L’annuale Rapporto “L’Italia del Riciclo”, promosso e realizzato da FISE Unire (l’Associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (FoSS), indica come, nonostante la riduzione dei consumi delle famiglie e della produzione industriale, l’industria del riciclo dei rifiuti sia sempre più strategica per il nostro Paese, anche a seguito della nuova proposta di Pacchetto sulla Circular Economy, lanciato di recente dalla Commissione UE.
È stato presentato oggi a Roma nel corso di un Convegno l’annuale Studio “L’Italia del Riciclo”, il Rapporto promosso e realizzato da FISE Unire (l’Associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (FoSS), che quest’anno assume un rilievo particolare dopo l’adozione da parte della Commissione UE il 2 dicembre 2015 del nuovo Pacchetto sull’Economia Circolare che in termini di proposta legislativa poggia essenzialmente sugli obiettivi di recupero e riciclaggio dei rifiuti, per spingere ad una transizione da un’economia lineare ad una circolare “per trarre il massimo valore e maggior uso da materie prime, prodotti e rifiuti, promuovendo risparmi di energia e riducendo le emissioni di gas a effetto serra”.
Secondo le stime della Commissione, il Pacchetto sulla circular economy porterà nell’UE al 2030, ad un risparmio di 600 miliardi di euro, alla creazione di 580.000 posti di lavoro e alla riduzione delle emissioni di carbonio di 450 milioni di tonnellate all’anno.
“Il Rapporto evidenzia come il riciclo in Italia sia riuscito a resistere alla recessione prolungata restando competitivo, pur in presenza di criticità e con elevati margini di crescita – ha dichiarato Anselmo Calò, Presidente di UNIRE – Per raggiungere i target fissati a livello europeo è necessario recuperare i ritardi esistenti in alcune zone del Paese, abbattendo lo smaltimento in discarica e migliorando la qualità dei materiali raccolti, nonché razionalizzando e semplificando il contesto normativo. Anche in considerazione dell’avvio della discussione sul nuovo pacchetto di direttive europee sui rifiuti e sull’economia circolare, è necessario superare i punti non chiari e conflittuali fra le diverse legislazioni, in modo da agevolare il riciclo di materiali che non comportano rischi ambientali effettivi”.
Oltre ad approfondire, come di consueto, le dinamiche delle 15 diverse filiere, che sono state attivamente coinvolte nella redazione del Rapporto, l’edizione 2015 apre un innovativo focus sulle attività di import ed export dei rifiuti, che è stato presentato nell’occasione da Marco Botteri di Ecocerved.
Nel 2014 i rifiuti di origine urbana e industriale movimentati attraverso i confini italiani hanno raggiunto quasi quota 10 milioni di tonnellate, 5,9 dei quali importati e 3,8 esportati.
L’import riguarda quasi esclusivamente imprese ed enti del Nord-Italia, che ricevono circa il 96% della quantità in entrata dall’estero, mentre l’export è un fenomeno che interessa anche il Centro-Sud, da dove parte quasi il 40% dei rifiuti. I Paesi europei risultano predominanti in entrambi i tipi di scambio, ma per l’import sono responsabili del 99% dei rifiuti in arrivo in Italia, mentre per l’export si fermano al 77% del totale in uscita.
Il 77% dei rifiuti importati è costituito da metalli, in larga parte di tipo ferroso, ai quali fa seguito il legno (11% sul totale importato). Per quanto riguarda invece l’export, il 24% del totale in uscita è formato da plastica e carta, ma la maggior parte dei rifiuti spediti all’estero, intorno al 60%, non rientra in nessuna delle tradizionali filiere merceologiche e si caratterizza per un’alta incidenza di pericolosi. I rifiuti importati vengono avviati a recupero di materia pressoché nella totalità dei casi, mentre quelli spediti all’estero risultano destinati a operazioni di recupero per il 70%. Tra il 2009 e il 2014, si è registrata una crescita del 60% dei rifiuti importati, mentre quelli esportati sono aumentati del 10%.
