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L’adattamento degli animali è più lento della velocità dei cambiamenti climatici

Sebbene gli animali rispondano per lo più ai cambiamenti climatici adattandosi alle mutevoli condizioni, secondo uno Studio condotto da un team di 64 ricercatori coordinati dall’Istituto Leibniz di Berlino per la ricerca sugli zoo e la fauna selvatica, l’aumento delle temperature è tale da superare le loro capacità adattative.

I cambiamenti climatici possono minacciare le specie e le loro estinzioni possono influire sulla salute dell’ecosistema terrestre. È quindi di vitale importanza valutare in che misura gli animali possono rispondere alle mutevoli condizioni ambientali, come spostando i tempi di riproduzione, e se queste modificazioni adattative permettano la sopravvivenza delle popolazioni nel lungo periodo.

Per rispondere a queste domande, un team internazionale di 64 ricercatori, coordinati dall’Istituto Leibniz per la ricerca sugli zoo e la fauna selvatica di Berlino (Leibniz-IZW), ha valutato oltre 10.000 studi scientifici pubblicati. 

I risultati della loro analisi, pubblicate su Nature Communications il 23 luglio 2019 (Adaptive responses of animals to climate change are most likely insufficient) sono preoccupanti: sebbene gli animali rispondano comunemente ai cambiamenti climatici, tali risposte sono generalmente insufficienti per far fronte al rapido ritmo delle temperature in aumento e talvolta vanno in direzioni sbagliate.

Nella fauna selvatica, la risposta più comunemente osservata ai cambiamenti climatici è un’alterazione dei tempi di eventi biologici come letargo, riproduzione o migrazione (tratti fenologici), ma intervengono anche cambiamenti nella dimensione corporea, nella massa corporea o in altri tratti morfologici, senza alcun modello sistematico, come peraltro evidenziato nello Studio.

I ricercatori hanno estratto informazioni pertinenti dalla letteratura scientifica per mettere in relazione i cambiamenti climatici nel corso degli anni con possibili cambiamenti nei tratti fenologici e morfologici, valutando successivamente se i cambiamenti dei tratti osservati fossero associati a una maggiore sopravvivenza o ad un aumento del numero di prole. 

La nostra ricerca si è concentrata sugli uccelli perché i dati completi sugli altri gruppi erano scarsi – ha affermato l’autore principale Viktoriia Radchuk, esperta di Ecologia evolutiva presso il Leibniz-IZW.

Il co-autore Steven Beissinger, Professore di Biologia della conservazione nel Dipartimento di Scienze, politiche e gestione ambientale all’Università della California a Berkeley) ha aggiunto che “Ciò suggerisce che le specie potrebbero rimanere nei loro habitat che si stanno riscaldando, purché cambino abbastanza velocemente da far fronte ai cambiamenti climatici“.

Tuttavia, il co-autore Alexandre Courtiol, Ricercatore senior delLeibniz-IZW ha aggiunto che “È improbabile che ciò avvenga perché anche le popolazioni che subiscono un cambiamento adattativo lo fanno a un ritmo che non garantisce la loro persistenza“. 

Un altro co-autore, Thomas Reed, Docente senior di Zoologia all’Università College di Cork (Irlanda) ha spiegato che “Da un lato, i dati mostrano che molte specie stanno cambiando secondo modalità che permettano di aumentare la loro sopravvivenza e il successo riproduttivo. Ma dall’altro, i modelli mostrano che questo potrebbe non essere sufficiente per le popolazioni a rimanere in gioco a lungo termine, perché il tasso di cambiamento adattativo è troppo lento“.

Ancora più preoccupante è il fatto che i dati analizzati includono specie assai comuni e abbondanti come la cinciallegra (Parus major), il pigliamosche pezzato europeo (Ficedula hypoleuca) o la gazza comune (Pica pica) che sono noti per la loro capacità di far fronte abbstanza bene ai cambiamenti climatici. 
Rimangono da analizzare le risposte adattive tra le specie rare o in via di estinzione – ha concluso Stephanie Kramer-Schadt a Capo del Dipartimento di Dinamica Ecologica del Leibniz-IZW – Temiamo che le previsioni di conservazione per tali specie di interesse siano ancora più pessimistiche.

Gli scienziati sperano che la loro analisi e i set di dati assemblati stimolino la ricerca sulla resilienza delle popolazioni animali di fronte al cambiamento globale e contribuiscano a un migliore quadro predittivo per aiutare le future azioni di gestione della conservazione.

In copertina: Cinciallegra (Parus major) foto di Bernard Castelein

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