Con l’ultima analisi trimestrale del sistema energetico italiano dell’ENEA, vengono aggiornati i dati dell’intero 2024, che indicano un aumento dei consumi energetici dell’1%, con un incremento significativo nei trasporti e nel settore civile, mentre le emissioni sono diminuite del 3%, ma c’è da osservare che nell’ultimo semestre sono risalite dell’1,5%. Le rinnovabili hanno registrato una crescita del 12%, ma la quota di energia verde sui consumi finali è ancora sotto gli obiettivi previsti dal PNIEC.
Nel 2024 i consumi di energia sono aumentati dell’1% rispetto al 2023, trainati da trasporti (+3%) e settore civile (+2,5%). Le emissioni sono invece diminuite del 3% su base annua, ma sono tornate a salire dell’1,5% nell’ultimo semestre (+3,5% nei settori trasporti e civile), dopo due anni di valori in calo.
È quanto emerge dall’Analisi trimestrale del sistema energetico italiano – 2024” dell’ENEA che con l’analisi dell’ultimo trimestre ha aggiornato i dati per l’intero 2024.
Si registra prezzi dell’energia in altalena sui mercati all’ingrosso nel corso del 2024, con uno spread che si amplia rispetto al resto d’Europa, sia per l’elettricità (108 €/MWh la media annuale alla Borsa italiana, rispetto a 78 in Germania, 63 in Spagna, 58 in Francia) che per il gas (circa 3 €/MWh il differenziale tra il mercato italiano PSV e quello di riferimento europeo TTF).
“La nostra analisi ha rilevato una fase di estrema difficoltà nella transizione energetica nazionale, con un’Italia lontana dagli obiettivi di energia e clima al 2030 – ha commentato Francesco Gracceva che cura l’aggiornamento trimestrale dell’Analisi ENEA- I pezzi di elettricità e gas sono entrambi diminuiti del 15% nel 2024, tuttavia nella seconda parte dell’anno hanno avuto un trend di crescita e restano ancora molto al di sopra della media del decennio 2010-2020 (+60% il gas e più che raddoppiato il prezzo dell’elettricità)”.
In termini di fonti, il 2024 ha visto dimezzati i consumi di carbone, ridotti ormai a un ruolo marginale nella termoelettrica (quota dell’1%), mentre sono aumentati i consumi di tutte le altre fonti: petrolio, +1,2%, gas, +0,8%, rinnovabili, +12%, spinte soprattutto dalla ripresa dell’idroelettrico. Infine, le importazioni nette di elettricità sono rimaste pressoché invariate.
Dall’Analisi emerge anche un peggioramento dell’indice ENEA ISPRED (l’indice che misura la transizione energetica sulla base di prezzi, emissioni e sicurezza degli approvvigionamenti) con valori al minimo storico (-25%), a causa della frenata nel calo delle emissioni e dell’insufficiente crescita delle fonti rinnovabili: nonostante il forte aumento delle istallazioni di impianti fotovoltaici (+6,8 GW), infatti, la quota delle rinnovabili sui consumi finali (20%) resta 2,5 punti sotto l’obiettivo PNIEC al 2024.
“Sul mimino storico raggiunto dal nostro indice ISPRED ha giocato un ruolo importante il dato molto negativo delle emissioni nei settori non-ETS [ndr: industria non energivora, terziario, residenziale e trasporti], ha proseguito Gracceva – Per rispettare i target, dovrebbero ridursi del 5% l’anno fino al 2030, a fronte del -1% della media degli ultimi cinque anni”.
Segnali positivi arrivano invece sul fronte delle tecnologie per la decarbonizzazione. Infatti, dopo 5 anni si ferma l’aumento del deficit commerciale italiano per l’importazione di tecnologie low-carbon, sceso da 6,4 a circa 5,5 miliardi di euro. “A determinare questo stop è stata la combinazione di dinamiche legate alla domanda e ai prezzi”, ha concluso Gracceva.
Nel dettaglio, il continuo progresso tecnologico e l’eccesso di offerta sul mercato globale hanno fatto crollare il costo dei pannelli fotovoltaici importati (-37%), favorendo il dimezzamento del deficit nel settore, ora pari a poco più di 1 miliardo di euro, mentre il deficit commerciale per le auto a basse emissioni cresce da circa 1,3 a poco meno di 2,5 miliardi di euro, con un apporto determinante della forte crescita delle importazioni nette di veicoli elettrici BEV associata al crollo del 66% delle esportazioni nel contesto delle difficoltà produttive del settore auto), a cui fa da contraltare una riduzione superiore al 40% del deficit del comparto degli accumulatori, che si attesta su un valore di poco inferiore ai 2 miliardi di euro (a fronte degli oltre 3 miliardi dell’anno precedente) in seguito alla caduta delle importazioni degli accumulatori agli ioni di litio