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Deforestazione: nemmeno Covid-19 arresta la perdita delle foreste tropicali

Secondo la piattaforma Global Forest Watch del WRI, la deforestazione è aumentata del 12% nel 2020, uno degli anni peggiori da quando è iniziato il monitoraggio dei dati che li rende confrontabili, ed ha colpito in modo pesante le foreste tropicali umide del Brasile e della Repubblica Democratica del Congo.

Nel corso del 2020 le foreste tropicali hanno perso 12,2 milioni ettari di copertura arborea, il 12% in più rispetto al 2019, con una perdita di stoccaggio delle emissioni di 2,64 Gt di CO2, equivalenti alle emissioni annuali di 570 milioni di auto, più del doppio del numero di auto in circolazione negli Stati Uniti.

È quanto emerge dai dati che sono stati diffusi il 31 marzo 2021 dall’Università del Maryland,  che fa parte della piattaforma Global Forest Watch del World Resource Institute (WRI),in partnership con circa 40 organizzazioni, che, utilizzando i dati satellitari di Google Earth, di altre fonti ufficiali e anche informazioni inserite dagli utenti (crowdsourcing), permette di avere in tempo quasi reale la situazione delle foreste in ogni angolo del globo.

Il 2020 doveva essere un anno fondamentale nella lotta contro deforestazione, con molte imprese, Paesi e Organismi internazionali che si erano impegnate a dimezzare o arrestare completamente la perdita di foreste. Tuttavia, le perdite di foreste tropicali primarie verificatesi nell’anno considerato mostrano chiaramente che l’umanità non è riuscita a raggiungere l’obiettivo prefissato.

Si pensava che la pandemia di Covid-19 potesse attenuare i tassi di deforestazione a seguito dei blocchi imposti e del rallentamento dell’economia globale ma non è stato così. Anzi, c’è il rischio che la risposta politica alla pandemia possa tradursi in un maggiore impatto sulle foreste.

La pandemia di Covid-19 ha sconvolto vite e mezzi di sussistenza in tutto il mondo e l’economia globale si è contratta di circa il 3,5% nel 2020 – ha affermato Frances Seymour, Ricercatrice senior del WRI, una delle maggiori autorità mondiali sullo sviluppo sostenibile – È probabile che gli impatti più significativi della pandemia sulle foreste debbano ancora arrivare. A meno che non intravedano altre soluzioni, i Governi alle prese con risorse fiscali limitate e alti livelli di debito saranno tentati di tagliare i bilanci delle agenzie ambientali e di concedere licenze a nuovi progetti di investimento che potrebbero incidere sulla perdita di foreste negli anni futuri“.

La perdita di copertura arborea è aumentata sia nei tropici che nelle regioni temperate, ma il tasso di perdita è stato maggiore nelle foreste tropicali primarie, a causa dell’aumento della deforestazione e dell’incidenza degli incendi in Amazzonia, la più grande foresta pluviale della Terra.

Brasile
Come negli anni passati, il Brasile è ancora una volta in cima alla lista con una perdita totale di foreste primarie con 1,7 milioni di ettari nel 2020, il 25% in più rispetto al 2019, più di tre volte del Paese secondo di questa triste classifica.  La maggior parte della perdita di foresta primaria umida nel Paese si è verificata nell’Amazzonia brasiliana, che ha visto un aumento del 15% rispetto allo scorso anno, per un totale di 1,5 milioni di ettari. Le zone deboscate sono particolarmente diffuse lungo i margini meridionali e orientali dell’Amazzonia (noti come “arco di deforestazione”) e lungo le arterie che attraversano la foresta pluviale amazzonica molte delle quali sono previste in espansione e in copertura di asfalto nei prossimi anni.

