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ANBI: bacini idrici in sofferenza per siccità

L’Associazione Nazionale Bonifiche Irrigazioni Miglioramenti Fondiari (ANBI) ha evidenziato come, dopo un gennaio senza piogge e nevicate, la situazione dei bacini idrici di alcune regioni sia preoccupante, anche in relazione al fatto che le anomale alte temperature hanno fatto fiorire le colture arboree che necessitano, quindi, di apporti irrigui.

Secondo l’Osservatorio ANBI sullo Stato delle Risorse Idriche che raccoglie periodicamente i dati sulla situazione idrica, aumenta il numero delle regioni italiane in sofferenza dopo un gennaio particolarmente caldo e siccitoso.

In una nota-stampa, l’Associazione nazionale che rappresenta e tutela gli interessi dei Consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario operanti nel Paese, attesta che dopo Basilicata e Puglia, anche Umbria e Sicilia evidenziano una penuria di risorse idriche.

In particolare, in Umbria nel mese di gennaio sono caduti il 75% di pioggia in meno rispetto ad un anno fa caduta nel mese di gennaio 2020; mentre gli invasi della Sicilia contengono 72 milioni di metri cubi in meno rispetto all’anno scorso.

Questa congiuntura idrica è aggravata dalle inusuali temperature del periodo, che stanno ingenerando un anticipo nei processi colturali e, per questo, bisognosi di apporti irrigui extra – ha sottolineato Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – A complicare il quadro ci sono le molte settimane in assenza di piogge e nevicate”.

Si aggrava la situazione in Basilicata, dove mancano all’appello oltre 161 milioni di metri cubi: oggi sono circa 258 milioni (-17 milioni in una settimana!),mentre un anno fa erano circa 419 milioni. La situazione sta creando crescente apprensione tra gli agricoltori che, a causa della crisi climatica e delle richieste di mercato, da settimane hanno iniziato ad irrigare le coltivazioni di fragole e di peschi (già fioriti).

Resta stabile, ma a rischio, la situazione in Puglia, dove le riserve d’acqua, contenute negli invasi, sono praticamente dimezzate dall’anno scorso: oggi, quasi 141 milioni di metri cubi contro gli oltre 280 di 12 mesi fa.

Sono invece confortanti le condizioni idriche di Calabria, Abruzzo e, più a Nord, Sardegna; in significativa ripresa, nel Lazio, è il lago di Bracciano.

Permangono, invece, fortemente differenziate le condizioni delle risorse idriche di superficie in Emilia-Romagna: infatti, se i fiumi Savio e Secchia sono abbondantemente sotto la media storica, le dighe piacentine stanno segnando il massimo invaso del quinquennio più recente.

La situazione del fiume Po è in linea con le portate del periodo, pur mancando all’appello oltre 110 di metri cubi al secondo: nulla di allarmante, per ora, ma si spera in Giove Pluvio, per scongiurare problemi di gestione idrica con l’avvio della stagione irrigua. 

Situazione interlocutoria anche per i grandi laghi del Nord: se i livelli dei più grandi (Maggiore e Garda) sono abbondantemente sopra la media, non altrettanto può dirsi di Iseo e Como.

In Piemonte sono rientrate nella regolarità le situazioni dei fiumi: Dora Baltea, Tanaro e Stura di Lanzo sono tutti al di sopra delle portate dello scorso anno.

La fotografia della situazione idrica del Paese – ha commentato Francesco Vincenzi, Presidente dell’ANBI – conferma la necessità di nuovi investimenti per un Piano Nazionale di Infrastrutture Idriche del Paese, affinché si aumenti la capacità di trattenere le acque sul territorio, da utilizzare nei momenti di bisogno ed oggi indicata nell’11% della pioggia, che cade annualmente sull’Italia. Per quanto ci compete puntiamo ad inaugurare, entro l’anno, le prime opere previste dai finanziamenti già assegnati”.

Con i cambiamenti climatici in atto, la situazione è destinata a peggiorare e sarà necessario approntare misure di adattamento. Non casualmente, la crisi idrica è stata inserita nel Global Risks Report 2020 del World Economic Forum (WEF)  5° posto tra gli eventi di maggior impatto tra quelli che potrebbero accadere nei prossimi 10 anni dopo il fallimento delle politiche di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici, le armi di distruzione di massa, la perdita di biodiversità, gli eventi meteorologici estremi.

Fonte: Aqueduct (WRI)

Inoltre, secondo l’ultimo aggiornamento Aqueduct Water Atlas Risk del World Resources Institute (WRI), l’Italia è stata inserita nel Gruppo dei 44 Paesi (seppur in ultima posizione) che devono affrontare “livelli elevati” di stress idrico (un altro Gruppo di 17 Paesi è a rischio “estremamente elevato”), con un indice di rischio di 3,01 (2,8 per l’agricoltura; 3,11 per i consumi domestici; 3,09 per gli usi industriali) e con la Sicilia a condurre la classifica regionale e il Trentino-Alto Adige a chiuderla.

In copertina: L’invaso della diga di San Giuliano (Basilicata) che consente un accumulo di 107 milioni di m3 e sottende un bacino imbrifero di 1, milioni di 1.631 Km2. (Fonte: ANBI)

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