Ora manca solo il DPR che fissi i limiti di emissioni degli impianti (cementifici e centrali termoelettriche), soggetti ad AIA che utilizzeranno il Combustibile Solido Secondari derivato dai rifiuti non pericolosi.
Con la Modifica dell’Allegato X della Parte IV del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (il cosiddetto Testo Unico Ambientale), intervenuta con il Decreto 20 marzo del Ministero dell’Ambiente (G.U. n. 77 del 2 aprile 2013), è stato fatto un altro passo in avanti verso un quadro normativo che faciliti l’utilizzo del combustibile da rifiuti non pericolosi ovvero il Combustibile Solido Secondario (CSS).
Il Decreto in parola si è limitato ad inserire il CSS nell’elenco dei combustibili che si possono utilizzare negli impianti di cui al Titolo I, Parte V del TUA, precisando che “la provenienza, le caratteristiche e le condizioni di utilizzo del CSS-Combustibile sono definite con decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 14 febbraio 2013, n. 22, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 62 del 14 marzo 2013”.
Introdotto con l’Art.10 (Modifiche all’articolo 183 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) del D.Lgs. n. 205/2010 di recepimento nell’ordinamento nazionale della Direttiva 2008/98/CE sui rifiuti che lo definisce “combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’articolo 184-ter”, nonché dall’Art. 12 (Sottoprodotto e cessazione della qualifica di rifiuto) che fatto diventare “sottoprodotto” e ne ha sancito la “cessazione di qualifica di rifiuto”, il CSS ha sostituito di fatto il Combustibile da Rifiuto (CDR) e CDR-Q) di cui al D.lgs. n. 152/2006 e s.m.i.
Infatti, il CSS non è composto di rifiuti tal quali, ma combustibile ottenuto meccanicamente dalla separazione, lavorazione e ricomposizione di rifiuti solidi urbani e speciali non pericolosi, che si pone come alternativa, all’utilizzo di biomasse “vergini”.
Il summenzionato Decreto n. 22, entrato in vigore il 29 marzo 2013, nell’Allegato 3 indica che la produzione del CSS-Combustibile può avvenire secondo i processi e le tecniche elencate nell’Allegato B delle norme tecniche UNI EN 15359, ma il richiamo a tale norma tecnica di settore è da intendersi come meramente illustrativo ed indicativo e non produce alcun carattere prescrittivo ai fini del rilascio di un qualsiasi atto abilitativo per la costruzione e l’esercizio di un impianto per la sua produzione: “La scelta dei processi e delle singole tecniche di produzione nonchè la sequenza delle varie fasi, attività e processi è a completa e libera scelta di ciascun produttore di un CSS-Combustibile, operata anche in base a scelte tecniche che possono anche essere derivate da uno specifico know-how talvolta coperto da brevetti”.
Non tutti i rifiuti non pericolosi possono essere utilizzati per la produzione del CSS, ne sono esclusi quelli elencati all’Art. 6, comma 1 del Decreto n. 22.
La produzione giornaliera (sottolotto) dovrà essere campionata e analizzata in base alle norme UNI EN 15442 e 15443. Il CSS ottenuto, comunque, non potrà rimanere in deposito presso l’impianto di produzione per più di 6 mesi, decorso il quale tempo ritorna ad essere rifiuto.
Non si possono effettuare stoccaggi intermedi, ma il suo trasporto deve essere effettuato direttamente verso gli impianti di utilizzo (per lo più, cementifici e centrali termoelettriche), che devono rispettare le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 133/2005 di attuazione della Direttiva 2000/76/CE relativa all’Incenerimento dei rifiuti.
Poiché gli impianti che lo utilizzeranno sono assoggettati ad AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), manca ora solo un Decreto del Presidente della Repubblica che fissi i limiti di emissioni degli impianti che utilizzeranno il CSS, in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali.
Sullo schema di Regolamento approvato dal Governo lo scorso ottobre, c’è già stato il parere favorevole del Consiglio di Stato in dicembre e quello favorevole condizionato del Senato nel gennaio del corrente anno, ma, bloccato alla Camera in febbraio, dovrà essere riesaminato dal nuovo Parlamento e il suo iter non sarà una “passeggiata”, a giudicare dalle polemiche insorte dopo la pubblicazione del Decreto n. 22.