La prima edizione di “Zero Carbon Technology Pathways” dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano analizza le traiettorie, le tecnologie e i modelli di business abilitanti la decarbonizzazione, focalizzandosi su settori industriali con emissioni difficili da abbattere, traiettorie tecnologiche, fattori abilitanti e barriere.
In Italia per decarbonizzare al 2050 i settori “hard to abate” (siderurgia, chimica, ceramica, carta, vetro e cemento), saranno necessari investimenti tra i 30 e gli 80 miliardi di euro, suddivisi tra acquisto delle tecnologie abilitanti e relativi costi operativi. In assenza di provvedimenti normativi ad hoc, però, si arriverà a una riduzione delle emissioni di appena il 54% rispetto al 2020, molto lontano dall’obiettivo net-zero.
La stima è dell’Osservatorio Zero Carbon Technology Pathways dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano che il 17 gennaio 2024 ha presentato il primo Rapporto “Zero Carbon Technology Pathways” che si pone l’obiettivo di analizzare le traiettorie, le tecnologie ed i modelli di business abilitanti la decarbonizzazione, focalizzandosi in particolare su:
– settori industriali hard-to-abate e le traiettorie tecnologiche abilitanti la decarbonizzazione adottabili in tali contesti;
– fattori abilitanti e le barriere che potranno influenzare la realizzazione di iniziative di decarbonizzazione da parte dei settori industriali;
– scenari attraverso cui i settori industriali potranno raggiungere gli obiettivi di “piena decarbonizzazione” al 2050, in base a diverse possibili dinamiche delle variabili tecnologiche, normative e di mercato.
“Le emissioni di gas serra in Europa sono in lenta ma continua diminuzione, grazie all’aumento della quota di fonti rinnovabili impiegate per la generazione di energia e alla costante decrescita dei consumi energetici – ha affermato Simone Franzò, responsabile della ricerca – Anche l’Italia ha intrapreso un percorso di decarbonizzazione dai primi anni 2000 raggiungendo un progressivo disaccoppiamento tra PIL ed emissioni di gas climalteranti, ma non è sufficiente. Occorre sviluppare e mettere sul mercato differenti tecnologie a ridotto o nullo impatto ambientale che possano trovare applicazione nei contesti industriali più difficili da decarbonizzare”.
L’innovazione tecnologica svolge un ruolo determinante nell’alimentare la trasformazione energetica globale, ma occorre anche intervenire sui modelli di consumo. La presenza di numerose alternative tecnologiche, tra loro diverse e caratterizzate da un differente grado di maturità, rende necessario sviluppare simultaneamente varie soluzioni negli step della filiera. Idrogeno, biocombustibili ed elettricità come alternative ai fossili tradizionali, e sistemi di stoccaggio di CO2 per la rimozione delle emissioni atmosferiche, sono le 4 direttrici tecnologiche analizzate nel Report, che prende in esame 115 tecnologie: 46 dedicate alla produzione energetica decarbonizzata e 60 all’utilizzo di vettori energetici (39 in ambito industriale), più 9 sistemi CCS
A livello normativo, l’UE ha già incrementato gli sforzi per raggiungere gli obiettivi 2030 e 2050 istituendo il Carbon Bborder Adjustment Mechanism (CBAM), un nuovo strumento per dare un prezzo alle emissioni di carbonio incorporate nelle merci importate, così da assicurare che i costi per i prodotti interni e per i prodotti extra-UE siano equivalenti, ad integrazione del sistema di scambio delle emissioni (EU-ETS). Inoltre, è stata ampliata la rendicontazione di sostenibilità introdotta dalla CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) ad una platea più vasta di soggetti ed è stato introdotto un sistema univoco di standard per la rendicontazione di sostenibilità (ESRS).
In Italia, la decarbonizzazione poggia principalmente su 2 strumenti:
– il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), la cui revisione è stata approvata dalla Commissione UE nel giugno 2023 e che prevede investimenti e riforme su tre delle quattro direttrici tecnologiche analizzate nel report (idrogeno, biocombustibili, ed elettrificazione), mentre non include misure in materia di CCS;
– il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), sulla cui proposta di aggiornamento del giugno 2023 la Commissione UE ha formulato lo scorso dicembre una serie di raccomandazioni, prevede invece il ricorso al CCS per i settori con emissioni difficili da abbattere e punta su rinnovabili elettriche, idrogeno e biometano.
Tuttavia, secondo E&S Group, la complessità di filiera e la limitata fattibilità tecnologica ne riducono il potenziale impatto futuro. Dal confronto con gli operatori tramite un sondaggio è emersa l’esigenza di semplificazione del quadro normativo-regolatorio e strumenti incentivanti. Le più sensibili a questi temi risultano essere le grandi aziende, con le proprie specificità settoriali. Nel metallurgico e nella carta assume un particolare rilievo l’aspetto tecnologico, mentre nella raffinazione hanno più peso gli aspetti organizzativi, e nella chimica la filiera.
Le ESCo (Energy Service Companies) si stanno attrezzando per cogliere le opportunità connesse alla decarbonizzazione. Da un confronto effettuato con un campione di ESCo si rileva che le risorse umane resteranno l’asset più importante, ma difficilmente reperibile anche nel prossimo futuro, considerando che le competenze dovranno svilupparsi in particolare dal punto di vista tecnico e commerciale, ad esempio verso temi legati alla sostenibilità (ESG) e alla digitalizzazione (AI).
Oggi le grandi imprese del settore industriale sono i principali clienti delle ESCo (67% in media del campione intervistato fino ad arrivare a oltre l’80% per circa metà degli operatori sentiti). Nel futuro si prevede un necessario ampliamento del portfolio clienti verso le PMI che costituiscono l’ossatura del tessuto industriale italiano e che potrebbero intravedere nella decarbonizzazione un fattore per garantirsi un migliore accesso al credito.