Sono aumentati gli incendi rispetto al 2019, la qual cosa è preoccupante, poiché gli incendi di grandi dimensioni raramente si verificano naturalmente nelle foreste tropicali umide. Se l’anno scorso la maggior parte degli incendi si è verificata su aree già deforestate, per la preparazione dei terreni per le colture da parte degli agricoltori e per i pascoli ad opera di allevatori, nel 2020, tuttavia, una quota significativa degli incendi è avvenuta all’interno delle aree forestali, dove gli incendi si sono allargati oltre le intenzioni a causa delle condizioni di siccità.
Le emissioni di gas a effetto serra degli incendi boschivi in ​​Amazzonia a volte hanno superato anche quelli correlati alla deforestazione. Gli temono che gli incendi e le emissioni associatepossano aumentare in futuro poiché i cambiamenti climatici e l’ulteriore deforestazione deumidificano le foreste e le rendono più vulnerabili al fuoco. Il conseguente ciclo di feedback positivo potrebbe potenzialmente trasformare l’Amazzonia in una savana. L’alto livello di deforestazione e di incendi  si è perpetrato nonostante il divieto di appiccare fuochi durante il periodo della stagione secca e il dispiegamento dell’esercito per frenare la deforestazione illegale. La situazione potrebbe peggiorare dopo il 30 aprile 2021 con il ritorno della responsabilità alle Agenzie di contrasto federali che dovranno però affrontare i ridotti budget del 2021.
Comunque, l’Amazzonia non è stato l’unico bioma in Brasile a sperimentare un aumento della perdita di foresta primaria pluviale nel 2020. Sebbene costituisca solo una piccola porzione della perdita complessiva del Paese, il Pantanal, la più grande zona umida tropicale del mondo, ha registrato una perdita di foreste primarie 16 volte superiore nel 2020 rispetto all’anno precedente
Il picco è stato causato da incendi, come in Amazzonia, provocati dalle persone per uso del suolo, ma che sono andati fuori controllo a causa di livelli di siccità che non si vedevano dagli anni ’70. Secondo gli scienziati, sia la deforestazione in altre aree del Sud America che i cambiamenti climatici che causano eventi estremi più diffusamente potrebbero determinare il rischio del prosciugamento del Pantanal. Gli incendi hanno lasciato le comunità tribali, come i Guatò, senza cibo né acqua pulita, ed hanno avuto anche un impatto devastante sulla biodiversità, con migliaia di animali uccisi o feriti a causa degli incendi, inclusi giaguari e altre specie vulnerabili. Sebbene l’impatto a lungo termine non sia del tutto chiaro, la natura senza precedenti degli incendi significa che alcune aree del Pantanal probabilmente non si riprenderanno decenni.

Altri Paesi del Sud-America
Tra i Paesi che hanno avuto perdite considerevoli di copertura forestale, il WRI segnala la Bolivia che, nonostante un lieve calo rispetto all’anno precedente, è salita al terzo posto nell’elenco dei Paesi con le maggiori perdite di foresta primaria tropicale, superando per la prima volta l’Indonesia. Come nel 2019, gli incendi boschivi hanno svolto un ruolo importante. In particolare, gli incendi hanno colpito diverse aree protette, tra cui il Noel Kempff Mercado National Park. Come in Brasile, la maggior parte degli incendi in Bolivia sono stati probabilmente appiccati dalle persone per recuperare terreni da coltivare a soia per gli allevamenti, che sono poi sfuggiti al controllo a causa della siccità. Anche l’agricoltura su larga scala ha inciso sulla deforestazione, comprese numerose nuove aree del dipartimento di Santa Cruz.

Nel frattempo, in Colombia, il tasso di perdita di foreste primarie è aumentato nel 2020 dopo un calo dell’anno precedente, riportando ai livelli del 2017 e nel 2018. Il Governo ha intensificato la sua ambizione sulla deforestazione, stabilendo un obiettivo di zero deforestazione entro il 2030 come parte del suo impegno a ridurre le emissioni di gas serra del 51% nello stesso periodo. Tuttavia, la deforestazione continua a spostarsi più in profondità nella foresta pluviale amazzonica colombiana, così come in diverse aree protette, come i Parchi nazionali di Chiribiquete, Tinigua e Sierra de la Macarena. L’anno scorso il personale delle aree del Paese è stato costretto ad abbandonare 10 Parchi dove si sono installati Gruppi armati che minacciavano la loro sicurezza.

