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Fondazione Montagne Italia: Alpi e Appennino anticipano il futuro dell’Italia

alpi e appennino anticipano futuro Italia

La fotografia del territorio montano italiano che emerge dal “Rapporto Montagne Italia 2016” restituisce l’immagine di uno spazio la cui funzione strategica troppo spesso sfugge alla politica nazionale.
Alpi e Appennini non sono luoghi marginali – osserva il Dossier – ma sono tornati al centro del sistema produttivo, sociale ed economico, anticipando cambiamenti sociali e culturali, rispondendo prima e in modo diverso dalle città alla crisi“.

Il Rapporto, presentato alla Camera dei Deputati la scorsa settimana, è nato come progetto culturale e di ricerca a partire dal 2015 quando la Fondazione Montagne Italia, nata per volontà di FEDERBIM (Federazione Nazionale dei Consorzi del Bacino Imbrifero Montano) e UNCEM (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani) per rappresentare e curare gli interessi delle comunità di montagna sia a livello istituzionale che sociale ed economico, ha colto la necessità dei territori rurali e montani italiani di essere rappresentati e “spiegati” al Paese e alle sue istituzioni, per poter tornare ad essere al centro delle politiche di rilancio dell’Italia.

Dal Rapporto emerge che in montagna assistiamo a due flussi di “ristrutturazione demografica” che verosimilmente si diffonderanno a breve sul territorio nazionale. 

In primo luogo un tendenziale invecchiamento della popolazione, fattore che può rappresentare anche una straordinaria risorsa se consideriamo la potenzialità di un segmento demografico che esce dal mercato del lavoro ma che ha di fronte a sé una prospettiva di vita ancora lunga.
In secondo luogo, la progressiva presenza di immigrati che si stanno sostituendo, anche nei cicli produttivi di rilevante importanza, alla manodopera locale che manca, ma che necessitano di gestione nei flussi e non di occasionalità.

A questi due aspetti si lega il tema della sostenibilità, che porta con sé la capacità di una comunità di fare delle scelte in rapporto alle proprie specificità. Viene introdotta a livello sistemico nazionale un’esperienza interessante come la oil free zone nata nelVanoi – Primiero (Trentino). La possibilità cioè di immaginare che le vallate montane siano anticipatrici di un percorso di progressiva emancipazione dal basso della logica che passa dal fossile alle energie rinnovabili.

Le montagne italiane, insomma, sono uno straordinario laboratorio a cielo aperto di cosa potrà essere l’Italia tra dieci anni, perché lo sviluppo o sarà Green o non sarà, e sarà Green solo passando per l’impiego corretto delle risorse naturali montane e la riscrittura con le comunità locali del patto per il loro utilizzo ed impiego.

Un percorso che, secondo Fondazione Montagne, “trova nella delega data al Governo per l’introduzione del pagamento di servizi ecosistemici ambientali il suo completamento. In base a questa norma, infatti, il Governo dovrà emanare un decreto che stabilisca il valore ecologico ambientale ecosistemico dell’utilizzo dei beni collettivi. Significa che acqua, aria, suolo, stoccaggio della CO2, valore ecosistemico del bosco diventano improvvisamente risorse quantificabili il valore del quale che deve essere reimpiegato per la tutela, la salvaguardia e la riproduzione del bene e che inevitabilmente porta con sé il tema della riorganizzazione della governance“.

Dai numeri del Rapporto si evidenzia che quello agricolo è l’altro settore nevralgico. Si è ottenuto un importante riconoscimento, quello della specificità dell’agricoltura di montagna nel quadro della nuova politica agricola montana, e lo stanziamento di risorse importanti per il periodo di programmazione 2014-2020, ma vi è la necessità di finalizzare su questi aspetti le risorse che ci sono e le capacità di far fruttare investimenti e di creare infrastrutture adeguate, dando spazio ai giovani ritornanti ed eliminando le sacche di burocrazia che ancora rendono troppo paludate le procedure di impiego dei Fondi europei per la montagna e le aree rurali.

Il Rapporto Montagne Italia 2016 si sviluppa in 3 aree di approfondimento, studio e confronto.
Il primo è quello del cambiamento, generato dalla lunga stagione di crisi economica e finanziaria aperta a partire dalla esplosione della bolla finanziaria e immobiliare americana del terzo trimestre 2007 e proseguita con la crisi dei debiti sovrani europei del 2011, sino ai deboli segnali di ripresa dei nostri giorni.

Il secondo è quello della sostenibilità. La novità aperta dall’approvazione del Collegato Ambientale èdi grande portata per la montagna, per i provvedimenti che innovano la disciplina e le politiche della tutela e della conservazione ambientale, della sostenibilità energetica, del green procurement, della gestione dei rifiuti e della mobilità sostenibile, delle bonifiche ambientali e del governo delle risorse primarie, ma soprattutto per l’esplicito riconoscimento di una strategia nazionale delle green community, un nuovo orizzonte per ripensare le politiche della montagna.

Terzo ed ultimo osservatorio è quello della organizzazione in comunità, affrontato portando in evidenza la fitta trama dei borghi, comunità naturali che rappresentano il “grado zero” della vita associata in montagna, assieme all’esigenza di essere comunità politica attraverso le Unioni (ormai coprono la maggioranza del territorio montano) e, in modo non più episodico, delle vere e proprie fusioni che danno vita a più solidi soggetti amministrativi.

Una ricostruzione dal basso di condizioni di governabilità che rappresenta la pre- condizione necessaria per dare sostanza alle aspirazioni dei territori montani a mettere in campo traiettorie di sviluppo locale durevoli e auto-portanti cui la Strategia Nazionale per le Aree Interne può finalmente offrire un quadro di riferimento stimolante e ricco di suggestioni, anche culturali.

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