per un Accordo, quale quello raggiunto a Parigi alla Conferenza sul Clima (2015), in grado di invertire la perdita di biodiversità, attraverso la trasformazione dei settori che causano la perdita di natura e il sostegno finanziario ai Paesi in via di sviluppo.

Tra le popolazioni di specie monitorate nel Linving Planet Index ci sono i delfini rosa di fiume dell’Amazzonia, le cui popolazioni sono crollate del 65% tra il 1994 e il 2016 nella Riserva di sviluppo sostenibile di Mamirauá, nello stato brasiliano di Amazonas, e i gorilla di pianura orientale, il cui numero ha subìto un declino stimato dell’80% nel Parco nazionale di Kahuzi-Biega della Repubblica Democratica del Congo tra il 1994 e il 2019. Il numero dei cuccioli di leone marino dell’Australia meridionale e occidentale è calato di due terzi tra il 1977 e il 2019.

Il Living Planet Index evidenzia come abbiamo distrutto le fondamenta stesse della vita e la situazione continua a peggiorare – ha ammonito Andrew Terry, Direttore Conservazione e Politiche dello ZSL – Metà dell’economia globale e miliardi di persone dipendono direttamente dalla natura. Prevenire un’ulteriore perdita di biodiversità e ripristinare gli ecosistemi vitali deve essere in cima alle agende globali per affrontare le crescenti crisi climatica, ambientale e di salute pubblica”.

Le principali cause del declino delle popolazioni di fauna selvatica sono i cambiamenti nell’uso del suolo e del mare, lo sfruttamento eccessivo di piante e animali, il cambiamento climatico, l’inquinamento, le specie aliene invasive, le minacce provenienti da agricoltura, caccia e bracconaggio, e deforestazione sono particolarmente gravi ai tropici, mentre hotspot di inquinamento sono particolarmente importanti in Europa.

Inoltre, a meno che non limitiamo il riscaldamento a meno di 2 °C, o preferibilmente 1,5 °C, è probabile che il cambiamento climatico diventi la causa principale della perdita di biodiversità e del degrado degli ecosistemi nei prossimi decenni.

Il Rapporto sottolinea, inoltre, che non sarà possibile realizzare un futuro nature-positive senza riconoscere e rispettare i diritti, la governance e la leadership nella conservazione dei popoli Indigeni e delle comunità locali in tutto il mondo.

I dati del Living Planet Report sono l’ennesimo, drammatico allarme del pessimo stato di salute della biodiversità globale e confermano che il tempo a nostra disposizione per invertire la curva dell’emorragia di natura che contraddistingue la nostra epoca è ormai agli sgoccioli – ha osservato Luciano Di Tizio, Presidente WWF Italia in occasione della presentazione il 13 ottobre 2022 in Italia del report – Senza un cambiamento strutturale nelle nostre politiche, economie, abitudini quasi nessuno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU potrà essere raggiunto. Per invertire la perdita di natura e garantire un futuro più sicuro e sano per tutti è indispensabile dimezzare l’impronta globale di produzione e consumo entro il 2030. Abbiamo bisogno di trasformare radicalmente la nostra cultura e la nostra società.  In Italia il WWF ha avanzato proposte concrete che ci auguriamo che il Parlamento che si insedia oggi e il governo che seguirà mettano al centro dell’agenda: entro un anno serve una legge sul clima, una per contrastare il consumo del suolo ed un Codice della Natura per razionalizzare tutte le norme a tutela della nostra biodiversità”.



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