Cambiamenti climatici Clima

COP24: quel che si è deciso alla Conferenza sul Clima

Nonostante l’apertura anticipata e la chiusura posticipata, il rulebook adottato a Katowice non risolve tutte le questioni sul tappeto, rinviandone alcune alla COP25 di Santiago (Cile). Ma i tempi per intraprendere un’azione decisa di contrasto al global warming si restringono.

Si è dovuto procrastinare di un giorno la chiusura della Conferenza ONU sul Clima (COP24) di Katowice, per poter giungere ad una conclusione che non emulasse quella di Copenhagen (2009), rimasta famosa per essere stata fallimentare, ma le conclusioni non hanno risolto le questioni che erano all’ordine del giorno, anche se le aspettative alla vigilia non propendevano all’ottimismo.

Vista la rigidità di alcuni Paesi e le polemiche insorte a seguito di alcuni eventi e dichiarazioni, era giunto in Polonia per la terza volta nel giro di dieci giorni, il Segretario generale delle Nazioni Unite.
Ho lasciato Katowice speranzoso, anche se non sicuro – ha dichiarato il 12 dicembre all’Assemblea dei rappresentanti e delegati di 197 Paesi, Antonio GuterresAvevo avvertito che i cambiamenti climatici stanno intervenendo più velocemente di noi e che  questa Conferenza dovesse chiudersi con un successo. Avevo anche avvisato chiaramente che ambizione e compromessi erano entrambi necessari. Tornando a Katowice, vedo che, nonostante alcuni progressi nei testi negoziali, resta ancora molto da fare. Capisco che ci vuole un’enorme quantità di energia e lavoro per organizzare una conferenza del genere. Capisco anche il peso della responsabilità che questa COP comporta.
Ma non abbiamo più molto tempo. Sprecare l’opportunità di Katowice comprometterebbe le nostre ultime possibilità di fermare la corsa del cambiamento climatico. Questo non sarebbe solo immorale, sarebbe un suicidio”.

Il clima era divenuto teso nei giorni precedenti, per le dimostrazioni dell’ONG nella sede dell’evento collaterale sul “carbone pulito” promosso dall’Amministrazione Trump che, peraltro, il giorno seguente la dimostrazione dei “Gilets Jaunes” a Parigi, aveva nuovamente twittato che la loro rivolta era la conseguenza dell’Accordo di Parigi.

Ma si era subito rivelata una Conferenza difficile per l’atteggiamento assunto dalle delegazioni di Stati Uniti, Russia, Arabia Saudita e Kuwait, che non hanno voluto accogliere come testo per le discussioni la Relazione speciale (ARs) dell’IPCC che, rispondendo alle richieste formulate dalla COP21 di Parigi, se fosse possibile rimanere entro i + 1,5 °C  alla fine del secolo, aveva sottolineato come con gli impegni sottoscritti (NDC) dai Paesi, secondo quanto previsto dall’Accordo di Parigi, non si raggiungerebbe  l’obiettivo, bensì il +3 °C, e che per rimanere entro quel limite prefissato sarebbe necessario ridurre le emissioni del 45% entro il 2030.

La questione non era marginale, dal momento che uno dei nodi da principali da sciogliere durante la COP24 era: in che misura la politica dovrebbe basarsi sulla scienza? Dalla risposta segnala la differenza su quanto urgentemente e intensamente i vari Paesi vogliono impegnarsi in futuro nell’azione per il clima. Poiché la risposta doveva essere univoca e all’unanimità, il testo finale si limita a “accoglie con favore il tempestivo completamento” del rapporto.

Un’altra questione, appunto, su cui la COP24  doveva decidere era il riesame degli impegni nazionali (NDC) che dovrebbero essere rivisti nel 2020, ma stante i vari rapporti scientifici presentati, sia prima che nel corso della Conferenza, che indicano di non essere nella giusta traiettoria, ci si sarebbe aspettata una ampia disponibilità ad innalzare l’asticella fin da ora, considerando che allungare i tempi comporterebbe azioni più drastiche e costose in seguito.

