L’annuale Rapporto sulla felicità del Sustainable Development Solutions Network delle Nazioni Unite, che analizza il livello di felicità percepito dagli individui di 146 Paesi, rileva che nonostante il 2021 sia stato l’anno in cui la pandemia ha determinato sofferenze e dolori che hanno inciso sulla percezione del benessere, ci sono stati segnali di un incremento del sostegno sociale e della solidarietà, fondamentali per offrire vite più felici, più sane e più sostenibili.
In un periodo così travagliato stretto tra la malattia di COVID-19 e la Guerra in Ucraina è importante ricordare che il desiderio universale alla felicità e la capacità degli individui di sostenersi nei momenti del bisogno sono la misura del progresso.
Lo riafferma la X edizione 2022 del “World Happiness Report”, l’annuale pubblicazione del Sustainable Development Solutions Network (SDSN), la rete lanciata dall’ex Segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon per mobilitare le competenze scientifiche e tecniche del mondo accademico, della società civile e del settore privato con l’obiettivo di proporre soluzioni praticabili per lo sviluppo sostenibile, includendo l’implementazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e delle misure per l’Accordo di Parigi sul clima, e supportato da alcune imprese e fondazioni, tra cui la italiana Fondazione Ernesto Illy.
“Un decennio fa, i governi di tutto il mondo hanno espresso il desiderio di porre la felicità al centro dell’agenda di sviluppo globale e hanno adottato una risoluzione all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a tale scopo – ha spiegato Jeffrey Sachs, Economista e Direttore del Centro per lo Sviluppo Sostenibile alla Columbia University e co-autore del Rapporto – Il World Happiness Report è nato da quella determinazione mondiale a trovare la strada a un maggiore benessere globale. Ora, in un momento di pandemia e guerra, abbiamo più che mai bisogno di un tale sforzo. E la lezione del World Happiness Report nel corso degli anni è che il sostegno sociale, la generosità reciproca e l’onestà nell’azione di governo sono fondamentali per il benessere e i leader mondiali dovrebbero prestarvi attenzione. La politica dovrebbe essere diretta, come hanno insistito molto tempo fa i grandi saggi, al benessere delle persone, non al potere dei governanti“.
Il Rapporto, giunto alla X edizione, analizza il livello di felicità e benessere degli individui, su scala nazionale e globale, utilizzando i dati della Gallup World Poll che registrano come le persone di 146 Paesi valutino la felicità della loro vita su una scala che va da 0 a 10. I parametri utilizzati per valutare la condizione di felicità sono 6 e riguardano: reddito pro-capite, sostegno sociale, aspettativa di vita alla nascita, libertà di compiere delle scelte di vita, generosità, corruzione.
Da quando è stato pubblicato, il World Happiness Report si è basato su due idee chiave:
– che la felicità o la valutazione della vita possono essere misurate attraverso sondaggi di opinione;
– che possiamo identificare i determinanti chiave di benessere e quindi spiegare i modelli di valutazione della vita nei vari Paesi.
Queste informazioni, a loro volta, possono aiutare i paesi a elaborare politiche volte a realizzare società più felici.
Dal 1° Rapporto a questo ultimo sono sempre stati i Paesi del nord Europa ad occupare il 1° posto della classifica, ad eccezione del 2015 (Svizzera): Danimarca (2012, 2013 e 2016); Norvegia (2017) e Finlandia (2018, 2019, 2020, 2021,) che con la sua continua tendenza al rialzo dei punteggi medi, consolida la sua posizione con un punteggio significativamente maggiore di altri paesi nella top ten. La Danimarca continua ad occupare il 2°posto, con l’Islanda che sale dal 4° posto dell’anno scorso al 3° quest’anno. La Svizzera è al 4° posto, seguita da Paesi Bassi e Lussemburgo. La top ten è completata da Svezia, Norvegia, Israele e Nuova Zelanda. I successivi 5 Paesi sono nell’ordine Austria, Australia, Irlanda, Germania e Canada, quest’ultimo paese in sostanziale calo (era 5° dieci anni fa). Seguono gli Stati Uniti (16° posto rispetto al 19° dello scorso anno), il Regno Unito (17°), la Cechia (18°), Belgio (19°) e Francia (20).
L’Italia che è stato il primo Paese ad adottare questo nuovo paradigma, avendo introdotto nella programmazione economica gli Indicatori BES (Benessere Equo e Sostenibile), si colloca al 31° posto, perdendo ben 6 posizioni rispetto alla precedente edizione, preceduta dall’Uruguay e seguita dal Kosovo.
“In fondo alla classifica troviamo società che soffrono di conflitti e povertà estrema, in particolare troviamo che le persone in Afghanistan valutano la qualità della propria vita solo come 2,4 su 10 – ha osservato Jan-Emmanuel De Neve, Direttore del Centro di Ricerca sul Benessere all’Università di Oxford e co-autore del Rapporto – Ciò presenta un chiaro richiamo al danno materiale e immateriale che la guerra arreca alle sue numerose vittime e all’importanza fondamentale della pace e della stabilità per il benessere umano“.