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La 6a estinzione di massa predetta con una formula matematica

6a estinzione di massa predetta con formula matematica

Negli ultimi 540 milioni di anni il nostro Pianeta ha subito 5 estinzioni di massa, la più estesa delle quali si è verificata 251,4 milioni di anni fa durante il periodo Permiano (l’ultimo dell’era Paleozoica), provocando la scomparsa dell’81% delle specie marine e del 70% delle specie di vertebrati terrestri, e fu l’unica estinzione di massa nota di insetti. Si stima che andarono persi il 57% di tutte le famiglie e l’83% di tutti i generi, tanto che il processo di ripresa della biodiversità fu molto più lungo rispetto ad altri eventi di estinzione di massa. Questo evento è stato connotato come “The Great Dying” (la Grande Morìa in italiano).
Ora, uno Studio pubblicato sul numero di settembre di Science Advances, la rivista peer reviewed di libero accesso dell’American Association for the Advancement of Science, basandosi sull’andamento delle concentrazioni di carbonio nell’atmosfera e negli oceani negli ultimi 540 milioni di anni, rivela che il livello di tolleranza oltre il quale inizierebbe il collasso ambientale potrebbe essere raggiunto al 2100.

Non si sta dicendo che il disastro si verifichi il giorno dopo – ha affermato Daniel H. Rothman, l’autore dello Studio “Thresholds of catastrophe in the Earth system” – bensì che, senza interventi, il ciclo del carbonio si trasferirebbe in un ambiente instabile e si comporterebbe in uno modo che sarebbe difficile prevedere. Nel passato geologico questo andamento è stato correlate alle estinzioni di massa“.

Rothman insegna Geofisica al Dipartimento di Scienze della Terra, Atmosfera e Pianeti presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) dove ha coordinato il gruppo di geologi e matematici che hanno elaborato il modello per individuare le “soglie di catastrofe” come sono stati denominati dai ricercatori i valori-limite da non superare per evitare di finire in un ambiente “instabile”.
I ricercatori si sono chiesti se l’attuale ciclo del carbonio stia attraversando un’anomalia tale da portare a una sesta estinzione di massa. Per trovare una risposta non è sufficiente analizzare le emissioni di CO2 avvenute dal XIX secolo ad oggi perché anomalie del ciclo carbonio si sono verificate in un arco temporale lunghissimo, anche di milioni di anni. Perciò, sono stati analizzati i cambiamenti nel ciclo del carbonio avvenuti prima delle cinque estinzioni del passato, individuando per ognuna di esse delle quantità limite che, oltrepassate, non sarebbero state più tollerate dall’ambiente.

La storia della Terra è una storia di cambiamenti: alcuni sono graduali e benigni, altri sono relativamente repentini e distruttivi – ha specificato Rothman – Cosa distingue gli uni dagli altri? Ho presupposto che le alterazioni del ciclo del carbonio sulla Terra portino a estinzioni di massa sul lungo periodo, se i cambiamenti si avvicendano velocemente; sul breve, se essi sono di vasta portata“.

Rothman ha derivato una formula matematica che mette in relazione queste situazioni di criticità che esprimono la velocità del cambiamento e la sua portata al periodo in cui si verifica. Quindi, andando a ritroso nel tempo ha analizzato le 31 volte in cui sconvolgimenti così estesi si sono susseguiti nella storia del pianeta, riscontrando che quattro su cinque delle estinzioni di massa avvenute nel passato si sono registrate quando le emissioni di CO2 nell’atmosfera hanno superato una certa soglia.

