Pubblicato come di consueto alla vigilia del World Economic Forum di Davos (21-24 gennaio 2015), la X edizione del Rapporto offre ai decisori politici lo strumento per identificare i rischi più gravi che possono compromettere la stabilità economica e sociale globale, indicando anche le opportunità da intraprendere per scongiurarli.
Come da tradizione, a Davos, la splendida località delle Alpi svizzere nel Cantone dei Grigioni, ai piedi della “Montagna incantata” di Thomas Mann, si svolgerà la 45a edizione del World Economic Forum (21-24 gennaio 2015), appuntamento in cui i maggiori dirigenti politici ed economici internazionali (saranno presenti 40 Capi di Stato e di Governo) si incontreranno con intellettuali e giornalisti selezionati, al fine di discutere delle questioni più urgenti che il mondo si trova ad affrontare.
Il focus tematico di quest’anno è “The New Global Context” (Il nuovo contesto globale), con l’obiettivo di sviluppare le intuizioni, le iniziative e le azioni necessarie per rispondere alle principali sfide emergenti.
Nei giorni precedenti l’evento, consuetudine anche questa che si perpetua da 10 anni, viene pubblicato il Global Risks 2015, Rapporto riconosciuto ampiamente come una delle principali pubblicazioni sui rischi globali più significativi a lungo termine, con l’obiettivo di offrire ai decision maker e alla società civile, più in generale, uno strumento per comprendere come identificarli e le loro interconnessioni, in modo da passare dal “cosa” al “come”.
Quest’anno il Rapporto, alla cui redazione hanno contribuito più di 800 esperti internazionali, non ha identificato solo i maggiori rischi globali (28), quelli che presentano le maggiori probabilità di avere un’incidenza su scala mondiale di produrre gravi danni nei prossimi 10 anni, raggruppati nelle tradizionali 5 Categorie (rischi economici, ambientali, geopolitici, sociali e tecnologici) in grado di produrre gravi danni nei prossimi 10 anni, ma sono stati analizzati anche i precursori di tali rischi, sotto forma di tendenze (13).
Per cui si precisa che:
– “un rischio globale è un evento incerto o una condizione che, se si verifica, può causare un impatto negativo significativo per diversi Paesi o settori entro i prossimi 10 anni”;
– “una tendenza è un modello a lungo termine che è attualmente in corso e che potrebbe amplificare i rischi globali e/o modificare il rapporto fra loro”.
Ebbene, il Rapporto 2015, rispetto a quello dello scorso anno, indica che, secondo gli esperti coinvolti nella sua redazione, i rischi ambientali sono giudicati più minacciosi dei rischi economici, con un marcato aumento delle condizioni meteorologiche estreme e dei cambiamenti climatici, laddove i timori per i rischi economici cronici, quali quelli legati alla crisi, alla disoccupazione e al sistema fiscale, sono segnalati relativamente stabili.
Così, il rischio di un conflitto internazionale viene giudicato la minaccia più probabile che possa mettere in pericolo la stabilità mondiale, come mostra la mappa costruita dal WEF, seguita dagli eventi meteorologici estremi.
“Venticinque anni dopo la caduta del muro di Berlino, il mondo affronta di nuovo il rischio di un grave conflitto tra Stati – afferma in un video di presentazione Margareta Drzeniek-Hanouz, Economista di punta del WEF – Con l’aggravante che oggi i mezzi per intraprendere tale conflitto, siano essi strumenti di attacco cibernetico, che di competizione per le risorse ovvero sanzioni e strumenti economici, sono di gran lunga maggiori. Affrontare tutti questi possibili fattori scatenanti e cercare di riportare il mondo ad un percorso di collaborazione, piuttosto che di concorrenza, dovrebbe essere una priorità per i leader per il 2015”.
Ma in termini di impatto è un altro rischio di tipo ambientale che prevale su tutti gli altri: la crisi delle risorse idriche.
Sempre per quanto attiene l’impatto dei rischi ambientali sull’economia, un fallimento internazionale per le misure di adattamento ai cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità con il collasso degli ecosistemi sono pur tra i 10 più gravi impatti che possano capitare.
Il WEF aggiunge la sua voce a quella di numerose grandi imprese, stigmatizzando il comportamento dei leader mondiali che non agiscono come dovrebbero di fronte alla forte evidenza degli effetti dei cambiamenti in atto, tra cui l’innalzamento del livello dei mari, il restringimento dei ghiacciai, l’aumento della temperatura degli oceani e, appunto, la frequenza degli eventi meteorologici estremi.
“Anche se tutti questi rischi sono ben noti, i Governi e le Imprese rimangono tristemente impreparati – afferma il Rapporto – Alla base del problema c’è un approccio della gestione del rischio basato su misure di risposta che ritengono che le cose ritornino alla normalità dopo una crisi. Un simile approccio ha il fiato corto perché non tiene conto della complessità e lentezza evolutivi dei rischi ambientali connessi ai cambiamenti climatici. Le parti interessate hanno tardato a affrontare le cause all’origine dei rischi ambientali o le loro conseguenze economiche, sociali, politiche e umanitarie”.
Oltre a valutare la probabilità e il potenziale di impatto dei 28 rischi globali individuati, il Global Risks 2015 esamina anche le loro interconnessioni e la capacità di queste di modificare la mappa di cui sopra nel breve e medio periodo, offrendo l’analisi di 3 specifici casi: l’interazione tra geopolitica ed economia; i rischi connessi con la rapida e non pianificata urbanizzazione nei Paesi in via di sviluppo; le implicazioni sociali, economiche ed etiche del rapido diffondersi delle tecnologie emergenti.