Agenda Biodiversità e conservazione

Legambiente: Italia si impegni per un accordo ambizioso a COP16

In vista della COP16 sulla biodiversità a Roma (25-27 febbraio 2025) e della Giornata mondiale della fauna selvatica (3 marzo), Legambiente fa il punto sulla situazione della biodiversità in Italia e chiede che il nostro Paese si impegni per un accordo ambizioso e per raggiungere gli obiettivi al 2030 della Strategia UE sulla biodiversità.

A Roma, presso la sede della FAO (25–27 febbraio 2025) proseguirà la Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Biodiversità (CBD-COP16), dopo che a Cali (Columbia) non era stato raggiunto un Accordo sulla “Strategia per la mobilitazione delle risorse”, per attuare i 23 target al 2030 fissati nel Quadro Globale per la Biodiversità (GBF) di Kunming-Montreal.  

Inoltre, il 3 marzo 2025 si celebrerà la Giornata Mondiale della Fauna Selvatica (WWD) che quest’anno ha per tema “Finanza per la conservazione della fauna selvatica: investire nelle persone e nel pianeta” per sottolineare che gli attuali flussi finanziari sono insufficienti e che occorre trovare soluzioni finanziari più efficaci e sostenibili per costruire un futuro resiliente sia per le persone che per il pianeta.

In occasione di questi due eventi, Legambiente traccia il quadro della situazione della biodiversità in Italia e chiede a livello nazionale di velocizzare il passo nella tutela e conservazione della biodiversità, recuperando i ritardi rispetto ai target 2030 della Strategia europea sulla biodiversità e lavorando su 10 dieci azioni chiave di intervento.

Ad oggi in Italia, a livello ecosistemico, sono 58 gli ecosistemi naturali a rischio – tra questi 7 sono in pericolo critico di estinzione (CR), 22 in pericolo (EN) e 29 vulnerabili (VE), segnalati sempre nelle liste rosse della IUCN, e con una superficie nazionale a rischio pari al 19,6% che corrisponde a quasi la metà di quella coperta dagli ecosistemi naturali e seminaturali (46,3%) in Italia. 

Numeri, quelli sulla perdita di biodiversità nella Penisola, a cui si affiancano le difficoltà e i gravi ritardi dell’Italia nell’applicare la Strategia Europea per la Biodiversità 2030 (SEB) e incisive politiche di tutela della natura, nonostante negli anni abbia anche raggiunto importanti traguardi nella conservazione della natura.

A sei anni dal countdown SEB 2030, denuncia Legambiente, in Italia non è cresciuta di un solo ettaro la superficie protetta terrestre o marina, non sono aumentate le aree a protezione integrale, né migliorano le azioni per contrastare le specie aliene o il degrado del territorio. Preoccupa poi lo stallo relativo alle 70 nuove aree protette marine e terrestri che sono ancora in attesa di completare l’iter; ma anche il mancato avvio, da parte dell’Italia, del registro volontario dei crediti di carbonio nel settore agricolo e forestale .Quest’ultima situazione, sottolinea l’associazione ambientalista. non solo comporta ingenti perdite finanziarie per settori vitali per il nostro Paese, ma genera anche un clima di incertezza e preoccupazione anche per il rischio che, un sistema non chiaramente regolato e controllato da istituzioni pubbliche solide, possa creare un terreno fertile per l’infiltrazione della criminalità organizzata e delle ecomafie, come denunciato dalla Procura nazionale antimafia in una recente audizione alla Camera dei Deputati.  

Nel suo report “Natura selvatica a rischio in Italia” Legambiente sottolinea l’importanza del valore economico delle specie, legato ad esempio a impollinazione naturale, stoccaggio di carbonio, pesca e risorse.

Per proteggere e tutelare la natura, preservare il valore economico delle specie selvatiche e garantire la sostenibilità economica e ambientale sono necessarie efficaci politiche di conservazione in situ ed ex situ, monitoraggi costanti sulle specie a rischio, e investimenti mirati adottando strategie di conservazione e gestione sostenibile delle risorse naturali – ha commentato Stefano Raimondi, responsabile nazionale biodiversità Legambiente- Siamo ancora in tempo per invertire la tendenza e proteggere le specie selvatiche. Serve un impegno globale accompagnato da una seria assunzione di responsabilità da parte dei singoli Stati a partire dall’Italia. Nel nostro Paese così come nel resto del mondo la perdita di biodiversità e di servizi ecosistemici non rappresenta solo una grave crisi ambientale, ma comporta anche un importante danno economico e impatti a più settori, pensiamo alla riduzione della produttività agricola a causa del declino degli impollinatori, le maggiori spese per il trattamento dell’acqua a causa della perdita di zone umide e foreste, impatti economici negativi sul settore turistico e sulle comunità che dipendono dalla natura. È tempo di agire e di proteggere davvero la natura”.  

Per recuperare i ritardi Legambiente indica 10 dieci azioni chiave;
– 
aumentare la protezione del territorio e del mare;- adottare soluzioni basate sulla natura per frenare la perdita di biodiversità;
garantire la pianificazione e la gestione integrata dei territori protetti;
migliorare la conoscenza scientifica e dei fattori di rischio per la natura selvatica;
realizzare i Piani di azione e di adattamento contro i cambiamenti climatici;
sostenere l’economia della natura per combattere la crisi climatica;
migliorare la tutela degli ecosistemi marini e costieri e la fauna acquatica;
creare aree rifugio per la fauna e gli ecosistemi a rischio;- tutelare il capitale naturale per garantire più servizi ecosistemici;- contenere le specie aliene invasive dannose per la biodiversità e le persone.

Ogni ritardo e ogni mancato accordo internazionale è un danno che facciamo al Pianeta, all’ambiente e alla biodiversità – sottolinea Legambiente – Il ‘capitale naturale’ va protetto. L’Italia si impegni per raggiungere i target 2030 della SEB e in questa seconda Cop16 spinga per il raggiungimento di un accordo ambizioso finanziario accompagnato da adeguati monitoraggi e verifiche”.  

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