Uno Studio condotto da un team internazionali di ricercatori che ha analizzato 54 Paesi ad alto reddito ha scoperto che il passaggio della popolazione a diete a base vegetale non solo ridurrebbe del 61% le emissioni annuali correlate alla produzione agricola, ma aumenterebbe al contempo la cattura entro la fine del secolo di 98,3 miliardi di tonnellate di CO2.
Circa 100 miliardi di tonnellate di CO2 potrebbero essere estratte dall’atmosfera entro la fine del secolo, se la popolazione dei Paesi ad alto reddito passasse a diete ricche di elementi a base vegetale, e il “doppio dividendo” che ne deriverebbe dal riportare i terreni agricoli al loro stato naturale sarebbe equivalente a circa 14 anni di emissioni agricole.
È la conclusione dello Studio “Dietary change in high-income nations alone can lead to substantial double climate dividend”, pubblicato il 10 gennaio 2022 su Nature Food e condotto da un gruppo internazionali di ricercatori coordinati dall’Università di Leida.
Gli scienziati hanno preso in esame quanta terra potrebbe essere salvata nei 54 Paesi ad alto reddito analizzati se si passasse alla “Planetary Health Diet” ovvero alla dieta proposta dalla Commissione EAT-Lancet, che “fa bene alla salute umana e a quella del Pianeta” e che ricordiamo prevede l’assunzione di 2.500 chilocalorie al giorno che, in una gamma flessibile, si traducono approssimativamente in: 230 grammi di cereali integrali; 500 di frutta e verdura; 250 di latticini; 14 di carni (bovine o suine o ovine); 29 di pollo;13 di uova; 28 di pesce; 75 di legumi; 50 di noci; 31 di zuccheri (aggiunti e non), con il condimento di oli vegetali, extravergine di oliva o colza.
“È forse una delle migliori opzioni di salute ambientale disponibili – ha osservato Zhongxiao Sun della China Agricultural University e principale autore dello Studio – Un rapido passaggio a tali diete potrebbe veramente aiutare la società a rimanere entro i confini planetarii“.
L’area necessaria agli animali per pascolare e coltivare mangimi è enorme. Occupa circa l’80% di tutti i terreni agricoli ovvero circa il 35% della superficie totale abitabile nel mondo. Se le nazioni ricche si allontanassero da prodotti di origine animale, occorrerebbe molta meno terra per coltivare il cibo, con vaste aree che potrebbero quindi tornare al loro stato naturale, con piante e alberi selvatici che traggono carbonio dall’atmosfera.
“Abbiamo esaminato le regioni a più alto reddito perché hanno molte opzioni a base vegetale per le proteine e altri bisogni nutrizionali – ha affermato Paul Behrens dell’Istituto di Scienze Ambientali dell’Università di Leida, autore senior della ricerca – Nelle regioni a basso reddito, le persone consumano meno proteine animali, ma spesso fanno affidamento su di esse per la propria salute.
I ricercatori hanno scoperto che il passaggio a dietea base vegetale può ridurre del 61% le emissioni annuali correlate alla produzione agricola. Inoltre, entro la fine di questo secolo, altri 98,3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica saranno rimosse dall’atmosfera trasformando i precedenti seminativi e pascoli nel loro stato naturale. Questo doppio dividendo di carbonio è di grande aiuto nell’impedire alla Terra un riscaldamento superiore a 1,5 °C.
“È una grande opportunità per la mitigazione climatica – ha aggiunto Behrens – Ma anche per la qualità dell’acqua, la biodiversità, l’inquinamento atmosferico, l’accesso alla natura, ecc. Ci sono centinaia di studi che dimostrano quanto sia importante per noi essere in rapporto con la natura per la nostra salute, e questi cambiamenti aprirebbero alla rinaturalizzazione di vasti appezzamenti di terreno in prossimità delle residenze delle persone”.
“Sarà fondamentale reindirizzare i sussidi agricoli agli agricoltori per la protezione della biodiversità e il sequestro del carbonio – ha concluso Behrens – Dobbiamo prenderci cura delle comunità agricole per consentire che avvenga un’equa transizione, Non dobbiamo essere puristi su questo, anche solo ridurre l’assunzione di proteine animali sarebbe utile. Se la metà della popolazione delle regioni più ricche tagliasse della metà i prodotti animali nella propria dieta, si starebbe comunque parlando di un’enorme opportunità in termini di risultati ambientali e salute pubblica”.