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Legambiente lancia l’allarme per i fenomeni meteorologici estremi

Legambiente lancia allarme fenomeni meteorologici estremi

di Nicoletta Canapa

Che il clima sta cambiando non è una novità. Che il cambiamento climatico è uno dei sintomi con cui il nostro Pianeta denuncia le sue cattive condizioni di salute è altrettanto evidente. Che gli effetti dell’impatto delle attività umano non si limitino allo scioglimento dei ghiacciai, all’aumento delle temperature degli oceani, alla perdita di suoli per l’agricoltura, ai riduzioni degli habitat e dei relativi servizi ecosistemici, ma coinvolge anche le aree urbane dove vive la maggior parte della popolazione ce lo conferma l’ultimo dossier di Legambiente, con il suo Rapporto “SOS acqua: nubifragi, siccità, ondate di calore. Le città alla sfida del clima”, realizzato in collaborazione con Unipol Gruppo e presentato a Roma nel corso dell’omonimo Convegno.

 Per coincidenza, il Dossier è stato presentato il 20 giugno 2018, in contemporanea con il report dell’Istat “Temperatura e precipitazione nelle principali città – 2002-2016 da cui emerge che la temperatura media annua delle città capoluogo di regione italiane nel periodo 2002-2016 hanno registrato un aumento dii 1 °C rispetto agli anni 1971-2000, risultando comprese fra lo +0,5 °C di Cagliari e Genova e il +1,5 °C di Perugia. 

Limitandosi agli ultimi anni, il Dossier di Legambiente osserva che gli anni 2016-2017 sono stati i più caldi dal 1880 e la primavera 2018 ha registrato un aumento del 21% di piogge rispetto alle medie stagionali. Addirittura, secondo la NASA, tra il 1964 e il 2017, le temperature medie globali swarebbero salite ad un ritmo di 0,18 °C ogni decennio.

Le nostre città sono state afflitte da ondate di calore africano, alternate tuttavia da trombe d’aria e nubifragi. Tali fenomeni meteorologici estremi sono stati tra il 2005 e il 2016 nel nostro Paese 340, comportando 157 vittime e oltre 45mila sfollati, distribuiti in 198 comuni. E sempre secondo Legambiente, le ondate di calore avrebbero causato più di 23mila decessi, in 23 diverse città.

L’adattamento al clima rappresenta la grande sfida del tempo in cui viviamo – ha spiegato il vicedirettore di Legambiente, Edoardo Zanchini – Occorre accelerare il passo nelle politiche climatiche, superando la frammentazione di interventi tra i diversi Ministeri, attraverso una cabina di regia sulle strategie climatiche, in capo al Governo, e un Regolamento per l’adattamento al clima nelle città per evitare che si ripetano nelle aree urbane tragedie“.

L’analisi di Legambiente si concentra, in particolare  sull’acqua, risorsa strategica e potenziale fattore di rischio. Focalizzandosi sulle città, infatti, la gestione dell’acqua è un fenomeno fortemente legato al rischio di sprechi, a causa dell’inefficienza delle reti di distribuzione e delle difficoltà di accesso alle risorse per alcune fasce della popolazione.

Legambiente denuncia infatti il perpetuarsi del fenomeno di autorizzazioni a costruire in zone non appropriate, ovvero ad alto rischio idrogeologico, ma mette in evidenza anche le buone pratiche di gestione dell’acqua che vengono adottate sia all’estero che in Italia.

Nonostante il nostro Paese non si sia ancora dotato di un Piano nazionale di adattamento al clima capace di indicare a chiare lettere la via per gli interventi di messa in sicurezza del territorio e lo stanziamento dei finanziamenti nei prossimi anni, ci sono alcune città che si sono dotate autonomamente di sistemi per una buona gestione dell’acqua.

Un esempio in questo senso è Milano, grazie al virtuoso progetto della riapertura dei Navigli e della loro possibile navigabilità.
Un’infrastruttura verde e ramificata nella città – spiega Legambiente – se realizzata anche al di fuori delle direttrici dei navigli, contribuirà a diminuire sensibilmente la quantità e l’intensità delle inondazioni dei quartieri a nord della città, e inoltre fornirà anche la possibilità di gestire separatamente le acque bianche, che oggi finiscono impropriamente nel sistema fognario“.

Anche Bologna si distingue in positivo, secondo Legambiente, con il piano di adattamento che ha come obiettivo la riduzione dei consumi idrici domestici e delle perdite di rete. Da aggiungere anche la realizzazione di nuovi spazi verdi.

Legambiente traccia un quadro positivo della situazione idrogeologica in Sardegna: a Posada, in provincia di Nuoro, le alluvioni degli anni 2004, 2006, 2008, 2009 e 2013 hanno richiamato l’attenzione su questo fenomeno, con le conseguenti prese di misura del caso. In questo senso il Piano paesaggistico regionale della Sardegna, concluso nel 2006, ha previsto misure di avanguardia per limitare l’edificabilità nella zona costiera. Tale decisione ha dimostrato la sua efficacia in occasione dell’alluvione del novembre 2013, quando le aree giudicate non edificabili dal Piano sono state allagate, al contrario di altre realtà italiane.

Per concretizzare la lotta ai cambiamenti climatici occorre dar avvio ad interventi rapidi e politiche di adattamento a partire dai grandi centri urbani attraverso nuove strategie, risorse economiche e un indirizzo forte a livello nazionale, I tradizionali interventi strutturali devono lasciare sempre più spazio a nuovi piani che tengano conto di equilibri climatici ed ecologici complessi – ha osservato Giorgio Zampetti, Direttore generale di Legambiente – Il Paese ha bisogno di accelerare nelle politiche di mitigazione del clima e di riduzione del rischio sul territorio, ancora troppo frammentate, per invertire la curva delle emissioni di gas serra come previsto dall’Accordo di Parigi; ma prima di tutto vanno preparati i territori, le aree agricole e le città. Non esistono più alibi o scuse per rimanere fermi: disponiamo di competenze tecnologie per aiutare i territori e le città ad adattarsi ai cambiamenti climatici e mettere in sicurezza le persone”.

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