Con la prossima adozione della nuova Direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, dove sono previste, tra l’altro, nuove norme per il monitoraggio di microinquinanti, uno Studio condotto da CNR-IRSA in collaborazione con Utilitalia e presentato nel corso del Festival dell’Acqua (Firenze, 24-26 settembre 2024), che ha indagato i 10 microinquinanti emergenti nelle acque reflue di 55 impianti di trattamento di 23 gestori idrici, ha confermato che alcune sostanze, in particolare i composti farmaceutici, faticano ad essere abbattute dai trattamenti convenzionali e devono essere sottoposte a costosi trattamenti, i cui costi devono essere imputati ai produttori (EPR).
Nella giornata conclusiva dell’ottava edizione del Festival dell’Acqua (Firenze, 24-26 settembre 2024), l’evento biennale Ideato e promosso da Utilitalia, la Federazione che riunisce le Utilities dei servizi pubblici dell’Acqua, dell’Ambiente, dell’Energia Elettrica e del Gas, in collaborazione con Publiacqua e Confservizi Cispel Toscana, nel corso dell’evento “Prospettive e criticità per lo sviluppo del sistema fognario e depurativo alla luce della revisione della Direttiva UWWTD (Riuso, Inquinanti emergenti”, è stato presentato lo Studio “Progetto monitoraggio microinquinanti nelle acque reflue”, realizzato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche-Istituto di Ricerca sulle Acque (CNR-IRSA) in collaborazione con Utilitalia, che ha indagato 10 microinquinanti emergenti nelle acque reflue e negli effluenti di 55 impianti di trattamento delle acque reflue di 23 gestori idrici.
La nuova Direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, proposta dalla Commissione UE nel 2022 e sulla quale Parlamento europeo e Consiglio hanno raggiunto l’accordo lo scorso aprile, metterà alla prova le imprese idriche europee, ma anche le comunità per i prossimi anni. Sono previsti, infatti, obblighi di recuperare i nutrienti dalle acque reflue, nuove norme per i microinquinanti e nuovi requisiti di monitoraggio per le microplastiche. Gli obblighi di trattamento delle acque saranno estesi ai centri più piccoli con 1.000 abitanti (attualmente 2.000 abitanti), mentre negli agglomerati con oltre i 1.000 abitanti equivalenti le acque reflue urbane dovranno essere sottoposte, prima di essere scaricate nell’ambiente, a trattamento secondario, terziario e in alcuni casi anche quaternario, in base a fattori tecnici e dimensionali. Per contribuire a gestire le forti piogge, rese più frequenti dai cambiamenti climatici, è necessario definire piani integrati di gestione delle risorse idriche nelle grandi città. Infine, sulla base dell’esperienza della COVID-19, le acque reflue verranno sistematicamente per vari virus e per la resistenza antimicrobica (AMR). La Direttiva, inoltre, in ossequio alle indicazioni del Green deal europeo intende promuovere forme di circolarità (ad esempio il riuso), oltre che politiche di decarbonizzazione, con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica (Net zero) nei processi di depurazione entro il 2040. Una forte indicazione all’inclusione nel ciclo idrico anche delle acque meteoriche ed altri temi fanno di questa Direttiva una fra le più ambiziose e sfidanti Direttive elaborate in questi anni dall’UE.
La gestione dei fanghi di depurazione, peraltro, richiede una preliminare valutazione generale dell’incidenza della presenza di microinquinanti organici che possono incidere sulle filiere di recupero diretto e/o indiretto. Un’attenta analisi della presenza di microinquinanti organici nelle acque di approvvigionamento idropotabile e nelle acque reflue e dell’operatività degli impianti di depurazione è quindi di fondamentale interesse per Utilitalia al fine di prevenire il rilascio di questi composti nell’ambiente e stimare i costi di eventuali adeguamenti impiantistici.
A tal fine è stato avviato un progetto con il CNR-IRSA, membro del network NORMAN, Rete di laboratori di riferimento, centri di ricerca e organizzazioni collegate per il monitoraggio delle sostanze ambientali emergenti, e con competenze specifiche sui trattamenti di depurazione, con l’obiettivo principale di mettere in luce e riprodurre in una presentazione organica, la disponibilità di dati esistenti e fornire un’analisi di dettaglio sui dataset e sulla letteratura di settore specificatamente ai microinquinanti emergenti nelle acque destinate all’uso idropotabile, nelle acque reflue, negli effluenti degli impianti e dei fanghi di depurazione.
Gli “inquinanti emergenti” possono essere definiti come inquinanti che finora non erano stati inclusi nei programmi di monitoraggio di routine a livello europeo ma che la futura regolamentazione richiede la rilevazione per i potenziali effetti sulla salute umana e sull’ambiente.
“Il nostro studio, su un tema ambientale di attualità raccoglie dati riguardanti il destino, negli impianti di depurazione, di 10 microinquinanti emergenti, individuati sia dalla letteratura sia dallo studio svizzero che poi viene richiamato dalla revisione della Direttiva – ha sottolineato Camilla Braguglia, Ricercatore senior del CNR-IRSA, responsabile del Progetto – Grazie ad Utilitalia e alla partecipazione attiva delle aziende, contribuiamo ad aumentare le conoscenze sulla presenza, diffusione e rimozione di questi composti nelle acque di scarico (che per loro natura sono nettamente diverse dalle acque potabili che beviamo in sicurezza ogni giorno) con l’obiettivo congiunto di individuare strategie per la protezione dell’ambiente tramite la preziosa collaborazione tra il mondo della ricerca e della gestione”.
Dallo Studio emerge come alcune sostanze, in particolare i composti farmaceutici, faticano ad essere abbattute dai trattamenti convenzionali secondo le percentuali richieste dalla Direttiva, richiedendo pertanto la necessità dell’implementazione di sistemi di trattamento avanzati come ozonizzazione e/o carboni attivi. Per la copertura di questi costi, pertanto, dopo l’approvazione definitiva della Direttiva sarà necessario un corposo flusso di risorse. La Direttiva prevede, secondo il principio “Chi inquina paga” e la Responsabilità estesa del produttore (EPR), che l’80% dei costi legati all’abbattimento di queste sostanze vengano pagati dai produttori.
Secondo le stime di Utilitalia e di Fondazione Utilitatis, i costi legati all’implementazione dei sistemi avanzati di depurazione sono stimati tra un minimo di 1,6 e un massimo di 6,1 miliardi di euro.