La prossima glaciazione è in ritardo: colpa dell’effetto serra. Lo rivela uno studio internazionale pubblicato sulla rivista “Geology” e guidato da Biagio Giaccio dell’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IGAG-CNR).
La prossima glaciazione prevista sulla Terra? Doveva già essere sopraggiunta, ma per colpa dell’effetto serra costantemente in aumento negli ultimi decenni e della forte concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera si starebbe prolungando l’attuale periodo interglaciale, iniziato circa 11.700 anni fa. Gli effetti climatici della CO², peraltro già relativamente elevata prima dell’avvento della Rivoluzione Industriale, sono infatti tali da inibire l’inizio di una nuova era glaciale.
A rivelarlo uno studio internazionale appena pubblicato sulla rivista “Geology” e condotto da un team di ricercatori coordinati da un italiano, Biagio Giaccio dell’Istituto di Geologia ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IGAG-CNR), insieme a Eleonora Regattieri dell’IGAG-CNR di Roma e phd della scuola Galileo Galilei dell’Università di Pisa, e a Giovanni Zanchetta del Dipartimento di Scienze della Terra dell’ateneo pisano. Gli studiosi hanno analizzato i depositi accumulatisi sul fondo di un antico lago, un tempo esteso nell’attuale Piana di Sulmona in Abruzzo: ceneri vulcaniche che hanno consentito di costituire una cronologia dell’evoluzione climatica del periodo Olocene e di individuare un periodo analogo, indicato con il nome di “Stadio isotopico marino 19c (MIS 19c)”, iniziato circa 790mila anni fa, in cui la configurazione orbitale della Terra attorno al Sole era simile a quella di oggi e dunque anche la quantità di energia solare che riscaldava il nostro Pianeta era uguale.
“Assumendo una totale analogia tra le due fasi interglaciali, il MIS 19c e l’Olocene – spiega Biagio Giaccio – l’attuale periodo caldo dovrebbe essere relativamente prossimo alla sua fine e volgere verso una nuova glaciazione, se non fosse per la significativa differenza dei gas serra riscontrati nei due momenti”.
Infatti, mentre durante le fasi iniziali di entrambi gli interglaciali le concentrazioni di CO² appaiono del tutto simili, l’atmosfera dell’Olocene, già a partire dai primi millenni, si è progressivamente arricchita di anidride carbonica rispetto a quella del MIS 19c. “A parità di insolazione – aggiunge Giovanni Zanchetta – il diverso contenuto di CO² potrebbe essere stato sufficiente a far divergere drasticamente l’evoluzione dei due interglaciali conducendo da un lato il MIS 19c verso la sua fine, e quindi a una glaciazione, e producendo dall’altro un prolungamento delle attuali condizioni interglaciali”.
I ricercatori stimano, con una probabilità del 68%, che la durata di MIS 19c sia stata di 10.800 anni, con un errore di 1.800 anni in più o in meno. “Questo significa che l’Olocene poteva già essere terminato oltre mille anni fa – afferma Giaccio – La fase di generale raffreddamento del clima olocenico, che si ipotizza sia iniziata circa 4.500 anni fa, probabilmente rappresentava l’embrione della prossima glaciazione, poi definitivamente abortita per l’eccesso di CO²”.
“I risultati di questo studio eseguito in centri specializzati in Francia (CEA-CNRS-UVSQ) e in California (Berkeley Geochronology Center) forniscono un’ulteriore prova indiretta all’affascinante ipotesi formulata alcuni anni fa – conclude Giaccio – secondo la quale l’intervento massiccio dell’uomo avrebbe modificato il ciclo naturale dei gas serra nell’atmosfera aumentandone il contenuto ben prima della Rivoluzione Industriale, mediante cioè le modificazioni della vegetazione a fini agricoli sin dai tempi della preistoria. Il fenomeno ovviamente si è poi accelerato nell’era industriale e post-industriale. Indipendentemente da ciò, i risultati di questo studio mostrano in maniera inequivocabile l’elevata sensibilità del clima alla concentrazione atmosferica di gas serra, oggi fortemente influenzata dall’attività umana”.