Biodiversità e conservazione Fauna

Animali in estinzione: il panda è salvo, estinto il rinoceronte bianco

panda gigante salvo

di Nicoletta Canapa

Da sempre identificato come l’animale a rischio di estinzione per antonomasia, il panda perde questa triste fama ed esce definitivamente dalla red list della IUNC (International Union for Conservation of Nature) ovvero del più ampio database di informazioni sullo stato di conservazione degli animali.

L’ultima lista degli animali in pericolo di vita, e quelli la cui esistenza, pur essendo ancora minacciata, non è a rischio estinzione e può ancora assicurare continuità alla propria specie, ha escluso il panda, il simbolo del WWF (World Wide Fund for Nature), la più nota associazione ambientalista a livello mondiale.

Nel 1965 la specie più grande (panda gigante o panda maggiore) era considerato “rarissimo”, in parte per la difficoltà di accoppiamento, ma soprattutto per le problematiche correlate alla continua riduzione del sua habitat, in particolare alla deforestazione delle foreste di bambù delle cui foglie e arbusti si nutre.

Il bambù rappresenta il 99% della sua dieta (in biologia si parla di monofagia, cioè la condizione di un organismo che si nutre solo di una sostanza o di una specie animale o vegetale), e ne mangia tra gli 11 e i 22 chilogrammi al giorno.

Se la sua salvaguardia può considerarsi raggiunta (se ne contano ad oggi 1.800 esemplari in libertà), non è solo per la mobilitazione delle associazioni ambientaliste e per la sorveglianza attenta delle guardie zoofile deputate, ma per la decisione delle autorità cinesi di preservare le foreste di bambù.

Tuttavia, la sua esistenza potrebbe subire altri impatti negativi, sempre di origine antropica. Secondo uno Studio condotto da scienziati dell’Accademia Cinese delle Scienze e della Michigan State University, l’intero habitat di foreste di bambù rischia di scomparire completamente tra i prossimi 50 – 100 anni a causa del global warming.

Ora nella Lista delle specie più a rischio (critically endangered) c’è in testa il gorilla, in particolare la sottospecie denominata gorilla di pianura, il cui numero sarebbe diminuito di oltre il 70% negli ultimi 20 anni, sia a causa, anche in questo caso, della riduzione del suo habitat, ma soprattutto per il bracconaggio.

E sempre al bracconaggio è imputabile la recente scomparsa dell’ultimo rinoceronte bianco settentrionale maschio. Questa specie è stata sottoposta ad un vero e proprio sterminio fra gli anni ’70 ed ’80 nell’Africa centrale, fra Uganda, Sudan, Ciad, Repubblica del Congo e Repubblica Centrafricana, per prelevarne il corno utilizzato nella farmacopea tradizionale cinese. Tant’è che nel 2009 gli unici quattro esemplari di rinoceronte bianco erano stati trasferiti nella riserva keniota di Ol Pejeta, nella speranza che si riproducessero. Considerato già estinto in natura, il rinoceronte sopravviveva solo nei centri zoofili. Nonostante le cure e le attenzioni, Sudan, l’ultimo esemplare maschio, nei giorni scorsi è morto ed ora rimangono soltanto due femmine. Si tratta della sorella di Sudan, Najin, e di sua figlia Fatu.

Per evitare la totale cancellazione di questa specie dalla faccia della Terra, si tenterà una fecondazione artificiale con il liquido seminale di Sudan conservato dall’équipe veterinaria che lo curava. Comunque, l’inseminazione dovrà essere effettuata su una femmina di rinoceronte nero, perché le femmine superstiti di rinoceronte bianco non sembrano essere in grado di rimanere gravide.

Ma al di là delle più avanzate tecniche di laboratorio, Isabella Pratesi, Direttrice per la Conservazione di WWF Italia, sottolinea che “La scomparsa di Sudan non può non essere un momento di attenta riflessione sulla grandissima crisi della biodiversità e la perdita di specie che il pianeta sta subendo. Nessuno potrà restituirci l’unicità di questi animali” continua la direttrice “che come tasselli di un enorme mosaico compongono l’incredibile varietà della vita sulla Terra. Rinoceronti, elefanti, tigri e tante altre specie meno conosciute sono vittime innocenti de crimini di natura”.

C’è da osservare, infine, che i conflitti armati hanno avuto un peso notevole nel declino dei grandi mammiferi africani. Una recente ricercapubblicata su Nature, ha evidenziato che anche nelle aree protette di Paesi dell’Africa coinvolti in guerre civili e lotte di potere, dopo il dominio coloniale europeo, il 70% di elefanti, ippopotami, giraffe e altri grandi mammiferi sono periti per mano di guerriglieri e cittadini affamati che hanno cacciato gli animali per sfamarsi o commerciare prodotti come l’avorio.

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