Passando all’analisi dei singoli comparti, nel 2014 il riciclo degli imballaggi ha registrato una crescita complessiva (+2% in termini assoluti) che attesta la capacità di tenuta del settore, sia pure tra le mille difficoltà dell’attuale congiuntura: 7.808 milioni di tonnellate riciclate contro le 7.642 del 2013 e le 7.562 del 2012. L’incremento appare evidente in tutte le filiere con punte d’eccellenza nel tasso di riciclo in alcuni comparti come carta (80%), acciaio (74%), alluminio (74%) e vetro (70%), mentre la crescita più significativa la registra il legno (+10% da 1,4 mln di tonnellate a 1,539). La filiera degli imballaggi della plastica nel 2014 ha registrato un incremento del 5% delle quantità avviate a riciclo, raggiungendo un risultato del 38% di avvio a riciclo rispetto all’immesso al consumo (+1% rispetto al 2013).
I segnali che arrivano dalle altre filiere:
– cresce la quantità di frazione organica raccolta in modo differenziato con 5,7 milioni di tonn. (+9,5% rispetto al 2013);
– cresce la quantità di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) raccolte (+3% rispetto al 2013) che raggiungono la quota pro-capite nazionale di 3,81 kg per abitante, di poco inferiore alla soglia di 4 kg fissati come target a fine 2015 (ma nei prossimi tre dovrà essere raccolta una quantità più o meno tripla);
– pile e accumulatori fanno registrare rispettivamente un aumento del 7% di raccolta rispetto al 2013, per le pile e accumulatori portatili, mentre quelli industriali e per veicoli ha avuto un calo del 5% e accumulatori – nonostante la crisi che ha colpito il settore auto e il conseguente calo dei veicoli fuori uso, si avvicina agli obiettivi europei il tasso di reimpiego e riciclo dei veicoli fuori uso, che raggiunge l’80,3%, ma diminuiscono i quantitativi avviati a recupero di energia (per l’anno 2013, non sono ancora disponibili i dati relativi all’Italia);
– stabile con 129.000 tonn. il recupero degli pneumatici fuori uso;
– calano l’immesso al consumo (-2% sul 2013) e la raccolta degli oli minerali esausti (-2%), crescono i quantitativi rigenerati (+9%);
– aumenta (+14% sul 2013) la raccolta e il riciclo di grassi vegetali e animali esausti;
– aumenta del 12% la raccolta dei rifiuti tessili, pur con la persistenza di circuiti paralleli non autorizzati.
Casi a sé stanti sono:
– i rifiuti inerti da C&D dei quali è sempre ardua la quantificazione, dovrebbero essere nell’anno 2013, oltre il 25,5% dei rifiuti complessivamente smaltiti a livello nazionale, con una diminuzione del 6,6% rispetto all’anno precedente, ma senza la risoluzione degli ostacoli e delle difficoltà che lo assillano, è difficile, osserva il Rapporto, che tale componente possa costituire un meccanismo attivo nell’economia circolare;
– il settore delle cartucce e toner che nel 2014 ha registrato vendita di cartucce e toner pari a circa 9 milioni di pezzi, con il 70% venduti originali, il 18,5% compatibili e l’11,5% rigenerati, penalizzati questi ultimi da carenze normative e da assenza di agevolazioni e incentivi.
Il capitolo conclusivo del Rapporto è dedicato all’illustrazione delle tecnologie e dei processi/applicazioni innovativi nell’utilizzo dei materiali recuperati, al fine di valorizzare esperienze che agevolino le filiere del riciclo.
“Sia pure in modo non omogeneo, perché permangono zone di arretratezza in alcune Regioni, il sistema del riciclo dei rifiuti in Italia è ormai decollato con numeri di livello europeo – ha affermato Edo Ronchi, Presidente della FoSS, che nel Convegno si è soffermato ad analizzare il nuovo pacchetto dell’UE sull’economia circolare – Ora però, con le modifiche proposte dalla Commissione europea a tutte le Direttive sui rifiuti e, a fronte dei nuovi obiettivi di riciclo più impegnativi al 2025 e al 2030, sarà necessario recuperare anche le zone ancora arretrate, aumentare e migliorare le raccolte differenziate, procedere a rafforzare industrializzazione e innovazione nel settore”.