Anche il Perù al 5° posto nella classifica dei Paesi con le maggiori perdite di foreste tropicali, ha registrato tassi elevati e crescenti nel corso del 2020. Gran parte della perdita sembra essere rappresentata da radure più piccole, probabilmente per l’agricoltura e l’allevamento di bestiame. I dati mostrano anche una serie di nuove strade per il disboscamento in tutta la foresta pluviale amazzonica peruviana nel 2020. Il Paese ha storicamente affrontato alti tassi di estrazione illegale di legname. Anche l’estrazione dell’oro è stata in precedenza uno dei principali motori della deforestazione nella parte meridionale del Paese, ma sembra essere stata rallentata grazie agli interventi del Governo. 

Il bacino del Congo
I tassi di perdita di foreste primarie in Gabon, Repubblica del Congo, Repubblica Centrafricana e Guinea Equatoriale hanno tutti oscillato negli ultimi anni, ma la perdita è aumentata notevolmente in Camerun, quasi raddoppiata nel 2020 rispetto al 2019. Questo aumento è stato determinato principalmente da piccole aree deforestate per l’agricoltura nella parte meridionale del Paese. 

Sebbene sia difficile individuare che cosa sta guidando questa espansione agricola, si pensa che possa essere correlata alla migrazione dalle aree urbane alle zone rurali a seguito della  perdita di posti di lavoro correlata alla pandemia e all’aumento dei prezzi di alcune materie prime, in particolare di cacao e palma da olio.

La Repubblica Democratica del Congo (RDC) ha perso 490.000 ettari di foresta primaria nel 2020, la seconda quantità persa dopo quella del Brasile. Come negli anni passati, la maggior parte della perdita di foreste continua a essere causata dall’espansione dell’agricoltura mobile su piccola scala e dalla domanda di energia del legno, compresa la produzione di carbone. 
Il governo della RDC e tutte le parti interessate locali, nazionali e internazionali devono fare di più per comprendere i fattori alla base di questa perdita e sviluppare la capacità di soluzioni. La futura perdita di foreste primarie può essere prevenuta migliorando le pratiche agricole in modo che gli agricoltori possano garantire rese più elevate nelle aree già coltivate piuttosto che convertire le foreste primarie in terreni agricoli. Il ripristino delle aree degradate, le pratiche di disboscamento sostenibili, la regolamentazione dell’energia del legno e l’accesso all’energia pulita diminuirebbero ulteriormente la pressione sulle foreste rimanenti.

Il ruolo dei cambiamenti climatici
Oltre alla perdita per lo più causata dall’uomo nei suddetti Paesi, le foreste hanno anche dovuto affrontare nel 2020 una moltitudine di contraccolpi correlati al clima, sia nelle foreste tropicali primarie umide che in altre coperture arboree. Gli incendi, alimentati dalla siccità regionale, hanno portato a picchi di perdite in luoghi diversi come il Pantanal brasiliano, la Bolivia, l’Australia e la Russia.

Nel contempo i danni causati da tempeste e parassiti hanno aumentato la perdita di copertura arborea rispettivamente in America centrale e nell’Europa centrale. Queste dinamiche sottolineano la duplice relazione tra foreste e cambiamenti climatici: non solo le foreste influenzano il clima, assorbendo carbonio durante la crescita ed emettendolo quando vengono eliminate, ma possono anche subire impatti diretti a causa del cambiamento di temperatura e dei modelli di precipitazione.

In Australia, gli incendi tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 hanno provocato una perdita di superficie arborea al 2020 nove volte superiore rispetto al 2018. Dietro questo picco c’erano condizioni meteorologiche estreme che i cambiamenti climatici renderanno tali condizioni a rischio di incendi più comuni in futuro. 

Anche la Russia ha registrato alti tassi di perdita di copertura arborea nel 2020, in gran parte a causa degli incendi in Siberia. La Siberia ha sperimentato temperature eccezionalmente elevate nella primavera e nell’estate del 2020, probabilmente a causa dei cambiamenti climatici che hanno disidratato le foreste e provato devastanti incendi. Gli incendi hanno interessato anche le torbiere ricche di carboni che di solito sono congelate, con conseguenti emissioni record di CO2 che esacerberanno ulteriormente i cambiamenti climatici.

