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End of Waste: luci ed ombre della recente riforma (Legge 128/2019)

SNPA propone la lettura di un articolo apparso su Ecoscienza di ARPAE,  dove si commenta la recente Legge 128/2019 che ha riscritto le disposizioni relative all’annosa questione dell’End of Waste, riconoscendo di nuovo la possibilità per gli enti locali di rilasciare autorizzazioni “caso per caso”, ma burocratizza troppo la fase dei controlli ex post sugli impianti in esercizio.   

Il Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) nel suo ultimo notiziario Ambiente Informa del  9 gennaio 2020 è intervenuta sulla questione dell’End of Waste ovvero su una delle questioni che negli ultimi mesi è stata al centro di un intenso dibattito tra legislatore e imprese del settore dell’economia circolare, dopo che il Consiglio di Stato (Sez. IV, n. 1229 del 28.2.2018), aveva affermato in via di principio che spetta allo Stato e non alle Regioni il potere di individuare, ad integrazione di quanto già previsto dalle direttive comunitarie, le ulteriori tipologie di materiale da non considerare più come rifiuti, in quanto riciclabili, sulla base di un analisi caso per caso.

Ricordiamo che il cosiddetto “Testo Unico Ambientale” (D.Lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii) aveva definito i criteri specifici da adottare affinché un rifiuto cessi di essere tale (End of Waste) nell’ambito delle seguenti condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto sia comunemente utilizzato per scopi specifici;
b) esista un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l’oggetto soddisfi i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non comporti impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
Queste condizioni generali necessitano di ulteriori specificazioni che sono rimandate a criteri comunitari.

Dopo la Sentenza succitata, il legislatore era intervenuto con la Legge 14 giugno 2019, n. 55, di conversione del cosiddetto Decreto Sblocca Cantieri” che di fatto confermava l’assunto che affinché un tipo di rifiuto potesse perdere tale qualifica per acquisire quella di prodotto, i necessari criteri di declassificazione a esso riferiti dovevano essere definiti a livello esclusivamente comunitario o statale, senza peraltro prevedere alcunché per le autorizzazioni già rilasciate “caso per caso” dalle amministrazioni regionali e dagli altri enti dalle stesse delegate.

Tant’è che le imprese e le associazioni del settore denunciavano che l’intervento non risolveva la questione dell’End of Waste e, soprattutto, non teneva conto dell’evoluzione tecnologica che il settore dei rifiuti e dell’economia circolare aveva avuto.

Un nuovo intervento legislativo, quindi, inserito nella Legge 128/2019 di conversione del Decreto Legge 3 settembre 2019, n. 101,recante “Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali”, modificava una delle condizioni del D.Lgs. 152/2006, prevedendo che ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto “la sostanza o l’oggetto sia destinato a essere utilizzato per scopi specifici” e introduceva di fatto un regime transitorio per l’autorizzazione agli impianti per lo svolgimento delle operazioni di recupero dei rifiuti,  specificando che le autorizzazioni in essere alla data di entrata in vigore della stessa legge o per le quali è in corso un procedimento di rinnovo o che risultano scadute, ma per le quali è presentata un’istanza di rinnovo entro 120 giorni, sono fatte salve.

L’ISPRA, o l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente delegata dal predetto Istituto, controlla a campione, sentita l’autorità competente di cui al comma 3-bis, in contraddittorio con il soggetto interessato, la conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti, ivi compresi i rifiuti in ingresso, i processi di recupero e le sostanze o oggetti in uscita, agli atti autorizzatori rilasciati […]”. 

La posizione di SNPA al riguardo viene assunta indirettamente attraverso la riproposizione dell’articolo comparso su numero 5/2019 di Ecoscienza, la Rivista dell’Agenzia regionale per la prevenzione, l´ambiente e l’energia dell´Emilia-Romagna, a firma del Direttore ARPAE Giuseppe Bortone e del Responsabile Servizio Affari istituzionali e Avvocatura Giovanni Fantini,ed è particolarmente interessante perché focalizza l’attenzione sulla fase di controllo, cui ISPRA e Agenzie sono deputate.

Certamente la nuova norma costituisce un passo in avanti, offre una copertura normativa per l’attività di diverse aziende che rischiavano seriamente di chiudere e consente quindi, in ultima analisi, una maggiore promozione di un’economia basata sulla circolarità dei beni – vi si legge – Più critico invece il sistema dei controlli ambientali che la legge 128 delinea, nel quale si ravvisa un approccio eccessivamente burocratizzato. Sotto questo profilo pertanto la norma non pare rispondere in pieno a quella richiesta “di certezza delle regole” avanzata da più parti”.

Oggettivamente, e questo è un elemento la cui efficacia andrà verificata nel tempo, la legge sposta il baricentro della vigilanza in una fase ex post, successiva quindi all’effettiva attivazione degli impianti – proseguono gli autori – In questo senso, i nuovi commi 3 ter e 3 quater dell’art. 184 ter del Dlgs 152/2006 configurano un ruolo di Ispra, o delle Agenzie regionali delegate, diverso da quello attualmente svolto. Tali organismi tecnici, nel verificare la conformità della gestione dell’impianto alle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni, avranno di fatto anche il potere di richiedere adeguamenti alle autorizzazioni stesse, circostanza questa che configura un nuovo rapporto, che andrà gestito con l’adeguata sensibilità istituzionale, tra le medesime Agenzie ambientali e le Autorità competenti”.

Forse sarebbe stato più opportuno enfatizzare il ruolo del SNPA nella fase istruttoria al rilascio delle autorizzazioni, rendendo obbligatorio e vincolante il parere tecnico preventivo espresso dalle Arpa/Appa Anche il ruolo del Ministero dell’Ambiente, il quale, al fine di fornire elementi di omogeneizzazione sull’intero territorio nazionale, dovrebbe intervenire nei vari procedimenti amministrativi finalizzati alla verifica del rispetto delle prescrizioni, non pare definito compiutamente. Questa circostanza potrebbe divenire una problematicità significativa in quanto, in caso di situazione di non conformità riscontrate nelle aziende, i tempi di risposta delle amministrazioni locali devono essere comunque celeri, e sfociare, quando necessario, in efficaci atti di diffida, sospensione o revoca”.

Infine, il meccanismo di controlli ‘a campione’ non pare per ora delineato con chiarezza nei suoi aspetti operativi. Opportuna pertanto la scelta del SNPA di rendere da subito operativo un gruppo di lavoro a cui è stato conferito il compito di proporre meccanismi trasparenti, omogenei e semplificati. Il Sistema agenziale, anche in questa occasione, sicuramente dovrà portare il proprio contributo di eccellenza tecnica per restituire la necessaria definizione di quel quadro di regole certe di cui ha bisogno un settore in rapida evoluzione come quello dell’economia circolare, fondamentale tra l’altro per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite”.

Par di capire che ci sarà bisogno di un ulteriore intervento che semplifichi e sburocratizzi le fasi di controllo che, così come definite su diversi livelli, rischiano di generare ulteriore incertezza agli operatori del settore, dando luogo anche a contenziosi sulle rispettive competenze, eventualità che potrebbero determinare un rallentamento nell’implementazione dell’economia circolare.

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