Tuttavia, solo il Gruppo HAC (High Ambition Coalition), costituito da UE e un gruppo di Paesi industrializzati (tra cui l’Italia) e alcuni piccoli Stati in via di sviluppo, ha annunciato  l’intenzione di aumentare le proprie ambizioni al 2020, “coerentemente con l’obiettivo di limitare il global warming nei termini dell’Accordo di Parigi, attraverso diversi meccanismi, tra cui:
– contributi potenziati a livello nazionale (NDC), come strumento principale per azioni di mitigazione;
— incremento delle azioni a breve termine
;
strategie a lungo termine di riduzione delle emissioni”.

L’UE è impegnata a collaborare con i suoi partner internazionali per assicurare un solido risultato a questa conferenza in modo che l’Accordo di Parigi possa trasformarsi in azioni per il clima in tutto il mondo – aveva dichiarato nell’occasione il Commissario UE per l’Azione per il Clima e l’Energia, Miguel Arias Cañete, in coerenza con la Strategia a lungo termine Un Pianeta pulito per tutti” che era stata adottata dall’UE la settimana precedente la Conferenza – Il nostro obiettivo è di aumentare l’ambizione climatica globale, continuare a portare avanti politiche e misure concrete e sostenere i nostri partner, in particolare i più vulnerabili”.

Anche sulla questione spinosa dei finanziamenti dei Paesi sviluppati per le azioni di mitigazione e adattamento dei Paesi in via di sviluppo, il documento finale parla di nuovi obiettivi dal 2025 in poi, oltre all’impegno di mobilitare 100 miliardi di dollari statunitensi all’anno a partire dal 2020, tuttavia mancano ancora indicazioni precise sui finanziamenti per questo primo step, essendo stati finora accreditati solo la metà di quelli pattuiti.

Un totale fallimento si è registrato sul Clean Development Mechanism (CDM), meccanismo flessibile prevista dal Protocollo di Kyoto, su cui si doveva decidere se continuare ad utilizzarlo o sostituirlo. Sul CDM che ha permesso ai Paesi industrializzati con limitazioni alle emissioni di gas serra di continuare ad emettere, acquisendo crediti nella realizzazione dei progetti di riduzione nei Paesi in via di sviluppo, erano piovute critiche sia per la difficoltà di contabilizzazione dei crediti di CO2 accumulati dai rispettivi Paesi, sia, e soprattutto, per aver contribuito all’aumento delle emissioni e di aver causate gravi danni alle comunità locali.

Il neo Presidente del Brasile Jair Bolsonaro è intervenuto personalmente alla COP24 per scongiurarne la soppressione visto che il suo Paese è il maggior beneficiario di questi progetti, tal che la decisione è stata di rimandare alla prossima COP25 che si terrà a Santiago (Cile).

L’unico vero successo della COP24 in fin dei conti, è stato che l’Accordo di Parigi non è naufragato e che sono state adottate le Linee guida che permetteranno ai Paesi di definire i sistemi nazionali necessari per la sua attuazionel’attuazione dell’Accordo.

Deve essere salutata positivamente anche l’intesa raggiunta su come valutare al 2023 l’efficacia dell’azione climatica e come monitorare e segnalare i progressi nello sviluppo e nel trasferimento della tecnologia.

D’ora in poi, le mie cinque priorità saranno: ambizione, ambizione, ambizione, ambizione e ambizione – ha affermato Patricia Espinosa, segretaria esecutiva dell’UNFCCC che riportava il messaggio di Guterres che per il protrarsi della Conferenza non aveva potuto partecipare alla riunione di chiusura – Ambizione nella mitigazione; Ambizione nell’adattamento; Ambizione nella finanza; Ambizione nella cooperazione tecnica e nella creazione di capacità; Ambizione nell’innovazione tecnologica”. ”

E per raggiungere questo obiettivo, il Segretario generale delle Nazioni Unite ha convocato un Vertice sul Clima a New York il 23 settembre 2019 presso la sede dell’ONU con la presenza di tutti i Capi di Stato e di Governo.

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