Al contrario, il Canada ha avuto un anno insolitamente tranquillo per quanto riguarda gli incendi con una diminuzione del 45% di perdita di copertura arborea rispetto al 2019. Gli esperti indicano che la spiegazione sta in una serie di fattori, tra cui un clima più fresco e umido, i divieti di accendere fuochi e il blocco della circolazione dei veicoli stradali durante i lockdown per la pandemia  di Covid-19.

Altri fattori naturali sono entrati in gioco nel corso del 2020. In Nicaragua, le foreste hanno mostrato i danni degli uragani Eta e Iota, intervenuti entrambi nel novembre 2020, che facevano parte della stagione degli uragani più attiva mai registrata nell’Oceano Atlantico, con una stagione che si è prolungata più del consueto probabilmente per effetto dei cambiamenti climatici.

I tassi di deforestazione stanno diminuendo in alcune parti del Sud-est asiatico
Mentre i numeri della deforestazione globale sono allarmanti, i progressi compiuti da alcuni Paesi nel sud-est asiatico offrono un motivo di speranza che è possibile ridurre la deforestazione se vengono intraprese azioni adeguate.

Il tasso di perdita delle foreste primarie in Indonesia è diminuito per il quarto anno consecutivo nel 2020 (-17% rispetto al 2019) , uno dei pochi Paesi a farlo, uscendo dal podio della classifica dei Paesi con la maggiore perdita di foresta primariaDopo i devastanti incendi di foreste e torbiere del 2015, il Ministero dell’Ambiente e delle Foreste indonesiano ha intensificato gli sforzi di prevenzione e monitoraggio degli incendi, introducendo una moratoria temporanea sulle nuova piantagioni di palma da olio e una permanente sulla conversione delle foreste primarie e delle torbiere.
Le riforme agrarie hanno allentato le pressioni sulle foreste alleviando la povertà e incoraggiando l’uso sostenibile del suolo. Il mandato della Peat Restoration Agency, responsabile della protezione e del ripristino delle torbiere ricche di carbonio, è stato nel 2020 e ora include le foreste di mangrovie, un ecosistema importante per la biodiversità e la riduzione dell’impatto delle condizioni meteorologiche estreme. Molti governi subnazionali hanno anche recentemente assunto impegni di uso sostenibile del suolo sostenuti da normative che potrebbero frenare la deforestazione in futuro. 

La perdita di foresta primaria è diminuita per il quarto anno consecutivo  (-39%) anche in Malaysia. Sebbene questa tendenza recente sia una buona notizia, si deve osservare che il Paese ha perso quasi un quinto della sua foresta primaria dal 2001 e fino ad un terzo dagli anni ’70. La tendenza al ribasso più recente e le azioni del Governo sono promettenti per la conservazione delle foreste rimanenti. La Malaysia ha stabilito un limite quinquennale per le piantagioni nel 2019 e prevede un inasprimento delle leggi sulle foreste, aumentando le multe e le pene detentive per il disboscamento illegale. 

Se in Papua Nuova Guinea si è constatata una diminuzione del 22% della perdita di foreste, non altrettanto si più dire dei Paesi del Mekong dove la situazione è rimasta pressoché stabile.

Le iniziative per ricostruire le economie all’indomani della pandemia di Covid-19 offrono l’opportunità di reinventare politiche ed economie in modo da proteggere le foreste prima che sia troppo tardi.

La Global Partnership on Forest and Landscape Restoration (GPFLR) ha indicato in circa 2 miliardi di ettari i terreni forestali disboscati e degradati del mondo che posso essere opportunamente ripristinati: un’area più grande del Sud America.

Il Decennio per il Ripristino dell’Ecosistema (2021-2030), deciso dall’Assemblea delle Nazioni Unite con l’obiettivo di potenziare in modo rilevante il ripristino degli ecosistemi degradati o distrutti come misura per combattere le crisi climatiche e migliorare la sicurezza alimentarel’approvvigionamento idrico e la biodiversità, deve costituire un’ottima occasione per intraprendere le iniziative di ripristino degli ecosistemi forestali.

In Copertina: Fumo che sale da una piantagione di palma da olio e da una foresta a Riau – Indonesia (Foto di Rhett A. Butler)

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