Rothman è stato in grado di calcolare la quantità di carbonio che potrà essere tollerata da nostro ecosistema, prima di arrivare al tipping point ovvero il punto di non ritorno, che è stata determinata in circa 310 Gton (l’unità di misura che quantifica l’energia prodotta) e l’ha confrontata con la previsione effettuata dall’ultimo Rapporto di valutazione (A5R) del Gruppo di scienziati per i Cambiamenti climatici (IPCC) delle Nazioni Unite che hanno calcolato in 300 Gton la quantità totale di carbonio che sarà assorbita dagli oceani entro il 2100 nello scenario più ottimistico (500 nello scenario peggiore). In merito, segnaliamo che uno Studio appena pubblicato corregge le cifre della quantità cumulativa delle emissioni di CO2 contenute nell’A5R.
Entro il 2100 il ciclo del carbonio sarà vicino o ben al di là della soglia della catastrofe – ha osservato Rothman – Si dovrebbe trovare il modo di ridurre le emissioni. Questo studio evidenzia le ragioni per le quali dovremmo stare attenti e, al contempo, fornisce ulteriori motivi per studiare il passato in modo da informare il presente“.

Se Rothman è giunto alla conclusione che si rischia l’estinzione di massa attraverso l’analisi della capacità di assorbimento di CO2 dell’ecosistema, c’è chi ritiene che questo evento sia già in corso, sulla base dell’attuale tasso di perdita di biodiversità.
Lo Studio Biological annihilation via the ongoing sixth mass extinction signaled by vertebrate population losses and declines“, pubblicato lo scorso luglio sulla PNAS (la rivista dell’Accademia americana delle Scienze), ha dimostrato un dimezzamento dei singoli individui e delle popolazioni che formano le specie. I ricercatori dell’Università nazionale autonoma del Messico e della californiana Stanford University, hanno messo sotto la lente ben 27.600 specie di uccelli, anfibi, mammiferi e rettili (un campione rappresentativo della metà delle specie note di vertebrati terrestri) e hanno analizzato in dettaglio anche la perdita di popolazione su 177 specie di mammiferi tra il 1900 e il 2015. I dati raccolti dimostrano che oltre il 30% delle specie di vertebrati si sta riducendo per numero di individui ed espansione geografica. I mammiferi, in particolare, hanno perso almeno il 30% della loro estensione geografica, mentre più del 40% delle specie ha subito un grave declino di popolazione. “Questo è il preludio alla scomparsa di molte più specie e al declino di sistemi naturali che hanno reso possibile la nostra civiltà”. I ricercatori hanno messo sotto la lente ben 27.600 specie di uccelli, anfibi, mammiferi e rettili (un campione rappresentativo della metà delle specie note di vertebrati terrestri) e hanno analizzato in dettaglio anche la perdita di popolazione su 177 specie di mammiferi tra il 1900 e il 2015. I dati raccolti dimostrano che oltre il 30% delle specie di vertebrati si sta riducendo per numero di individui ed espansione geografica. I mammiferi, in particolare, hanno perso almeno il 30% della loro estensione geografica, mentre più del 40% delle specie ha subito un grave declino di popolazione.

La percentuale delle specie di vertebrati terrestri in declino classificate dall’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN) come “in pericolo” (incluse ” in grave pericolo”, “minacciate”, “vulnerabili” e “quasi minacciate”) o “a basse preoccupazioni” (tra cui “bassa preoccupazione” e “carenti di dati”). La tabella sottolinea come anche le specie che non sono ancora state classificate come “minacciate” (circa il 30% nel caso di tutti i vertebrati) stanno diminuendo. Questa situazione è più grave nel caso di uccelli, per i quali quasi il 55% delle specie in diminuzione sono tuttora classificate come “a basse preoccupazioni”. Fonte: PNAS

Purtroppo – ha osservato il Prof. Paul R. Erlich del Dipartimento di Biologia della Stanford University e co-autore dello Studio, considerato uno dei maggiori ecologi mondiali – i nostri discendenti dovranno fare a meno anche dei piaceri estetici e le fonti di immaginazione fornite dalle nostre uniche famiglie conosciute nell’universo. È ora di smettere a credere che la crescita possa perpetuarsi in un Pianeta che ha dei limiti“.

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