Nel corso di Circonomìa (Alba, 25-27 maggio 2023), il Festival dell’economia circolare e della transizione ecologica, è stata presentato il Rapporto “Greenwashing 2023”, dedicato alle misure attive in Italia e nel mondo per contrastare le pubblicità e le aziende che dicono di essere “green” senza esserlo, in vista degli impatti che avrà la Direttiva UE sui criteri comuni contro il greenwashing e le dichiarazioni ambientali fuorvianti.
La Commissione UE ha adottato il 22 marzo 2023 una proposta di Direttiva sui criteri comuni contro il greenwashing e le dichiarazioni ambientali fuorvianti, che permetterà ai consumatori di avere maggiore chiarezza e rassicurazione che quando un prodotto o servizio viene venduto come verde, è effettivamente verde, e informazioni di migliore qualità per scegliere prodotti e servizi rispettosi dell’ambiente.
Secondo la Commissione UE, ne trarranno vantaggio anche le aziende, poiché quelle che si sforzano realmente di migliorare la sostenibilità ambientale dei loro prodotti saranno più facilmente riconosciute e premiate dai consumatori e potranno incrementare le loro vendite anziché dover far fronte a una concorrenza sleale. La proposta contribuirà quindi a creare condizioni di parità per quanto riguarda le informazioni sulle prestazioni ambientali dei prodotti.
In vista di questo momento di svolta, nel corso di Circonomìa, il Festival dell’economia circolare e della transizione ecologica giunto alla VIII edizione, organizzato da GMI (Greening Marketing Italia), Cooperativa Erica, Aica (Associazione internazionale per la comunicazione ambientale) ed EPR Comunicazione, che si articola in due sessioni (Primaverile: 25-27 maggio; Autunnale: 14-23 settembre), è stato presentato il 26 maggio 2023 il Rapporto “Greenwashing 2023”, dedicato alle misure attive in Italia e nel mondo per contrastare le pubblicità e le aziende che dicono di essere “green” senza esserlo.
“Tutti vogliono presentarsi come sostenibili, ma è importante farlo in maniera corretta – ha spiegato Francesco Ferrante, Vicepresidente del Kyoto Club, che ha presentato il Rapporto, curato da EPR Comunicazione – Secondo un’indagine di Eurobarometro, si contano oltre 200 esempi di brand che fanno greenwashing, creando confusione nel consumatore. La proposta di Direttiva della Commissione europea non impatta solo sulle scelte di marketing aziendale, ma ha una valenza di enorme portata, soprattutto in ambito economico. Per questo nel rapporto mettiamo sotto la lente ‘casi di scuola’ di greenwashing in Italia e nel mondo, e facciamo luce sul contesto europeo e internazionale nel quale si inserisce la direttiva”.
Il termine greenwashing, come si legge nel rapporto deriva da una sincrasi di due parole inglesi: Green (che rappresenta il colore verde dell’ecologismo) e Washing (lavare) che a sua volta riprende il concetto di to Whitewash, ovvero “imbiancare, dare la calce”, simbolicamente dunque “nascondere, coprire”. Da questa analisi semantica, in italiano è possibile tradurre il neologismo “Greenwashing” come ecologismo o ambientalismo di facciata, con lo scopo di pianificare una strategia di comunicazione ingannevolmente positiva sotto il profilo sociale e/o ambientale per distogliere l’opinione pubblica dal reale impatto negativo dell’azienda.
L’espressione Greenwashing, spesso anche resa in italiano come “darsi una credibilità ambientale”, è stata coniata dall’ambientalista statunitense Jay Westerveld, il quale la utilizzò per primo nel 1986 al fine di sottolineare alcune pratiche mendaci perpetuate da parte delle catene alberghiere che facevano leva sull’impatto ambientale del lavaggio della biancheria affinché gli ospiti riducessero il loro consumo di asciugamani; in realtà tale pratica aveva esclusivamente dei fini e delle motivazioni economiche.
Tra le pratiche più comuni legate al Greenwashing possono essere citate:
– una comunicazione scorretta, reticente ed omissiva, attraverso un linguaggio vago;
– l’abuso di slogan volutamente “Green”, con ambientazioni bucoliche;
– le mistificazioni delle performances ambientali.
La Direttiva UE in Italia andrebbe a colmare un vuoto, perché non c’è una vera e propria norma che regoli e persegua le pratiche scorrette, sebbene l’Autorità garante del mercato e della concorrenza (AGCM) abbia comminato multe anche ad aziende molto note.
Più avanti dell’Italia, la Francia con la “Loi Climat et Résilience” del 22 agosto 2021 ha introdotto il valore dell’ecologia nei servizi pubblici, nell’educazione a scuola, nell’urbanistica, in materia di mobilità, nei modelli di consumo, vietando la pubblicità relativa alla commercializzazione o promozione dei combustibili fossili e dove sempre in base alla stessa legge c’è l’obbligo di indicare, all’interno degli annunci pubblicitari, l’impatto climatico dei prodotti.
Principio di trasparenza che regola il “Green Claims Code” in Gran Bretagna, introdotto affinché le aziende comunichino correttamente le proprie credenziali ecologiche, riducendo al contempo il rischio di indurre gli acquirenti in errore. Il documento si basa essenzialmente sul già esistente diritto inglese dei consumatori e poggia la sua evoluzione su sei principi che sono emersi nel contesto di atti e omissioni ingannevoli in materia di tutela del consumatore.
In Germania, l’Autorità federale per la supervisione del settore finanziario (BaFin), ha presentato “Guidelines on sustainability-oriented investment funds”, sui fondi di investimento orientati alla sostenibilità, che stabiliscono i requisiti che le società di gestione patrimoniale saranno obbligate a soddisfare quando istituiscono fondi di investimento al dettaglio etichettati come sostenibili o commercializzati esplicitamente come sostenibili. In base a questi requisiti, i fondi possono essere commercializzati con l’etichetta “sostenibile” solo se le regole del fondo prevedono il rispetto minimo del 75% di investimento in attività sostenibili o l’adesione a una strategia di investimento sostenibile o richiedono che il fondo segua un indice sostenibile.
Negli Stati Uniti, la Federal Trade Commission (FTC), l’Agenzia governativa statunitense per la tutela dei consumatori, ha annunciato di recente modifiche alle sue Green Guides, introdotte fin dal 1992, riguardanti le compensazioni di carbonio, le certificazioni, i sigilli “verdi” e le dichiarazioni sull’energia e sui materiali rinnovabili. Mentre l’EPA, l’Agenzia Federale per la Protezione Ambientale fornisce il suo supporto attraverso la creazione e la diffusione di standard ed etichettature per beni e servizi ecologicamente sostenibili.
Infine, nel Rapporto sono quindi inseriti alcuni casi scuola di greenweashing, sia in Italia che ha livello globale.